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17 Maggio 2012: 19° Anniversario della morte di don Tonino Bello

"PER LA PACE FATTI IN QUATTRO PURE TU"

17 Maggio 2012:
Parrocchia di San Giuseppe Sposo
Preghiera sulla pace
“Per la pace fatti in quattro pure tu”

Introduzione  ( Dario)

 ¯¯canto      ALTO E GLORIOSO DIO

Alto e glorioso Dio illumina il cuore mio,
dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta.

Dammi umiltà profonda, dammi senno e cognoscimento,
che io possa sempre servire con gioia i tuoi comandamenti.

Rapisca ti prego Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore, 
la mente mia da tutte le cose, perché io muoia per amor tuo,
come tu moristi per amor dell’amor mio.

Alto e glorioso Dio illumina il cuore mio,
dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta.

Dammi umiltà profonda, dammi senno e conoscimento,
che io possa sempre servire con gioia i tuoi comandamenti.

Sac.:    Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

Tutti:   Amen

Sac.:    La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.

Tutti:   E con il tuo Spirito.

Sac.:    Preghiamo.
           Dio della pace, non ti può comprendere chi semina la discordia, non ti può accogliere chi ama la violenza: dona a chi edifica la
           pace di perseverare nel suo santo proposito, e a chi la ostacola di essere sanato dall’odio che lo tormenta, perché tutti si
           ritrovino in te, che sei la vera pace. Per Cristo nostro Signore.

Tutti:   Amen

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO                         di Don Tonino Bello

  Spirito Santo, che riempivi di luce i profeti
e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca,
torna a parlarci con accenti di speranza.

                        ¯¯canone Veni Sante Spirictus.
Veni Sante Spirictus.tui amoris ignem accende. Veni Sancte Spiritus.
Veni Sante Spiritus... (Vieni Santo Spirito, il tuo amore accende i cuori)
     

 Frantuma la corazza della nostra
assuefazione all’esilio.
Ridestaci nel cuore nostalgie  di patrie perdute.

                        ¯¯canone

   Dissipa le nostre paure. Scuotici dall’omertà.
Liberaci dalla tristezza di non saperci indignare
Per i soprusi consumati sui poveri. 

                        ¯¯canone

  E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere
che le prime officine della violenza e dell’ingiustizia
sono ospitate nei nostri cuori.

                        ¯¯canone

   Donaci la gioia di capire che tu non parli
solo dai microfoni delle nostre chiese.
Che nessuno può menar vanto di possederti.

                        ¯¯canone

  E che, se i semi del Verbo sono diffusi in tutte le aiuole,
è anche vero che i tuoi gemiti si esprimono
nelle lacrime dei maomettani e nelle verità dei buddisti,
negli amori degli indù e nel sorriso degli idolatri,
nelle parole buone dei pagani e nella rettitudine degli atei

 

                   ÿ       Primo momento:       La pace come cammino

  dal Vangelo secondo Giovanni Gv.20,19-23

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: <<Pace a voi!>>. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: <<Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi>>. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: <<Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi>>.

 A dire il vero, noi non siamo molto abituati a legare il termine «pace» a concetti dinamici. Raramente sentiamo dire: «Quell'uomo si affatica in pace», «lotta in pace», «strappa la vita con i denti in pace». Più consuete nel nostro linguaggio sono, invece, le espressioni: «Sta seduto in pace», «sta leggendo in pace», «medita in pace» e, ovviamente, «riposa in pace».
La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia da camera, che lo zaino del viandante. Più il conforto del salotto, che i pericoli della strada. Più il caminetto, che l'officina brulicante di problemi. Più il silenzio del deserto, che il traffico della metropoli. Più la penombra raccolta di una chiesa, che una riunione di sindacato. Più il mistero della notte, che i rumori del meriggio.
Occorre, forse, una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un « dato », ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.
La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale « vita pacifica ». Non elide i contrasti. Postula la radicale disponibilità a << perdere la pace >> per poterla raggiungere.
Sì, la pace prima che traguardo, è cammino. E per giunta cammino in salita.
E sarà beato, perché operatore di pace, non chi pretende arrivo senza essere mai partito. Ma chi parte col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista, anche se mai (su questa terra, s'intende) pienamente raggiunta.             
                                                (Don Tonino)

Recitiamo a cori alterni ( uomini – donna) (Is.2,3-5)     (durante la lettura delle strofe si arpeggia)

?Verranno molti popoli e diranno: <<Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri>

?Poiché da Sion uscirà la legge 
e da Gerusalemme la parola del Signore
. 
Egli sarà giudice fra le genti 
e sarà arbitro fra molti popoli.
   

Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell'arte della guerra
.

?Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore.

·        Testimonianza di padre Francesco Neri

¯¯ canone  : Dona la pace,
Dona la pace Signore, a chi confi da in te. Dona...dona la pace
Signore...Dona la pace...

 

ÿ       Secondo momento:     La pace come giustizia

  Dal Vangelo di  Matteo  (5. 19 – 22)
Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna
.                                                                                                                                                        

    Oggi il discorso sulla pace è diventato tutt'altro che pacifico. Prima non era così. Anzi, nelle nostre chiese, non c'era nulla di più gradito alle orecchie della gente che sentir parlare di pace, con le inesauribili « variazioni sul tema » e con tutti gli svolazzi calligrafici di cui la sacra eloquenza era maestra.
Poi le cose si sono imbrogliate. Ed è finita la pace per i « discorsi sulla pace » quando è cominciato a emergere insistentemente nella coscienza della Chiesa uno splendido masso erratico, rimasto per lungo tempo inosservato nel cuore del messaggio biblico. Per chi volesse incrociarlo sulla sua rotta, ecco ne le coordinate: Isaia 32,17: « La pace è frutto della giustizia » .
Da quel momento, da quando cioè ha cominciato a presentarsi in pubblico con la compagnia un po' sospetta della giustizia, quello della pace non solo è diventato il discorso più destabilizzante, ma ha fatto capire tantissime cose.
Che non ci potrà mai essere pace finche i beni della terra sono così ingiustamente distribuiti. Che guerra non è solo il tuono dei cannoni o l'esplosione delle atomiche, ma la semplice esistenza (anche se subita in rassegnato silenzio) di questo violento sistema economico. Che l'assurdo non è che nel mondo ci siano ricchi e poveri, ma che i ricchi diventino sempre più ricchi sulla pelle dei poveri che diventano sempre.più poveri. Che l'asse della pace o della guerra non passa tanto tra est e ovest, ma tra nord e sud; tra popoli ricchi e terzo mondo, sprofondato nei debiti e sull'orlo dell'abisso, anzi con un piede più in là.
C'entra tutto questo col nostro cammino pasquale di conversione?
Senza dubbio. Perché i subappalti di queste colossali imprese d'ingiustizia planetaria sono collocati anche nel nostro povero cuore. E forse ciascuno di noi, con le mille violenze pubbliche e private che consuma ogni giorno, è titolare di una di quelle piccole agenzie periferiche, la cui sede centrale tiene perennemente desti nel mondo i focolai della guerra.

                                                                                                                      (Don Tonino)

·        Testimonianza di padre Francesco Neri

Padre Francesco accende dal cero Pasquale i lumini posti nei primi posti della panche poi si accendono tutti gli altri . si spegne la luce della chiesa e

Silenzio ( circa 4 mm)

Si riaccende la chiesa e cantando il canone si portano i lumini ai piedi della croce

¯¯canone : In questa oscurità (Taizé)

In questa oscurità, il fuoco che accendi non si spegne mai, non si spegne mai.

 

                                            ÿ       Terzo momento  La pace come verità

    dal Salmo 28:2 

Ascolta la voce delle mie suppliche quando grido a te, quando alzo le mani verso il tuo luogo santissimo Non trascinarmi via con gli empi e con gli operatori d’iniquità, i quali parlano di pace col prossimo, ma hanno la malizia nel cuore

  Voglio cominciare con una frase che ci fa capire come la pianta della pace non può mai sbocciare da un cuore che è un «collage» di compromessi, ne può attecchire in un terreno concimato di bugie.
«Parlano di pace al prossimo, ma hanno la malizia nel cuore». E’un versetto del Salmo 28 che smaschera, rapido come una folgore, quell'ipocrisia oscena che spesse volte si cristallizza attorno ai discorsi di pace.
E qui il giro di boa sul versante dei comportamenti diviene fin troppo immediato.
Chi ama la pace, vuol bene alla verità. Non strizza I'occhio alla menzogna. Odia la mistificazione verbale. Rifugge dalla frode tatticamente usata per far passare un 'idea. Ripudia ogni falsità, anche quella che produce apparenti vantaggi. Non manipola le notizie piegandole a interessi di schieramento. Si guarda bene dal cucinare la verità con le salse della ideologia, o di vestirla con gli abiti lunghi delle vedute partigiane.
Chi ama la pace, ha il coraggio di tirare fino in fondo le conseguenze di certe verità. Non ha paura di dire come stanno le cose, anche quando le sue parole rovinano la digestione dei potenti. Non ammorbidisce la profezia con i trucchi diplomatici, pur di non recare dispiacere a qualcuno. Mette il dito sulla piaga dell'ingiustizia, senza spaventarsi delle ritorsioni. Non teme il rischio dell'impopolarità se denuncia fino alla noia le tragiche aritmetiche della miseria, dei debiti del terzo mondo, della confisca dei diritti umani, della corsa assurda al riarmo atomico che sta preparando l'olocausto planetario.

Chi ama la pace sceglie il linguaggio evangelico del « sì sì, no no ». È leale con la comunità. Denuncia al fisco i suoi redditi fino all'ultimo centesimo. E anche se, per motivi di coscienza, fa l'obiezione alle spese militari, è tale il vantaggio che reca allo Stato, con la provocazione alla trasparenza dei bilanci, che l'autorità dovrebbe augurarsi l'aumento di obiettori di tal genere.
Chi ama la pace, insomma, è disposto a pagare. Perché la verità non si vende. Si compra. E a caro prezzo. Fino al prezzo della croce. Come è avvenuto per Gesù che, sceso sulla terra per rendere testimonianza alla verità, si è caricato come un agnello mansueto di tutte le menzogne del mondo. Ed è finito sul patibolo più infame per donarci la pace.

                                                                                                                                 (Don Tonino)

·        Testimonianza di padre Francesco Neri

 ¯¯canto : O Signore fa’ di me uno strumento
O Signore fa’ di me uno strumento,
fa’ di me uno strumento della tua pace,
dov’è odio che io porti l’amore,
dov’è offesa che io porti il perdono,
dov’è dubbio che io porti la fede,
dov’è discordia che io porti l’unione,
dov’è errore che io porti verità,
a chi dispera che io porti la speranza.
Dov’è errore che io porti verità,
a chi dispera che io porti la speranza.

O Maestro dammi tu un cuore grande,
che sia goccia di rugiada per il mondo,
che sia voce di speranza,
che sia un buon mattino
per il giorno di ogni uomo.
E con gli ultimi del mondo sia il mio passo
lieto nella povertà, nella povertà. (2x)

O Signore fa’ di me il tuo canto,
fa’ di me il tuo canto di pace;
a chi è triste che io porti la gioia,
a chi è nel buio che io porti la luce.
È donando che si ama la vita,
è servendo che si vive con gioia,
perdonando che si trova il perdono,
è morendo che si vive in eterno.
Perdonando che si trova il perdono,
è morendo che si vive in eterno.

  In questo momento storico ci pare importante contestualizzare il nostro impegno per la pace  ricordando l’impegno concreto di don Tonino contro il riarmo:

“Quando si costruiscono le armi, necessariamente devono essere usate. Chi fabbrica le armi vuole che siano vendute e consumate. E le armi si consumano uccidendo”.

Fece scalpore il 5 giugno 1988  la presa di posizione di Mons. Bello e dei vescovi della provincia di Bari  contro l’acquisto degli Aerei F 16

“Chiamati come pastori a "vegliare nella notte, facendo la guardia al gregge" (Luca 2,6), e mossi dal dovere di legare la fede alla storia, la speranza alla vita, l'utopia al quotidiano, rompiamo ancora una volta il silenzio per esprimere il nostro sconcerto sulla crescente militarizzazione in terra di Bari. ……..

Abbiamo appena finito di rallegrarci per i confortanti gesti di distensione internazionale, e stiamo ancora additando al popolo di Dio i "segni dei tempi" che, nell'ultima enciclica del Papa, preannunciando il sereno, e già una nuova grave foschia sembra oscurare il nostro cielo: l'ipotesi di stazionamento di 72 cacciabombardieri americani "F-16" nell'aeroporto di Gioia del Colle (Ba).

 ……….

L'arrivo degli F-16 a Gioia del Colle comporterà un'ondata di nuovi espropri, sia per favorire l'indispensabile ampliamento dell'aeroporto, sia per permettere l'ospitalità ad almeno cinquemila americani che vi stazioneranno in pianta stabile.

Non sono solo in gioco gli espropri dei terreni, già così duri nella provincia di Bari, da cui non è ancora del tutto scongiurata la prospettiva che altri diecimila ettari vengano destinati a megapoligoni di tiro.

Sono in gioco, sopratutto gli espropri culturali, per le funeste conseguenze sull'identità storica del territorio.

Non è più la terra, cioè, che viene sottratta alla gente. E' la gente che viene sottratta alla terra. E per di più, con dinamiche che favoriscono inquietanti disaffezioni, processi di sradicamento psicologico, e illusori miraggi di tornaconti economici…..

 Sentiamo l'obbligo di precisare che il nostro fermo rifiuto della logica legata all'operazione "F16 " non nasce solo da ragioni interne ai confini territoriali entro i quali noi vescovi svolgiamo la nostra particolare missione pastorale.

deriva dalla convinzione che la sola minaccia delle armi atomiche, l'escalation della loro produzione, e ogni apparato bellico teso a favorire la deterrenza nucleare, sono già una colossale ingiustizia, se non proprio il preludio dell'olocausto del mondo.

Sia ben chiaro, quindi: qualsiasi altra collocazione geografica dei "falchi combattenti" non alleggerirà più che tanto le nostre preoccupazioni.

  Non ci resta che invocare il Signore, "perché diriga i nostri passi sulla via della pace" e induca i governanti, più che a sfruttare strumentalmente le debolezze antiche della nostra storia o le lusinghe recenti della nostra geografia, a restituirci al ruolo che ci è congeniale: essere operatori di sintesi con le diverse civiltà.

    Riteniamo che educare alla giustizia e alla pace vuol dire educarci tutti al disarmo delle menti, dei cuori e dei territori. Allontanare la paura. Plasmare una sicurezza comune. Costruire un futuro senza atomiche e un’Italia smilitarizzata nell’economia e nella politica, nella cultura e nel linguaggio, nelle relazioni umane, nelle nostre città.

Educarci alla giustizia e alla pace vuol dire disarmare la finanza e costruire un’economia di giustizia. Non spendere 3 milioni di euro l’ora per armamenti. Rifiutare l’idea di uscire dalla crisi economica con il riarmo. Tassare le transazioni finanziarie Lottare contro la corruzione e l’evasione fiscale. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti.

Educarci alla giustizia e alla pace vuol dire tagliare le spese militari. Dire NO ai cacciabombardieri F 35 Joint Strike Fighter, NO a nuove navi di guerra. Rafforzare le spese sociali. Riconvertire l’industria bellica. Sviluppare la cooperazione e il Servizio civile.

Così scriveva  Mons. Giudici  agli inizi dell’ anno :

“Nel panorama drammatico di questa crisi economica che esige sacrifici e tagli per il bene del Paese e per il futuro di tutti: anche le spese militari devono essere drasticamente tagliate. In particolare il dito è puntato sull'enorme costo dei 131 cacciabombardieri F35, aerei di attacco che costano quasi 150 milioni di euro ciascuno. Un investimento di oltre 15 miliardi….. Ma su quale via scegliamo di camminare? Forse quella di Erode, fatta di violenza e sopruso? O piuttosto quella dei Magi e di chiunque, singoli e popoli, discerne le opere di pace per garantire il futuro di tutti.

I Magi, ci racconta il Vangelo, “per un'altra strada fecero ritorno”. Anche per noi vale l'invito a intraprendere una strada diversa orientando ogni scelta alla via esigente e necessaria della pace. Per questo esigiamo un ripensamento di queste spese militari con un serio dibattito in Parlamento .

I popoli che camminano nella tenebra di questa follia chiedono di cancellare questo progetto e ciò è ancora più necessario in un tempo di crisi che è già molto pesante soprattutto per le famiglie e per i più poveri e che non sembra invece toccare i grandi investimenti per le armi”. ( Mons. Giudici vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi)

Terminiamo questa veglia facendo tesoro delle parole di don Tonino con preghiere spontanee ( tra una preghiera e l’altra. si recita il  canone)

¯¯canone  Kirie Eleison
Kirie Kirie Eleison. Kirie Kirie Eleison.

Padre nostro ( cantato)

Benedizione

¯¯canto finale  : Magnificat
        Magnificat, magnificat, magnificat anima mea Dominum

Segno:  Durante il canto si viene all’altare con un cartoncino riportante l’invito di don Tonino che ci sollecita ad un impegno quotidiano per la pace

                                               I testi di Don Tonino sono tratti dal libro “Alla Finestra la speranza”.

ALCUNE FOTO DELLA SERATA

     




veglie di preghiere

 

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