«CONSEGNA DELLA
CITTADINANZA ONORARIA A MONS. LUIGI BETTAZZI»
4 aprile 2016
CONSEGNA DELLA CITTADINANZA ONORARIA A MONS. LUIGI BETTAZZI
video a cura di Giuseppe Persiani del punto pace Bologna
4 aprile 2016
CONSEGNA DELLA CITTADINANZA ONORARIA A MONS. LUIGI BETTAZZI
foto di Dario Puccetti del punto pace Bologna
Comunicato stampa di Pax Christi
Bologna: cittadinanza onoraria a mons. Bettazzi
Pax Christi Italia, condivide con
gioia la notizia che il comune di Bologna conferisce a mons.
Luigi Bettazzi la cittdinanza onoraria, oggi lunedì 4 aprile
2016, alle ore 17.
"Cittadinanza onoraria di Bologna a Monsignor Luigi Bettazzi per
il suo impegno per l'affermazione di una cultura di pace e
solidarietà nel mondo, per la promozione dei diritti umani e per
la sua costante vicinanza alla città che lo ebbe vescovo. Questa
la proposta che il Sindaco Virginio Merola e la Presidenza del
Consiglio comunale di Bologna hanno fatto all'Aula di Palazzo d'Accursio.
Il Consiglio comunale ha approvato all'unanimità... “
A don Luigi -
che è stato presidente di Pax Christi Italia e anche di Pax
Christi International per numerosi anni - il nostro sincero
'grazie' e l'augurio di poter continuare a camminare con lui
sui sentieri della pace, nel solco del Concilio, per
condividere "Le gioie e le speranze, le tristezze e le
angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti
coloro che soffrono..." (Gaudium et Spes)
Firenze, 4
aprile 2016Pax Christi Italia
Finalmente don Luigi son finiti i tempi bigi…
Finalmente don Luigi
son finiti i tempi bigi!
Quelli che, se troppo in vista,
prontamente si va in lista
da cui prender'e inviare
più lontan che c'è dal mare;
meno male non è Aosta
(così scrivono per posta),
ma è lontano sufficiente
da temer quasi più niente:
è città del Canavese
che a tornare vuole un mese
con i treni dei sessanta.
Così potano la pianta
e a Bologna più non sale
troppo accanto a un cardinale!
(è pur vero che ad Ivrea
festeggiarono l'idea
di chi volle allontanare
e lo fece inver volare!).
Finalmente don Luigi
son finiti i tempi bigi
quelli che a parlar di pace
certo su a qualcun non piace
e anche se è un cardinale
la pensione c'è al finale:
non si può parlar di bombe
che riempiono le tombe:
son dei nostr'i bombardieri,
vanno bene come ieri,
sia a combattere i nazisti
sia a fermare i comunisti!
Finalmente don Luigi
sono finiti i tempi bigi!
Quando non parea prudente
far di Pax il presidente:
quanti fur a rinunciare
prima di poter trovare
uno che fosse disposto
a non rimaner nascosto!
Uno che nel sessantotto
non andava mica al trotto,
uno che anzi galoppava
e Pax Christi rifondava.
Uno di quelli che fanno
marce e marce a capodanno,
uno ch'era sì speciale
anche all'Internazionale!
Finalmente don Luigi
sono finiti i tempi bigi
che vietavano di dire
e le lettere di aprire:
“Non si scrive al segretario
del partito più avversario:
quelli mangiano i bambini
non s'incrociano i destini!”
(anche se papa Giovanni
insegnava da tant'anni
a distinguer all'istante
tra l'errore e tra l'errante).
Finalmente don Luigi
son finiti i tempi bigi,
quelli che “quaggiù a Bologna
evitar certo bisogna
di ascoltar vescovi rossi
che ci portano nei fossi”.
Ora i tempi son cambiati:
tornano gli “sbolognati”!
Quelli che cercan la pace
con impegno non fugace:
oggi la cittadinanza
premia la perseveranza!
Sì, ma i tempi son poi tali
che rimangon sempre uguali
anche oggi don Luigi
siamo sempre in tempi bigi:
troppo spesso sulla Terra
si continua a far la guerra,
sempre trovano i milioni
per pagare le missioni...
C'è bisogno di Pax Christi,
e di tutti i pacifisti,
per tornare a denunciare
armi, bombe e anche fanfare.
C'è bisogno di far ponti
e non muri e nuovi fronti,
per uscir dal medioevo
e non tornar a Sarajevo!
Bologna, 4 aprile 2016
Bologna accoglie con entusiasmo Mons. Bettazzi tra i suoi
cittadini !
Mons Bettazzi ringrazia con un velo di commozione il sindaco
Merola e racconta il suo cammino con Lercaro e con Pax Christi
Lunedì 4
Aprile alle ore 17, in una sala comunale gremita di parenti,
amici e aderenti a Pax Christi del gruppo di Bologna e di
Ivrea si è svolta la cerimonia di conferimento della
cittadinanza onoraria a monsignor Luigi Bettazzi.
ØIntervento della
presidente del Consiglio Comunale Lembi
L’incontro è
iniziato con un breve intervento della
presidente del Consiglio Comunale Lembi che ha dato lettura
delle motivazioni della delibera contenute nell'orine del
giorno proposto dal Sindaco Virginio Merola e dalla Presidenza
del Consiglio e approvata all'unanimità dal Consiglio nella
seduta di lunedì 15 febbraio. Tra le motivazioni la presidente
ha ricordato che :.
Monsignor Bettazzi fu il vescovo più giovane presente al
Concilio Vaticano II, al quale partecipò come esponente dalla
diocesi bolognese, insieme al Cardinal Lercaro. Vi partecipò
intensamente intervenendo sulla collegialità, l'apostolato dei
laici, la cultura. “ In particolare,- ricorda la dott.sa Lembi -
fu uno dei vescovi che parteciparono al “Patto delle catacombe”
impegnandosi a condurre una vita di povertà rinunciando a lussi,
simboli di potere e privilegi per essere “una Chiesa serva e
povera” come desiderava appunto Papa Giovanni XXIII. La Lembi
ha poi proseguito:
"A 50 anni di distanza, Monsignor Bettazzi è oggi impegnato a
sostenere e propagandare il messaggio del Concilio,
sviluppandone i temi della giustizia, della pace nel mondo,
della nonviolenza, dei diritti umani, della dignità e libertà di
ogni essere umano. Nominato dalla Conferenza Episcopale Italiana
Presidente nazionale di Pax Christi dal 1° ottobre 1968 sino al
1985, diede nuovo impulso all'istituzione aprendo il mondo
giovanile cattolico all'impegno per la pace e la nonviolenza. Fu
poi elevato alla Presidenza internazionale di Pax Christi dal 7
aprile 1978 al 1985, attuando iniziative di pace nei paesi
dell'America Latina e del Sud del mondo. Per questo gli fu
attribuito per i suoi meriti il Premio Internazionale
dell'Unesco per l'Educazione alla Pace.” La dott.sa Lembi ha poi
ricordato come mai nessun altro presule è stato presente
nelle vicende del nostro Paese, come quando nel 1978 chiese
alla Curia Vaticana di potersi offrire prigioniero in cambio del
presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, o come nel 1992
partecipò alla marcia pacifista organizzata da Pax Christi in
Bosnia ed Erzegovina. Uomo di pace, che con il suo impegno ha
saputo coniugare la riflessione religiosa e teologica con quello
sociale e per il suo personale contributo alla lotta per la
pace, gli è stato riconosciuto con la Laurea Honoris Causa in
Scienze Politiche dell'Università di Torino.
ØIntervento del sindaco Merola :
monsignore lei è un esempio di sobrietà.
Il sindaco
Merola ha affermato che oggi il conferimento sancisce quello
che già era a tutti gli effetti Mons. Bettazzi, per la sua
storia era già un cittadino bolognese. Un riconoscimento, per
quanto si era adoperato per l'affermazione di una cultura di
pace e di solidarietà non solo per la città ma per il mondo.
Merola ha poi proseguito affermando che " Monsignor Bettazzi è
innanzitutto un esempio di sobrietà. Una parola attualissima, di
cui abbiamo un estremo bisogno per il nostro presente e per il
nostro futuro. È una qualità rara, spesso una qualità travisata,
credo che in questo periodo storico per la nostra società, per
la nostra vita politica sia un concetto da adoperare con cura e
da ridefinire nella sua attualità. Portando avanti questo
concetto di sobrietà nel mondo odierno, ritengo che essere sobri
oggi sia non tanto sottolineare la necessità di dovere
rinunciare a qualcosa, ma avere il coraggio di condividere ciò
che si ha con gli altri e anche di condividere quello che si può
essere come comunità. Come tanti anni fa, ma oggi in modo più
acuto, - prosegue il Sindaco - Monsignore, corriamo il rischio
di dividerci tra dare e avere, tra chi pensa di avere dato
troppo, di avere già dato, di avere avuto poco o di aver tanto
da non porsi nessun problema. Questa città ce l’ha fatta nei
suoi momenti migliori e anche nella sua esperienza di gioventù
quando ha saputo superare questa dicotomia fra dare e avere,
abbracciando con convinzione l’idea della condivisione."
Il sindaco
ha poi ricordato l'impegno di Mons. Bettazzi attraverso la sua
attività in Pax Christi e come tuttora i valori e gli ideali di
questo movimento siano importanti e attuali "Pace e nonviolenza
sono due parole messe alla prova in questi ultimi mesi e giorni,
in particolare dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, sono
tornate a bussare alle scelte della politica e alla coscienza di
ognuno di noi. Siamo chiamati in causa, sia come singoli
cittadini che come comunità, perché queste due parole non siano
solo belle intenzioni, ma possano contribuire con azioni
concrete alla nostra vita di cittadini europei in questo momento
difficile dell’unità europea. Azioni di pace e di non violenza,
anche con azioni molto concrete, che riguardano la vita
individuale di ognuno di noi, bombardati dai mass media e da
messaggi contraddittori, perché questa nostra azione di pace e
nonviolenza si testimoni nella nostra vita individuale, con un
fermo “NO” al rancore e alle divisioni che serpeggiano nella
nostra società."
Ø
Intervento di Mons. Bettazzi
Bettazzi
ha esordito ringraziando della cittadinanza onoraria «è un dono che mi
onora e mi gratifica, Bologna è stata determinante nella mia
vita». Poi ha ripercorso la sua vita che spesso si è intrecciata
con la storia della città, partendo dal ricordo più antico,
quando nel settembre 1927, durante il Congresso Eucaristico
Nazionale, a neanche quattro anni di età, tenuto per mano dalla
nonna và a vedere la torre degli Asinelli illuminata da piccole
lampadine dalla base alla cima.
Ripercorre con voce
ferma e vivace e a volte ironica, il suo cammino nella chiesa,
la nomina a vescovo ausiliare del card. Lercaro, e il suo
impegno in quei mesi nei lavori del concilio Vaticano II, quel
«grande evento che trasformò definitivamente la Chiesa cattolica
romana da Chiesa chiusa in se stessa, nei suoi dogmi e nelle sue
strutture, a Chiesa aperta agli altri cristiani, alle altre
religioni, a tutti gli uomini di buona volontà».«Ebbi la grande
grazia di vivere il concilio comeausiliare del
card. Lercaro allora divenuto uno dei quattro moderatori delle
assemblee, il quale aveva chiamato a Roma come suo aiutante don
Giuseppe Dossetti. E Dossetti non solo aiutava il suo
arcivescovo nei suoi discorsi, soprattutto
alla luce della Chiesa dei poveri – e
qualcuno non gli ha perdonato di aver sostenuto il card. Lercaro
nelle sue aperture -, ma nel pomeriggio lui e Raniero La Valle,
direttore dell’Avvenire d’Italia allora stampato a Bologna,
preparavano il paginone sul concilio che la mattina dopo
illuminava i 2.500 vescovi su quello che “forse” era loro
sfuggito il giorno antecedente. Devo dire che il concilio è
stato la grande luce e la grande forza della mia vita e del mio
apostolato. Per me è una grande gioia riscontrare quanto esso,
dopo i validi incoraggiamenti degli ultimi papi, venga
rilanciato dall’esempio e dalle parole di papa Francesco».
E il concilio
Vaticano II – me lo si lasci citare come ultimo vescovo italiano
superstite – nella costituzione Gaudium et spes, parlando dei
discepoli di Cristo afferma che “nulla vi è di genuinamente
umano che non trovi eco nel loro cuore”».
I sindaci, il vescovo e l'ausiliare
Erano i tempi della
guerra fredda e anche i rapporti tra Palazzo d'Accurso e via
Altabella erano alquanto difficili e si faceva di tutto perchè
il sindaco e il cardinale non si incontrassero e anche il card.
Lercaro, secondo gli stili della guerra fredda, non voleva dare
la mano in pubblico al sindaco: «a una manifestazione dove ci
fosse il sindaco comunista ci andava l’ausiliare salvo
l’inaugurazione dell’anno accademico all’università, questa ci
teneva ad andare lui» e in quell’occasione, d’accordo con il
rettore magnifico, il cardinale fu fatto entrare con 15 minuti
di ritardo, quando le autorità erano già sedute, per evitare
l’imbarazzante cerimonia dei saluti.
Il 26 novembre 1966 Bettazzi è nominato vescovo a Ivrea
Rimane vescovo di
Ivrea per 32 anni cercando insieme agli eporediesi e i canavesi
di vivere il concilio e impegnandosi anche nella vita sociale
solidale in particolare tra i lavoratori della Olivetti, del
cotonificio Vallesusa e della Lancia « Da allora i miei
contatti con Bologna si sono rarefatti anche perchè il Card.
Biffi mi aveva detto che potevo andare a San Lazzaro quando
volevo perchè quello era il mio paese» ( sgh!!!. n.d.r.)
Con Pax Christi
Ricorda, nominato
prima presidente nazionale poi presidente internazionale, come
tale nomina l'ha portato a impegnarsi per la pace, la
nonviolenza, per il rispetto dei diritti umani e per la libertà,
non solo in Italia ma a livello internazionale, in particolare
in centro America e a Mosca con la chiesa Ortodossa «Con
l’investitura in Pax Christi mi trovai fra l’altro ad aprirmi a
dialoghi e a lettere aperte con uomini pubblici, lettere laiche
anche se sempre radicate nel Vangelo. Da quella all’onorevole
Berlinguer segretario del Partito Comunista – nella risposta
dichiarò che non erano automaticamente materialisti e atei, pur
partendo da Marx erano invece laici e che si impegnavano accanto
ai lavoratori ed ai settori più in difficoltà –; a quella al
presidente italiano Pertini sugli stili del mondo militare; al
presidente dell’Olivetti per i licenziamenti». Ma queste
lettere, ci tiene a precisare mons. Bettazzi, erano partite in
qualche modo da Bologna; «la prima lettera aperta era stata
rivolta all’on. Zaccagnini appena nominato segretario della
Democrazia Cristiana per rifare il volto al partito scosso dallo
scandalo di tangenti internazionali. Zaccagnini era di Ravenna,
ma l’avevo conosciuto a Ravenna nell’incontro di ex fucini e
laureati cattolici».
A Ivrea ...pensando A Bologna
«Bologna dunque è
stata determinante nella mia vita e, come ho detto, sono sempre
stato considerato un bolognese nel Veneto della mia adolescenza
e nell’oltre metà della mia vita in Piemonte. Un po’ per il
timbro della mia parlata – è la mamma che insegna a parlare, non
a caso si dice “la lingua materna”! – e un po’ per i richiami
che mi veniva di fare e non solo alla Bologna della Madonna di
San Luca e degli addobbi ma a quella che si descriveva come
“Bologna la dotta, Bologna la grassa, Bologna la rossa”… non per
la politica, ma per il colore delle sue case».
Essere di Bologna, precisa, mi è servito a volte a essere
equidistante di fronte a diverse situazioni «i preti a Ivrea
erano metà per la Juve e metà per il Toro e mi salvavo dicendo
che io ero per il Bologna e mi guardavano con un po’ di
commiserazione… ma io dicevo che ero per il Bologna degli anni
1930, quello che vinceva la Mitropa, la coppa Europa, “lo
squadrone che tremare il mondo fa” quella di Gianni, Monzeglio,
Gasperi, …».Qui Bettazzi sciorina a memoria tutta la formazione
del Bologna di quel tempo e i consiglieri di Bologna di ogni
schieramento e tutto il pubblico si esibiscono in un grande e
prolungato applauso, consono più di uno stadio che di un'aula
comunale.
«Ora sono oltremodo
lieto e orgoglioso di essere considerato bolognese a pieno
titolo.... Grazie Bologna. E un grande augurio dal tuo cittadino
Luigi Bettazzi». Così termina il suo discorso Mons. Bettazzi e
tutta la sala consigliare balza in piedi per un lungo e caloroso
applauso.
Ø
La 49 marcia della pace di fine anno si terrà a Bologna
La festa al
neo cittadino Bettazzi è proseguita presso la sala dei Teatini
della parrocchia San Bartolomeo e Gaetano proprio sotto alle Due
Torri, per simboleggiare l’appartenenza a questa città di Mons.
Bettazzi, ora sancita anche “burocraticamente” ma che nei fatti
lo ha sempre considerato come uno dei bolognesi più eminenti. La
festa (presenti amici, parenti e attivisti di Pax Chrsti di
Bologna , Ivrea, Modena e Reggio Emila) è stata impreziosita
dalla presenza del Vescovo di Bologna Matteo, che ha ringraziato
Mons. Bettazzi per il suo apporto al rinnovamento della Chiesa
Italiana e ha annunciato ufficialmente che la 49° edizione della Marcia nazionale per la Pace,
promossa dalla Chiesa Italiana attraverso l’Ufficio nazionale
per i problemi sociali e il lavoro della Cei, Caritas Italiana,
Pax Christi, Azione cattolica, si terrà a Bologna. I presenti
hanno salutato il neo cittadino con una “zirudela”(caratteristico
componimento umoristico tipico bolognese) che ha ripercorso
alcune tappe della sua vita.
E “alla fine
della fiera” il 31 dicembre tutti a Bologna !!!!!
Dario Puccetti - Pax Christi Bologna
DISCORSO DI MONS. LUIGI BETTAZZI IN OCCASIONE DEL
CONFERIMENTO DELLA
CITTADINANZA
ONORARIA DI BOLOGNA
(4 aprile 2016)
Sono profondamente grato al Signor Sindaco,
alla Presidente, a tutto il Consiglio Comunale di Bologna per
questo dono che mi emoziona e mi gratifica
.Mi son sempre sentito un po’ bolognese,
anche se sono nato a Treviso, dove mio padre lavorava. Egli,
torinese di origine toscana, era finito a Bologna, durante la
prima guerra mondiale, dopo la disfatta di Caporetto, e aveva
conosciuto mia madre, allora infermiera volontaria negli
ospedali militari. Mia madre era nata a S. Lazzaro di Savena, da
un maresciallo dei carabinieri romagnolo (Ranchio di Sarsina) e
da una giovane locale; ed a S. Lazzaro tornavamo ogni anno a
passare l’intera estate. La reminiscenza più antica nella mia
vita è di Bologna: nel settembre 1927 (non avevo ancora 4
anni),nel tempo del Congresso Eucaristico Nazionale: mia nonna
mi portò in via Rizzoli a vedere la torre degli Asinelli
illuminata da piccole lampadine dalla base alla cima.
A Treviso ho iniziato le scuole,
frequentando poi il ginnasio (con l’attuale scuola media) nel
Seminario locale. Nel 1937 la famiglia si trasferì a S. Lazzaro
ed io entrai nel Pontificio Seminario Regionale di Bologna, per
il liceo e l’inizio della teologia, allontanandomi poi per
gli studi romani. Ma, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, a
Bologna subii il terribile bombardamento aereo del 25 settembre
1943, ed a Bologna, dichiarata “Città aperta”, passai l’ultimo
inverno di guerra – 1944/1945 – vedendo entrare in via S.
Stefano le truppe americane.
Domenica 4 agosto 1946 fui ordinato
sacerdote a Bologna nella Basilica di S. Domenico e, rimandando
le Messe solenni alle domeniche successive, celebrai la prima
Messa a S. Giuliano di Porta S. Stefano, la chiesa dove i miei
genitori s’erano sposati 27 anni prima. Dopo gli studi di
Roma,con la laurea in teologia e la licenza in filosofia,
rientrai a Bologna nel 1950 ed iniziai ad insegnare filosofia
(iscrivendomi anche all’Alma Mater, dove poi mi laureai in
quella disciplina).
Ebbi a scrivere che fu la filosofia la prima
scuola di laicità, intesa non come alternativa alla religione
(quello sarebbe il cosiddetto laicismo), bensì come livello di
cultura che permette di dialogare e collaborare con ogni altro
essere umano prescindendo dalla religione, che peraltro aiuta
ad attingere gli ideali della umanità ed a sollecitarne le
attuazioni: penso a come Gesù Cristo e il cristianesimo – al di
là delle strutture storiche – abbiano orientato la nostra
cultura e quella dell’umanità (non a caso la Carta dei
diritti umani dell’ONU - S. Francisco 1948 - benché laica,
da qualcuno è stata definita: “il vangelo secondo l’ONU”). Ed il
Concilio Vaticano II – me lo si lasci citare da ultimo vescovo
italiano superstite – nella Costituzione su la Chiesa nel mondo
contemporaneo, la “Gaudium et spes”, parlando dei
discepoli di Cristo afferma: “nulla vi è di genuinamente umano
che non trovi eco nel loro cuore”.
La seconda scuola di laicità è stata
l’assistenza alla Fuci (Federazione Universitaria Cattolica
Italiana), accanto a giovani di cui dovevo alimentare la fede
che avrebbero poi vissuto in una Università laica. Quell’impegno
si allargò a tutta Italia da Aiuto assistente nazionale della
Fuci, in Diocesi come Assistente diocesano dell’Azione Cattolica
e con altre attività, ad esempio l’insegnamento della religione
per due anni dalle Dorotee e un anno come sostituto di d.
Umberto Neri al Galvani.
La terza scuola di laicità giunse appunto
quando il 4 ottobre 1963 il Card. Lercaro mi ordinò suo Vescovo
Ausiliare. L’11 ottobre 1962 Papa Giovanni XXIII aveva aperto il
Concilio Vaticano II e mi inserii in questo grande evento, che
trasformò definitivamente la Chiesa cattolica romana da Chiesa
chiusa in se stessa, nei suoi dogmi e nelle sue strutture, a
Chiesa aperta agli altri cristiani, alle altre religioni, a
tutti gli uomini di buona volontà: la citata Costituzione
conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneoè un
documento con prospettive laiche, pur significativamente
radicate nella fede cristiana. Ebbi la grande grazia di vivere
il Concilio come Ausiliare del Card. Lercaro, allora divenuto
uno dei quattro Moderatori delle Assemblee, il quale aveva
chiamato a Roma come suo aiutante don Giuseppe Dossetti; e
Dossetti non solo ha aiutato il suo Arcivescovo nei discorsi,
soprattutto nella luce della Chiesa dei poveri (e qualcuno non
gli ha perdonato d’aver sostenuto il Card. Lercaro nelle sue
aperture!), ma, nel pomeriggio, lui e Raniero La Valle,
direttore dell’Avvenire d’Italia allora stampato a Bologna,
preparavano il paginone sul Concilio, che la mattina dopo
illuminava i 2500 Vescovi su quello che forse era loro sfuggito
il giorno antecedente. Devo dire che il Concilio è stata la
grande luce e la grande forza della mia vita e del mio
apostolato ed è per me una grande gioia ed un grande motivo
riscontrare quanto esso, dopo i validi incoraggiamenti degli
ultimi Papi, venga rilanciato dall’esempio e dalle parole di
Papa Francesco.
Rimasi Ausiliare a Bologna per tre anni, in
cui ho avuto particolari rapporti con i sindaci. Il primo fu
con il mitico sindaco Dozza, a cui il Card. Lercaro, secondo gli
stili della guerra fredda, non voleva dar la mano dopo
l’invasione russa dell’Ungheria nel 1956: se c’era una
manifestazione dove ci fosse il sindaco comunista ci andava
l’Ausiliare o altro Monsignore. Al rientro dal Concilio però,
l’8 dicembre 1965, il Sindaco Dozza voleva dare il bentornato
all’Arcivescovo come – sottolineava Dozza – il sindaco di Roma
dava il bentornato al Papa quando questi rientrava a Roma dai
suoi viaggi. Dozza s’accontentava di essere accanto al Municipio
in Via Ugo Bassi, quando il Cardinale, dopo aver portato i fiori
alla colonna dell’Immacolata in piazza Malpighi, sarebbe passato
indirizzandosi alla Cattedrale di S. Pietro per la Messa di
ringraziamento. Il Cardinale non ci stava; concordammo allora
che l’incontro avvenisse nella saletta VIP della stazione
ferroviaria, ma con la presenza dell’On. Salizzoni, allora
Segretario della Presidenza del Consiglio, così che il
Cardinale potesse rispondere “alle autorità”. Salizzoni disse
alcune parole di formalità, mentre il sindaco Dozza, che s’era
fatto aiutare da un Consigliere democristiano, lesse un discorso
articolato, ringraziando fra l’altro il Cardinale per essersi
fatto promotore della Chiesa dei poveri, verso i quali il Comune
cercava di avere un’attenzione particolare. Dopo qualche giorno,
ad una cerimonia (dove ovviamente fu mandato il Vescovo
Ausiliare), Dozza si commosse quando gli dissi che il Cardinale
era rimasto molto contento del suo discorso.
L’altra vicenda coinvolse il sindaco Fanti
che aveva proposto la cittadinanza onoraria per il Cardinal
Lercaro al giungere dei fatidici 75 anni. Da Roma mi avevano
chiesto se era il caso di accettare, risposi che a Bologna
avrebbero capito e gradito. Il Cardinale – si disse – chiese a
don Dossetti che gli preparasse il discorso; ed affermò poi
che risaliva le scale del Palazzo d’Accursio non con il potere
del Cardinal Legato, ma solo col Vangelo in mano e che d’ora in
poi solo quello avrebbe curato; ma lo ricordo anche perché
continuò che veniva accompagnato dal suo Ausiliare: “Così – e
qui s’interruppe - dicevo fino a mezzogiorno, ora devo dire
accompagnato dal nuovo Vescovo di Ivrea”. Era il 26 novembre
1966.
Sono rimasto vescovo di Ivrea per oltre
trentadue anni,camminando “con” e “per” gli eporediesi ed i
canavesani nell’impegno di far assimilare e vivere il Concilio,
ma anche di accompagnare lo sviluppo di una vita sociale e
lavorativa costruttiva e solidale (penso ad esempio all’Olivetti
di Ivrea,alla Valsusa di Rivarolo, alla Lancia di Chivasso). E
sono stato onorato anche qui di un’ambita cittadinanza onoraria.
I miei contatti con Bologna (salvo con S.
Lazzaro, in cui il Card. Biffi mi disse che potevo venire quando
volevo perché era il mio paese – ora la mia città) si sono
allora ridotti agli incontri frequenti con la famiglia,
soprattutto per le varie ricorrenze, e – una volta all’anno -
con i miei compagni di corso del Seminario Regionale, o con i
miei vecchi fucini, di cui alcuni hanno contribuito laicamente
alla vita della città (per limitarmi ai defunti, penso all’on.
Giorgio Ghezzi o al dott. Eustachio – Nino – Lo Perfido), o alla
solidarietà verso i poveri, quelli vicini (come il prof. d.
Paolino Serra Zanetti) o quelli lontani (come d. Tullio Contiero
o la prof. Maria Antonietta – Ninni – Garsetti in Calandrino).
Intanto, nel 1968, la CEI mi aveva nominato
Presidente Nazionale di Pax Christi, Movimento cattolico per la
pace, a cui si aggiunse nel 1978 la nomina a Presidente
internazionale. Fu anche quella una nuova esperienza di laicità,
che mi aprì ad ulteriori approfondimenti, dialoghi ed impegni
per la pace e il disarmo, per la non violenza, per i diritti
umani, per la libertà. Mi trovai a girare l’Italia, non solo
iniziando le ormai quarantanove marce di Capodanno per la pace
(oggi assunte dalla CEI), ma suscitando centri per la pace,
compresa Bologna, città della libertà: essa celebra quest’anno i
novecento anni di libero comune e gli ottocento-cinquanta anni
del Liber Paradisus, che dava la libertà ai servi della
gleba. E mi trovai spinto nel mondo (dal Centro America al
Vietnam) e nell’ecumenismo (gli incontri della pace in Russia
con la Chiesa ortodossa: a Leningrado il primo Assistente del
Metropolita Nikodim era il monaco Kyrill, oggi Patriarca di
Mosca)
Con l’investitura di Pax Christi mi trovai
fra l’altro ad aprirmi a dialoghi, anche a “lettere aperte”,
con uomini pubblici – lettere “laiche” anche se sempre
radicate nel Vangelo – da quella all’On. Berlinguer, Segretario
del Partito Comunista (nella risposta dichiarò che non erano
automaticamente materialisti e atei, ma, pur partendo da Marx,
erano invece laici che si impegnavano accanto ai lavoratori ed
ai settori più in difficoltà) a quelle al Presidente italiano
Pertini (sugli stili del mondo militare) ed al Presidente
dell’Olivetti (per i licenziamenti a raffica). Ma queste lettere
(e le molte altre) erano partite in qualche modo da Bologna,
perché la prima lettera aperta era stata rivolta all’On.
Zaccagnini, appena nominato segretario della Democrazia
Cristiana per rifare il volto al Partito scosso dallo scandalo
di tangenti internazionali: Zaccagnini era di Ravenna, ma
l’avevo conosciuto a Bologna in incontri di ex fucini e di
laureati cattolici.
Bologna dunque è stata determinante nella
mia vita, e –come ho detto - sono sempre stato considerato un
“bolognese”, nel Veneto della mia adolescenza e per oltre metà
della mia vita in Piemonte, un po’ per il timbro della mia
parlata (è la mamma che insegna a parlare: non a caso si indica
la “lingua materna”) un po’ per i richiami che mi avveniva di
fare a Bologna, e non solo alla Bologna della Madonna di S. Luca
e degli Addobbi, ma a quella che si descriveva come “la dotta,
la grassa, la rossa” (per il colore delle sue case). Ora sono
oltremodo lieto e orgoglioso di essere considerato bolognese a
pieno titolo: un grazie ancora sincero e caloroso al Sig.
Sindaco e a tutto il Consiglio Comunale con la sua gentile
Presidente.
Grazie Bologna, ed un grande augurio dal tuo
cittadino