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APRILE 2005

QUEL CHE NON SAPPIAMO DELL'IRAQ

IRAQ:Due anni dopo l’inizio della guerra.

Note a margine di un incontro svolto nella parrocchia di s. Luca evangelista a San Lazzaro

Da qualche tempo la situazione irachena sembra non suscitare più alcun interesse: i giornali e i tg ne parlano poco e di conseguenza la gente non si sente spinta a saperne di più.  Per stimolare questa passività generale, domenica 27 sì è tenuto nel salone parrocchiale (di S. Luca evangelista a S. Lazzaro) un incontro su ciò che era e ciò che è ora l’ Iraq: chi ci ha guidato è stato don Fabio Corazzino, un parroco di Brescia, responsabile per Pax Christi dell’ Iraq.

Il punto centrale della discussione doveva essere la situazione dei cristiani in Medioriente,  ma l’argomento si è poi allargato al problema generale della violenza con i suoi annessi e connessi, esemplificato nella vicenda irachena.

Per prima cosa la violenza si accompagna all’ignoranza: infatti, cosa sappiamo dell’Iraq che non sia legato alla guerra?

E’ una terra ricca di storia, dove è nata la civiltà, la scrittura, il primo codice di leggi e anche Abramo. Tutto ciò è stato cancellato materialmente con la distruzione della biblioteca e del museo nazionale, e la stessa popolazione non ha più i mezzi per ricostruirsi un’identità e una cultura poiché la maggior parte delle scuole è stata bombardata. Le immagini che arrivano in Occidente sono quindi di un popolo che pare arretrato e povero, in un paese che aveva un’alfabetizzazione elevata e città come Baghdad da sei milioni di abitanti

Questa ignoranza è la stessa che porta ad identificare un arabo con un fondamentalista islamico, quando in realtà non sono neanche tuffi mussulmani anzi i resti di una chiesa del I secolo d.C. trovati in Iraq dimostrano l’esistenza di una delle prime comunità cristiane proprio lì.

Purtroppo quando l’80% dell’informazione mondiale è gestita da quattro sole agenzie stampa, la pluralità

viene fortemente ristretta senza che i fruitori ne siano consapevoli, o quasi. L’avvento di Al-Jazeera ha destabilizzato questo monopolio, poiché mostra un mondo arabo diverso e più realistico dì quello proposto finora.

Don Fabio ci ho spiegato come la violenza necessiti an­che dell’illegalità e delle armi; questo può sembrare ovvio, ma il problema è che si è portati sempre più e giustificare l’infrazione delle regole, in questa guerre come nello vita di tutti i giorni, soprattutto da parte dei paesi più potenti e perciò convinti di poter applicare la legge del più forte. Sono te stesse nazioni che ogni anno spendono miliardi in armamenti (un esempio sono gli Uso con 417 miliardi di dollari nel 2003) e che pretendono il disarmo dei paesi orientati; sono quelle nazioni che in Iraq hanno lasciato migliaia di cluster bombs inesplose, armi leggere, uranio impoverito, oltre ad un numero ancora indefinito di vittime civili che si aggiro intorno ai 100.000 morti.

Per queste ragioni la Pace richiede unì disarmo non sole materiale, progettando una riconversione delle industrie di armi, ma anche culturale e spirituale, superando una concezione che vede la cooperazione come una azione militare.

E’ possibile imporre dei valori come la pace, la libertà, la democrazia, quando anche non si sa bene che cose siano? Il Papa ha affermato che questo non è attuabile, non si può usare il potere (altro ‘amicodella violenza) in questo modo, esso va condiviso, partecipato fra tutti. Chi ha il privilegio di poterlo fare ho come dovere di interessarsi di ciò che, avviene nel mondo, dimostrandolo anche con le azioni quotidiane, perché il disinteresse aiuta la violenza.

Dopo un discorso così denso, Don Fabio ha espresso molto chiaramente ciò che pensa dell’Iraq, aiutato in questo dalle domande dei presenti. Il regime dì Saddam era ormai finito, l’embargo e la corruzione dila­gante nel governo avevano esasperato lo sua gente che non credeva più in lui; quindi l’intervento militare è stato a maggior ragione inutile oltre che illegale. La guerra ha portato ciò che si era andati a distruggere, cioè armi e terrorismo:  in Iraq non si erano mai avuti prima dei 2003 attacchi kamikaze. Chi può quindi scappa, soprattutto i cristiani che dopo l’inizio della guerra erano guardati con sospetto e mal sopportazione ; per fortuna ora, grazie agli appelli del Papa e alle immagini delle manifestazioni per la pace in Europa, gli iracheni hanno cambiato le loro opinioni in maniera positi­va nei riguardi dello Cristianità..

Secondo Pax Christi la soluzione del ritiro delle truppe ho senso se si rimettono in campo l’Onu e il Diritto Internazionale e si ridà spazio alla società civile. Ma allora, cosa possiamo fare noi, così lontani e impotenti? Mettere la PACE nel nostro quotidiano, fare pressione sui nostri politici e imprenditori affinché l’Italia sia in prima linea contro la violenza e le armi, non smettendo mai di voler sapere, dì informarsi, di andare oltre le notizie.

Dopo due ore di informazione seria e precisa, l’incontro si conclude con le foto scattate do Don Fabio che ritraggono gente comune, persone che, nei volti, negli sguardi, negli atteggiamenti, sono come noi.

Ilaria (gruppo giovani di S. Luca Evangelista) 

 

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