IN QUESTO NUMERO
Ma cosa abbiamo fatto?
Caro Francesco
Ci vuole un supplemento di profezia, nella Chiesa e nella politica
Congresso di Pax Christi: intervento di Piovanelli
Pax Christi: il mandorlo fiorito spoeranza di riconciliazione
Saluto finale di Mons. Diego Bona
A voi lettori...
I prossimi appuntamenti e altro...
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DICEMBRE 2001
GIUSEPPE
LAZZATI: «UN CRISTIANO NELLA CITTÀ DELL'UOMO»
Lazzati
con Dossetti e il sindaco di Bologna per il conferimento di un premio
(febbraio1986)
Il 17 maggio, presso il Salone del Centro Dehoniano del
Villaggio del Fanciullo di Bologna, il Punto Pace di Pax Christi e
il Circolo ACLI Giovanni XXIII di Bologna hanno organizzato un incontro
sul tema “Giuseppe Lazzati: un cristiano nella città dell’uomo”.
Dario Puccetti (di Pax
Christi Bologna), introducendo i relatori, ha affermato che a quindici anni dalla morte
rimangono ancora molto attuali le intuizioni e gli insegnamenti di Lazzati
in particolar modo avendo come riferimento il quadro politico oggi
presente. In una commemorazione che fece nel 1994, Dossettii disse che
Lazzati fu una “sentinella” che, soprattutto nell'ultimo periodo della
sua vita, si rese lucidamente conto "di ciò che si stava preparando
per la cristianità italiana [...]: non tanto lo sbandamento elettorale
dei cattolici, ma le sue cause profonde, oltre gli scandali finanziari e
oltre le collusioni tra mafia e potere politico, soprattutto l'incapacità
di 'pensare politicamente', la mancanza di grandi punti di riferimento e
l'esaurimento intrinseco di tutta una cultura politica e di un'etica
conseguente".
La relazione principale è stata tenuta da Armando Oberti, postulatore
della causa di beatificazione di Lazzati, che ha ricordato gli avvenimenti
più importanti della sua vita.
Giuseppe Lazzati quarto di
otto fratelli, nacque a Milano nel 1909 in una famiglia di solide e
profonde convinzioni religiose. Perché potesse arricchire la sua
formazione spirituale, a undici anni fu iscritto all’associazione
studentesca “Santo Stanislao”, che organizzava tra l’altro ogni anno
un corso di esercizi spirituali per i ragazzi e i giovani
dell’associazione. Dopo la maturità classica si iscrisse alla Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica.
Nel maggio 1931, nel corso degli esercizi spirituali predicati da Padre
Gemelli, fondatore della stessa Università Cattolica, Lazzati fece la
scelta fondamentale che avrebbe caratterizzato tutta la sua esistenza,
decidendo di vivere in castità per consacrarsi a Dio “anima e corpo ed
esercitare apostolato più largo ed efficace”. Tale scelta lo portò
prima ad aderire al sodalizio Missionari della Regalità, fondato dallo
stesso Padre Gemelli, e successivamente a fondare egli stesso un nuovo
sodalizio denominato Quarta Famiglia degli Oblati di San Carlo.
Nello
stesso anno 1931 Lazzati si laureò e, chiamato dal suo primo catechista
della Santo Stanislao, don Ettore Ponzoni, iniziò il suo impegno nella
Gioventù di Azione Cattolica (GIAC) milanese, di cui sarebbe diventato
presidente diocesano tre anni dopo. Come responsabile della GIAC, Lazzati
dimostra di essere un vero leader e di possedere uno speciale carisma
educativo; da allora e per oltre cinquanta anni approfondisce e persegue
due fondamentali intuizioni: quella della responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo e quella del valore cristiano delle
realtà secolari.
L’impegno
più propriamente politico di Lazzati prese avvio nei primi mesi del 1940,
quando, insieme ai giovani colleghi Dossetti, Fanfani, La Pira ed altri,
si trovò a frequentare gli incontri
settimanali ospitati nella casa del prof. Umberto Padovani per
studiare e per suggerire come orientare i cattolici italiani a vivere il
difficile momento in cui si trovavano. La riflessione dei professori
dell’Università Cattolica
era stata sollecitata dai direttori dei due quotidiani cattolici
“L’Italia” e “L’Avvenire d’Italia” e fu molto appezzata da
De Gasperi.
Arruolato come ufficiale degli Alpini, tra il settembre
1943 e l’agosto 1945, Lazzati, visse la dura esperienza della prigionia
in Germania, avendo rifiutato
di aderire alle formazioni fasciste della Repubblica di Salò.
“L’esperienza del lager”, ha scritto lo stesso Lazzati, “si
presentò subito nella sua tragica veste. In tali condizioni si evidenziò
il valore dell’educazione cristiana da me ricevuta negli anni giovanili,
dalla famiglia e nell’Università Cattolica, e il significato della fede
quale ineguagliabile salvaguardia dei valori umani nel momento in cui la
misura del vivere era messa a dura prova da condizioni inumane. Si fecero
urgenti in me due moti interiori: quello di dedicare il tempo vuoto a
coltivare più intensamente il rapporto con Colui “che atterra e
suscita, che affama e consola”, e quello di offrire ai colleghi qualche
aiuto e sostegno morale”.
Appena ritornato dalla prigionia, fu subito ricevuto dall’arcivescovo di
Milano cardinal Shuster e riprese i contatti con la GIAC ambrosiana. Dopo
pochissimo tempo ricevette però una lettera di Dossetti, che gli chiedeva
di candidarsi nelle liste della DC. Lazzati, dimessosi da presidente della
GIAC, diventò così “politico suo malgrado”. Infatti di tale scelta
ha scritto: “Non fu una scelta spontanea, ma quasi una necessità cui,
sia pure con libera decisione, dovetti cedere nel momento in cui il Paese,
uscito prostrato, politicamente ed economicamente, dalla tragica vicenda
della guerra e della liberazione dal giogo della dittatura fascista, si
trovò di fronte al compito immane della ricostruzione…”.
Fu così eletto prima consigliere comunale di Milano e poi, il 2 giugno
1946, deputato all’Assemblea Costituente. A Roma partecipa intensamente
al lavoro di un gruppo promotore di un progetto politico nuovo che aveva
per obiettivo la costruzione di “uno Stato autenticamente sociale e
democratico contraddistinto dalla partecipazione delle masse
tradizionalmente escluse”. E con l’obiettivo di educare i cattolici
italiani a “pensare politicamente” fonda in quegli anni il movimento
“Civitas humana”, i “Gruppi Servire” e la rivista “Cronache
sociali”.
Per ordine del card. Schuster, Lazzati accetta poi di candidarsi anche
alle elezioni politiche del 18 aprile 1948 e, eletto, si impegna per tutta
la legislatura lavorando e vivendo a fianco di Dossetti, che a distanza di
anni ne ricorderà tra l’altro la grande assiduità alla preghiera anche
nei giorni più travagliati della vita politica e parlamentare.
Tornato a
Milano, continua l’insegnamento universitario e viene chiamato ad
assumere incarichi impegnativi come la presidenza dei Laureati Cattolici e
poi dell’Istituto Sociale Ambrosiano, finalizzato a promuovere un
processo di formazione socio-politica dei cattolici. Dal 1961 al 1964 è
chiamato a dirigere il quotidiano cattolico “L’Italia” e subito dopo
diventa presidente diocesano dell’Azione Cattolica. Dopo essere stato
per tre anni preside della Facoltà di Lettere, nel 1968 Lazzati fu
quindi nominato rettore dell’Università Cattolica, incarico che
mantenne fino al 1983.
I molti differenti incarichi, che hanno portato Lazzati a impegnarsi in
numerosi campi, hanno però sempre convissuto con il suo costante dialogo
formativo con i giovani e con i fedeli laici fino alla promozione nel
1985, quando era ormai malato, dell’associazione “Città
dell’Uomo”.
Lazzati morì il 18 maggio 1986, giorno di Pentecoste. Nel suo testamento
spirituale ha scritto: “Amate la Chiesa, mistero di salvezza del mondo
[…] Amatela come vostra madre, con un amore che è fatto di rispetto e
di dedizione, di tenerezza e di operosità. Non via accada mai di sentirla
estranea e di sentirvi a lei estranei; per lei vi sia dolce lavorare e, se
necessario, soffrire”.
Marcello Malpensa e Alessandro Parola, ricercatori dell’Istituto per le
Scienze religiose di Bologna, hanno quindi approfondito i grandi
temi del “pensare politicamente” e della “laicità”, che
insieme rappresentano i pilastri portanti di tutta la riflessione e
dell’insegnamento di Lazzati.
Già negli
incontri di casa Padovani dei primi mesi del 1940 apparve chiara al gruppo
dei giovani professori della Cattolica la necessità della costruzione di
una nuova forma di stato sociale che superasse sia il modello
liberal-borghese sia il modello marxista-collettivista. Per raggiungere
tale fine, Lazzati, allora presidente diocesano della GIAC, attribuiva una
grandissima importanza a un’opera di formazione preliminare
all’impegno politico diretto da sviluppare all’interno dell’Azione
Cattolica.
Dopo la fine della guerra, Lazzati partecipa con il gruppo
dei “professorini” alla fondazione di “Civitas humana”,
associazione che si poneva l’obiettivo di orientare i cattolici ad
aprirsi ai temi della riforma politica e sociale, per una partecipazione
più intensa e diffusa alla vita pubblica e per un’educazione alla
politica. Anche se l’esperienza di “Civitas humana” fu di breve
durata, Lazzati continuò tutta la vita a impegnarsi per educare il mondo
cattolico a un impegno politico coerente e maturo. La nuova associazione
“Città dell’Uomo”, fondata nel 1985 pochi mesi prima della morte,
riprendeva evidentemente, anche nel nome, l’antica esperienza
.
Nel manifesto della nuova iniziativa Lazzati affermava: “Per il
cristiano il fine della politica non è l’instaurazione di uno stato
cristiano retto da leggi cristiane, ma la costruzione di una città – in
senso ampio – in cui si ingeneri il massimo del bene comune e lo
sviluppo pieno della persona. Quest’obiettivo non è una peculiarità
del cristiano, ma di ogni uomo. E, poiché la politica è un’attività
laica, il cristiano che s’impegna in essa non deve farlo in quanto
cristiano […] ma da cristiano, ossia da uomo che, pur guidato dalla
fede, è consapevole di non possedere per questo nessuna specifica
competenza che gli permetta di eludere lo sforzo di mediazione e di
dialogo necessario al raggiungimento dell’unità e del bene comune in
una società pluralista come la nostra”.
Il laico Lazzati, intellettuale, “politico suo malgrado” ed educatore,
fu anzitutto e in modo estremamente profondo uomo di Chiesa. Egli sollecitò
sempre il riconoscimento di un ruolo attivo dei laici all’interno della
Chiesa, intesa come Popolo di Dio e non come corpo diviso tra gerarchia e
laici. Nella Lumen Gentium i Padri conciliari accoglieranno le posizioni
allora molto avanzate di Lazzati e di molti teologi, fra i quali è da
ricordare soprattutto padre Congar.
Per Lazzati continuerà comunque anche dopo il Concilio l’impegno per
far riconoscere concretamente il ruolo dei laici nella Chiesa e per
contribuire a resistere ai diffusi tentativi di “restaurazione”.
Il dott. Oberti ha quindi informato in merito all’avanzamento della
causa di beatificazione di Lazzati. Incaricato, in qualità di
postulatore, di raccogliere tutti gli scritti e tutto quanto è noto in
merito alla biografia e infine di trovare i testimoni della vita di
Lazzati, Oberti ha dedicato tre anni al lavoro di raccolta; nel 1996, dopo
due anni di lavoro dell’apposita Commissione d’inchiesta insediata dal
cardinal Martini che ha consultato i materiali raccolti e ha ascoltato
tutti i testimoni, si è conclusa la sezione milanese. Ventitré scatoloni
sono stati consegnati alla Congregazione per le cause dei santi e una
relazione di 4.500 pagine è stata preparata per essere consegnata alla
commissione di teologi e storici, che fra otto o nove anni – tanto è il
tempo che occorre attendere perché la causa possa essere esaminata -
potrebbero riconoscere l’eroicità delle virtù di Giuseppe Lazzati.
Mauro Innocenti
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