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DICEMBRE 2003

«ANGOSCIATO DAL RISORGERE DEL PATRIOTTISMO»

Domenica 23 Novembre 2003 - da il Domani 

Dopo Nassiriya: «La comunità cristiana non ha annunciato la pace»
Caritas rompe le righe
Don Nicolini prende le distanze da Ruini e da Biffi

di Gianluiigi Pagani

«Vedo i ragazzi morti a Nassiriya. Vedo il ritorno del patriottismo e della fierezza. Vedo la debolezza della co­munità cristiana, che in que­sti giorni pericolosamente non ha annunciato la pace».  
Don Giovanni Nicolini, direttore generale della Caritas diocesana ed esponente di rilievo della Chiesa bolognese, attende l'annuale assemblea delle Caritas parrocchiali per togliersi qualche sassolino dalle scarpe e per testimoniare il suo no incondizionato ad ogni guerra. Ma il suo intervento di ieri mattina a Villa Pallavicini, davanti ad oltre un centinaio di rappresentanti delle Caritas che in ogni parrocchia aiutano i poveri, gli emargi­nati e gli immigrati, va ben oltre la semplice testimonianza, diventando una netta denuncia nei confronti del silenzio della Chiesa sui temi della pace. «Su 63 anni di vita - ha ricordato don Nicolini - ne ho trascorsi 40 fra i preti alla ricerca di una speranza, per noi, per le chiese e per i poveri.
Oggi è un periodo della storia molto difficile, in questo tempo di guerra, di violenza e di grande sopraffazione. Sono infatti molto angosciato da quella che in Iraq sembra una guerra dei ricchi contro i poveri. Sono stato in Africa, a trovare i miei fratelli in un villaggio sull'altipiano dell'Est, dove l'età media è di 21 anni e dove la prospettiva dì durata della vita si ferma a 36. Nelle capanne ho visto grandi foto dei capi del terrorismo islamico internazionale. Sarà un errore, un fraintendimento, ma è proprio così. Loro da un parte, quella dei poveri e degli ultimi, e noi dall'altra parte, quella dei potenti e degli alleati delle grandi nazioni del mondo. Sono molto angosciato anche dalla reinsorgenza del patriottismo in Italia e nella comunità cristiana, che in questi giorni ha annunciato la fierezza ed il sacrificio, ma pericolosamente non ha annunciato la pace! E' preoccupante».
Osservazioni che sono suonate come una critica non solo nei confronti del cardinale Cammillo Ruini, che nel corso dei funerali solenni dei militari italiani caduti a Nassiriya aveva detto "non arretreremo di fronte ai terroristi", ma anche nei confronti dello stesso cardinale Giacomo Biffi che venerdì scorso, celebrando la festa della Patrona dell'Arma dei Carabinieri, ha pronunciato un' o­melia elogiativa dell'impegno dei militari italiani in Iraq.
Difronte a queste prese di posizione della Chiesa ufficiale, Don Nicolini ha testimoniato coraggiosamente il proprio pensiero. «I nostri ragazzi sono morti - ha continuato infatti il sacerdote, che tra l'altro ricopre in Diocesi anche l'importante carica di Vicario Episcopale per il settore della Carità - ma se io fossi stato il loro padre avrei fatto di tutto per non lasciarli andare. Avrei preferito che mio figlio avesse la sua vita qui, nel lavoro, nell'affetto e nella carità. Ma così no! Adesso ne ammazzeranno altri e poi verremmo via. Non abbiamo davanti un tempo bello».
Don Nicolini ha poi ricordato il periodo in cui studiava in Seminario a Roma «quando era da poco morto il grande Papa Giovanni XXIII» e ha ricordato quando venne ucciso J. F. Kennedy e quando, nel 1963, «ci sembrava scoppiata la pace e il Vietnam, a noi giovani dell'Università Cattolica, pareva una sorta di residuato di un'epoca ormai finita». Allora, in oltre un centinaio di studenti .misero le tonache e scesero lentamente dalla loro residenza  fino all'Ambasciata degli Stati Uniti.  
«Senza che le guardie potesse­ro reagire - ha raccontato don Nicolini - entrammo tutti insieme all'interno del cortile, pretendendo di poter parlare con l'ambasciatore per riferirgli il nostro messaggio di pace. Oggi è stata invece riscoperta la guerra e la violenza; questa è veramente roba dà matti».
Ma la soluzione per don Giovanni è molto semplice, e si può attivare solo con la comunione, la riconciliazione la pazienza nei confronti dell'altro con la tessitura paziente della carità quotidiana e degli affetti. «E' tra gli ultimi -ha aggiunto il direttore della Caritas - che vanno cercati i segnali di ottimismo e di pace». Lo stesso tema, scelto per la XIII assemblea diocesana delle Caritas parrocchiali - ossia un versetto della prima lettera ai Corinti di San Paolo Apostolo "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" - è sembrato ai più una chiara provocazione sullo stesso tema .
Don Giovanni ha poi conclu­so il proprio intervento con alcune riflessioni che hanno affascinato l'uditorio presente, a partire dai santi bolognesi Vitale ed Agricola, uno servo e l'altro padrone, che «spesso ho visto insieme nelle ultime settimane nelle lunghe file davanti alla Prefettura di Bologna» per la regolarizzazione del permesso di soggiorno.  
«Più volte - ha rivelato il sacerdote - insieme a tanti immigrati, anch'io mi sono travestito da padrone che dà la­voro a "schiavi" clandestini. Poi, quando finalmente si esce dall'ufficio della Prefettura, una volta ottenuta la regolarizzazione, sia ha voglia di darsi un'abbracciatone. Pazienza se il funzionario ha guardato il mio amico Marcel, il primo che ho aiutato, dicendogli: "Fai un anno di lavoro e poi via". E Marcel mi ha sorriso, mi ha tranquillizzato - lui a me - e io l'ho abbracciato e gli ho detto: "Spero che un giorno tu possa diventare il questore di Bologna"».E sulla legge Bossi-Fini, che doveva essere contro gli immigrati, ha osservato: «Ha invece rappresentato la più grande sanatoria mai vista, con oltre 700mila persone uscite dall'irregolarità. Che meraviglia!».

 

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