COMMENTO AL MESSAGGIO PER GIORNATA
MONDIALE DELLA PACE DI BENEDETTO XVI
"NELLA VERITÀ, LA PACE"
Riportiamo di seguito l’intervento di Maurizio Burcini
effettuato presso la
parrocchia di Santa Caterina del Pilastro, di commento alla lettera di
papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace. Erano presenti,
insieme a Maurizio, un esponente delle Acli e uno di Comunione e
Liberazione.
Pax Christi
nasce e si sviluppa a livello internazionale per annunciare quello che
considera essere il cuore del Vangelo, ossia la pace. La pace però non come
può essere intesa ‘umanamente’, ma appunto la pace di Cristo. “Vi lascio la
pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi.” (Gv 14,27
).
La nostra attenzione è dunque sempre rivolta alle iniziative di pace di ogni
tipo, e il messaggio del papa per la giornata mondiale della pace è per noi
un’occasione speciale per raccogliere indicazioni, spunti, incoraggiamenti,
speranze e continuare con fede nel cammino non facile della pace indicata da
Gesù; non facile perché tutti noi sappiamo che il messaggio radicale
dell’amore è stato rifiutato dall’ istituzione religiosa e
politico-militare, che hanno tentato di annientarlo nel triste epilogo della
croce. E il rifiuto della pace, se è vero che la Bibbia rappresenta un
paradigma della storia di ogni tempo, si ripete anche nel mondo in cui oggi
noi ci troviamo a vivere.
Quest’anno, come gruppo di Pax Christi, abbiamo voluto riflettere sul
messaggio del papa del 1 gennaio in questo modo: prima individualmente, e
poi confrontandoci insieme, per elaborare qualcosa di comunitario, sullo
stile di Lorenzo Milani (che tra l’altro quest’anno è stato scelto come
‘testimonial’ per il nostro calendario 2006 “Nel segno della nonviolenza”).
Ora, ciò che è emerso dal nostro confronto sul messaggio del papa è una
unanime sensazione di perplessità, come quando si attende qualcosa e poi non
la si trova: una sensazione insomma di ‘man-canza di qualcosa’… Forse questo
giudizio, che ci ha trovati tutti concordi, nasce dalla nostra prospettiva
che consideriamo ‘cristiana’. Ossia, inizialmente noi abbiamo considerato
questo messaggio come rivolto alla cristianità, e dunque portatore delle
esigenze più strettamente ‘cristiane’. Ad una lettura più approfondita
appare invece che l’interlocutore scelto dal papa in questa lettera sia
l’intera umanità: dunque siamo di fronte ad un difficile tentativo di
universalizzare al massimo il tema della pace, che cambia un po’ le
prospettive della nostra critica e ci fornisce una particolare chiave di
lettura di questo documento.
Il papa (n.1) si rivolge infatti “a TUTTI gli uomini e a TUTTE le donne del
mondo”. Poi al n.3 dice che “quando l’uomo si lascia illuminare dalla..
verità intraprende quasi NATURALMENTE (=secondo natura) il cammino della
pace” e poco dopo aggiunge per “costruire un mondo veramente più UMANO per
TUTTI gli uomini su TUTTA la terra”. Al n.4 fa appello alla “legge morale
UNIVERSALE scritta nel cuore dell’uomo..”. Al n.5 parlando della menzogna
viene richiamato il libro della Genesi (libro che vede in Adamo e Eva
l’immagine dell’umanità, è il libro universale) e all’Apocalisse (libro del
compimento dell’umanità), e conclude il paragrafo dicendo che “il problema
della verità/menzogna riguarda OGNI uomo e OGNI donna”. Al n. 6 “La pace è
anelito insopprimibile presente nel cuore di OGNI persona, al di là delle
specifiche identità culturali”..”TUTTI gli uomini appartengono ad un’unica e
medesima famiglia” e sono “ACCOMUNATI da uno stesso destino”. Le condizioni
che permettono la pace “diventano facilmente comprensibili ascoltando il
proprio CUORE” (=la legge scritta in ogni uomo/donna in quanto creature di
Dio, non in quanto destinatarie di una rivelazione). Parlando poi di diritto
internazionale UMANITARIO dice che il suo rispetto è “un dovere per TUTTI I
POPOLI” (n.7). Infine c’è il richiamo alla pace come diritto umano, al n.
14: “il diritto alla pace è di OGNI uomo e di ogni popolo”.
Il papa quando allora deve rivolgersi soltanto ai cristiani lo deve fare
espressamente: infatti lo fa al n. 6 (“In particolare il discepolo di
Cristo.”.) al n.11 “è compito di tutti i cattolici” annunciare il Vangelo
della pace.. e nella conclusione, al n.16: “A conclusione di questo
messaggio, vorrei ORA rivolgermi particolarmente ai credenti in Cristo”
richiamando ancora al Vangelo e al comandamento dell’amore.
Ho fatto tutte queste citazioni per dare conferma alla chiave di lettura del
messaggio: il papa sta tentando di parlare della pace all’intera umanità; e
per fare questo non può farlo principalmen-te a partire dal Vangelo, ma
parte dal cuore dell’uomo, cioè non dal piano della rivelazione ma da quello
comune della creazione: ogni uomo è stato creato per la pace, e se ascolta
il suo cuore con purezza di intenti, nella verità (e non nella menzo-gna)
trova l’anelito insopprimibile (n.6), la possibilità della pace; per questo
all’inizio non parla di Cristo, ma usa l’espressione più universale della
“verità della pace”.
«Quale risultato di un ordine disegnato e voluto dall’amore di Dio, la pace
possiede una sua intrinseca e invincibile verità»: direi che è questo il
nucleo centrale del pensiero del papa: il riconoscimento del diritto
naturale impresso dal Creatore come il fondamento dell’esistenza dell’uomo
sulla Terra. (come uomini abbiamo il ‘marchio’ della pace)
Con questa premessa, scorrendo la lettera troviamo affermazioni non nuove
(si tratta di concetti che, a livello ufficiale, risalgono almeno alla Pacem
in Terris di Giovanni XXIII) ma che rappresen-tano la base, il fondamento su
cui sviluppare il tema della pace:
“Tutti gli uomini appartengono ad un’unica e medesima famiglia… (=Non ci
sono più ‘patrie’: l’unica nostra patria è la Terra)
Occorre ricuperare la consapevolezza di essere accomunati da uno stesso
destino…” (6) “La verità della pace… stimola a ricercare e a percorrere le
strade del perdono e della riconciliazione.. (6)
“Quale avvenire di pace sarà mai possibile se si continua a investire nella
produzione di armi e nella ricerca applicata a svilupparne di nuove?
L’auspicio.. è che la Comunità Internazionale sappia ritrovare il coraggio e
la saggezza di rilanciare in maniera convinta e congiunta il disarmo..” (14)
(=la parola ‘disarmo’ ripetuta ben 3 volte)
Insomma, in questa lettera c’è il grosso pregio di creare le condizioni di
base per sviluppare un dialogo sulla pace con l’umanità contemporanea; ma
allo stesso tempo noi vediamo il difetto (che forse per il papa è una
strategia) che a questa base manca ancora la rivelazione più specificamente
evangelica; è questo l’elemento di cui noi, come cristiani, abbiamo sentito
la mancanza. Il tema della pace evangelica cioè non prende forma nella sua
interezza, perché non si parla mai della pace nonviolen-ta di Cristo, che è
per noi il culmine della rivelazione cristiana sulla pace. La parola
nonviolenza proprio non compare. Letto in questa prospettiva, cioè da come
noi intendiamo l’annuncio di Gesù sulla pace, il messaggio non riflette la
luce piena della rivelazione cristiana della nonviolenza, sembra
depotenziato, e alla fine tutto il discorso sembra annacquarsi nelle
esigenze della realpolitik, cioè del ‘mondo’ (inteso in senso giovanneo)
soprattutto in base a ciò che si dice al n. 8.
Ma prima volevo far notare una cosa: al n. 9 e 10 troviamo la condanna
esplicita al terrorismo, ma nel resto del testo non troviamo alcuna condanna
esplicita alla guerra. Come se la pace oggi fosse compromessa solo dal
terrorismo e non dalla guerra convenzionale (quella fatta da eserciti e
soldati). Anzi, da come inizia il n. 7 (in cui si esorta al rispetto del
diritto internazionale) pare che rispettare il diritto umanitario sia per i
popoli un dovere, mentre non c’è l’esortazione al ‘dovere’ dei popoli di
evitare in ogni modo la guerra. Cioè, la guerra risulta quasi come un fatto
inevitabile; la guerra è definita ‘tragica’, ma proprio per quest’assenza di
condanna, di orrore, sembra apparire come un fatto tragicamente ‘normale’...
Da questa premessa ne deriva il
passaggio seguente (al n. 8) dove il papa giustifica e apprezza l’impegno
dei soldati, proprio perché, assieme alle Organizza-zioni Internazionali, si
sforzano di applicare il diritto interna-zionale; i membri dell’esercito al
servizio della Patria, devono inoltre considerarsi “ministri della sicurezza
e della libertà dei popoli”.
Per Pax Christi qui arriviamo proprio al nodo dell’elaborazione dottrinale
cattolica che va sciolto. Com’è possibile conciliare l’esortazione al
disarmo, la condanna dell’aumento delle spese militari e della produzione e
commercio delle armi, la ricerca applicata a svilupparne delle nuove (15), e
contemporaneamente ringraziare coloro che sono addestrati per utilizzare
queste armi, e addirittura dar loro l’appellativo di ‘ministri della
sicurezza e della libertà’?
Ministri della pace sono considerati anche gli Ordinari militari e i
cappellani militari, cioè sacerdoti il cui compito specifico è l’assistenza
ai soldati di un esercito nazionale, nel quale sono inseriti a pieno titolo
(vedi gradi, carriera, stipendio..).
Ci avrebbe rallegrato una presa di posizione netta contro la dottrina della
guerra giusta (che ha accompagnato la chiesa per tanti anni ma che oggi,
sotto le prospettive nuove della guerra nucleare, appare come non mai
anacronistica). Noi avremmo voluto che fosse ripreso, sviluppato, quel grido
di Giovanni Paolo II, nel marzo del 2003: “Mai più la guerra!”; o quanto
viene detto nel Catechismo degli adulti della CEI: “La guerra è il mezzo più
barbaro e più inefficace per risolvere i conflitti. Si dovrebbe togliere ai
singoli stati il diritto di farsi giustizia da soli con la forza, come è
stato tolto ai privati cittadini e alle comunità intermedie” (=eserciti
cittadini o regionali).
Al di là dell’immane sviluppo distruttivo delle armi atomiche, la pace
cristiana non può essere una difesa armata, perché Gesù non si è voluto
difendere con le armi. Se la verità è Gesù, la “pace nella verità” di cui
parla il papa non va cercata nei ragionamenti umani, in formulazioni
teoriche (come quelle che storicamente hanno portato a elaborare il
principio della guerra giusta) ma va cercata nel messaggio di Gesù che è di
assoluta nonviolenza, fino ad accettare la violenza estrema su di sé: la
morte. Noi vediamo questa equivalenza: pace>Gesù>nonviolenza, in modo
radicale. Il resto sono discorsi umani, dettati cioè dalla logica umana che
non è la logica di Dio.
La pace non può essere “vera” se accettiamo che sia difesa con le armi,
poiché le armi uccidono persone, uccidono nostri fratelli in Dio: dove va a
finire allora la verità di quell’affermazione del punto 6 che all’inizio
avevo sottolineato: “Tutti gli uomini appartengono ad un’unica e medesima
famiglia… Occorre ricuperare la consapevolezza di essere accomunati da uno
stesso destino…La verità della pace… stimola a ricercare e a percorrere le
strade del perdono e della riconciliazione”. (6)?
E dov’è la verità dell’altra affermazione sull’auspicio al disarmo se
abbiamo ancora una concezione di pace intesa come difesa armata? E’ chiaro
che la ricerca di nuove armi aumenterà, perché fa parte della logica
dell’ordine attuale; ci sentiremo sempre minacciati dai nemici della nostra
pace, del nostro ‘ordine’, e dunque continueremo a sposare la logica del
mondo, che è altro dalla fiducia nel messaggio di Cristo, alla fine
relegato, anche se la coscienza si vergogna di esprimerlo a parole, nel
piano dell’utopia. Noi invece crediamo che l’utopia oggi sia quella di
affidare le sorti del mondo ad una pace vestita con abiti militari; noi
crediamo che questa strada, che dalla clava ha portato alle armi nucleari, è
la strada che ci porta alla distruzione del mondo, e che l’unica alternativa
è la via evangelica della nonviolenza, che però la chiesa ufficiale non ha
ancora assunto come propria. Ma in questo modo, anziché conformare la storia
umana all’ordine divino (come ci viene indicato al n. 4) stiamo conformando
l’ordine divino alla storia umana.
Se rimaniamo all’interno della vecchia logica, facilmente crediamo di dare
noi i contorni della verità, anche della verità della pace. E’ un’operazione
pericolosa, questa, perché ci porta a credere che la verità della pace sia
come noi l’abbiamo capita, e non come Dio ce l’ha rivelata. Io, se devo
essere sincero, fatico a vedere la piena verità della pace nonviolenta, così
come immagino abbiano faticato i discepoli a capire e accettare il senso del
loro Messia inchiodato e morente. Ma quella è la verità che ci ha rivelato
Dio, e noi dobbiamo spingere la nostra ragione in uno spazio nuovo, che è
quello della fede come abbandono delle sicurezze umane. Dio ci chiede di
aver fede in una pace che si ottiene solo con la nonviolenza, cioè con la
disponibilità ad offrire per amore la propria vita, ma mai toglierla agli
altri. Tutto questo ci richiede umiltà, cioè l’inchinarci davanti ad una
verità che noi non possediamo totalmente e mai lo potremo (in termini ‘razionali’).
E per ricordare un santo caro a Papa Benedetto XVI, sant’Agostino, come il
bicchiere non può pretendere di contenere il mare, così la nostra mente non
può pretendere di contenere tutta la verità. Il problema – e questo vale per
ogni religione – è nel credersi possessori della verità anziché posseduti
dalla verità, che ci trascende sempre nel suo mistero. Un mistero che però,
attraverso Cristo, si rivela, consegnandoci anche delle certezze: di non
avere paura di credere nelle sue parole, anche se umanamente ci appaiono
come follia.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a
voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”
Maurizio B.