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Ciao Francesca

Commento al messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di papa Benedetto XVI "Nella verità, la pace"

I prossimi appuntamenti e altro...

 

 

FEBBRAIO 2006

UNA LETTERA AD AVVENIRE

Riportiamo qui di seguito l’intervento di Bernardo, che ha inviato ad Avvenire (ovviamente non pubblicato come, a suo tempo non lo aveva fatto per la nota inviata da Pax Christi Italia) a seguito dell’ articolo apparso su Avvenire del 5 agosto 2005  a firma del Sig. Parsi, che sostanzialmente appoggiava l’intervento armato delle truppe italiane in Irak

Gentile prof. Parsi,

 ho avuto modo di conoscerla attraverso alcuni suoi testi, articoli e conferenze. Rientrando in Italia a settembre dopo due mesi trascorsi a Bruxelles, ho avuto modo di leggere un suo articolo del 5 agosto sulle Forze Armate italiane. L'ho visto perché è stato ripreso da Pax Christi Italia che lo ha ritenuto un articolo non consono a un quotidiano come Avvenire. Osservazioni che condivido, considerato anche il tono proclamativo dell'articolo stesso. Come ricercatore orientato all'azione, però, vorrei risponderle nel merito, attenendomi quindi solo all'analisi di quello che lei ha scritto. La mia critica verte su sei punti.
1. Quando dice "...sono molti i teatri operativi che in questi anni hanno visto i nostri militari ottimamente comportarsi: dall'Africa..." non afferma una cosa vera. I militari italiani in Somalia, nella missione del '92, si sono distinti per lo scandalo delle torture, sono ancora davanti agli occhi dei più le immagini dei soldati italiani che torturano ai genitali alcuni somali con dei fili elettrici.  E qui si aprirebbe un lungo discorso sul problema della formazione al peacekeeping.
2. "Biglietto da visita del Paese, sempre hanno sostenuto il prestigio e l'immagine della nazione". Nel caso citato sopra non si può dire questo. E' di difficile analisi anche quello che sta succedendo in Iraq (visto anche il caso recente dell'esercito inglese che sembrava in buoni rapporti con la popolazione). Poi, probabilmente, è meglio dire "un biglietto da visita e non "il". Visto che anche missionari, volontari, serviziocivilisti, sportivi e onesti immigrati fanno la loro parte.
3. "...in grado di operare a fianco dei migliori eserciti del mondo...". Anche i generali italiani sanno che non è così. L'Italia è preparata solo per alcuni tipi di missione, di peacebuilding e in parte di peacekeeping, e anche su questi deve evolversi, se no sarà superata dalla maggior parte dei paesi dell'Europa occidentale che stanno cambiando seguendo le trasformazioni delle politiche dell'UE, in primis l'uso dei corpi civili di pace per vari tipi di missione (in alternativa o affiancati ai militari). In tutti gli altri tipi di missione, l'Italia non è al pari dei migliori eserciti del mondo, anche se, purtroppo, sta investendo molto in questa direzione. Dico purtroppo perché spreca risorse per andare dove non può arrivare invece di aggiornarsi in ciò che già sa fare.
4. Anche rispetto all'umanità, solidarietà e all'apprezzamento delle popolazioni che lei cita, non porta a supporto di queste affermazioni nessun esempio. In Albania magari è vero. Ma in altre parti, come dicevo prima dell'Iraq, non sembra così chiaro.
5. Sui "fronti di pace", inoltre, ci sarebbe da discutere. In Iraq le forze statunitensi continuano a bombardare, ad assediare città e a morire. Anche il sud del Paese non sembra stare meglio, anche se si presenta come la zona più "tranquilla". Lo si può chiamare "fronte di pace" con tanta disinvoltura? Si può dire "in nessun modo possono essere considerate diverse dalle altre [missioni]...?"
6. Nel suo articolo individua poi tre tipi d’intervento italiano, di cui il terzo è definito di "obiettivi sistemici".  Questo "carattere strategico" in cosa sussiste? Nel garantire la pace? Ormai sembra chiaro anche alla maggior parte degli analisti americani di Relazioni Internazionali che la guerra in Iraq ha alimentato e non ridotto il fenomeno del "terrorismo globale". E allora, quali sono questi sistemi e quali le strategie?                                                                                                     Cordialmente,   Bernardo V.

 

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