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IN QUESTO NUMERO

Ponti e non Muri

Chiesa - Esercito - Missione

A te...che ti sforzi di dirigere i tuoi passi sulle strade difficili della pace...

Parlano di pace con i soldi dei «mercanti di morte»

Ritornino i bisognosi

La dittatura è alle porte. Fermiamola!!!

I prossimi appuntamenti e altro...

 

GENNAIO 2005

IL GRANDE ABBRACCIO DI ALLAH

Da Messaggero Cappuccino
Bimestrale d’informazione dei cappuccini bolognesi-romagnoli

gennaio-febbraio 2005 anno XLIX

L’identità islamica è il rispetto dell’uomo che agisce secondo coscienza

di Omar DaniIo Speranza Presidente dell’Associazione Musulmani Italiani

 

·         Punti interrogativi

“Dialogo” è una parola meravigliosa che, tuttavia, nasconde al suo interno molti punti interrogativi. Il primo è se le persone che dialogano danno lo stesso valore a questa parola; il secondo è se la persona che instaura il dialogo ha un’idea, anche approssimata, della persona con la quale si sta rapportando; il terzo è se ha consapevolezza delle proprie intenzioni, le quali non devono nascondere “muri” che agiscano in maniera nascosta nel suo inconscio; il quarto è se il dialogo si svolge con chiari e comuni intenti di comunicazione. Nell’Onorevole Corano è fondamen­tale che il dialogo avvenga tra creden­ti in un Unico Dio. Nel caso di incontro con un non credente, è obbligo di colui che crede in Allah informare l’altro dell’esistenza dell’Unico Dio e vigilare sulla sua incolumità assicurandosi che venga accompagnato sino ai confini del proprio paese. Tra i credenti vige la regola dell’agire secondo coscienza; per dialogare davvero, inoltre, bisogna tener conto del livello culturale e sociale delle persone. Un altro insegnamento fondamentale dell’islam è che i veri credenti non potranno mai essere d’accordo su cose sbagliate. Di certo tutti gli esseri alla ricerca di Dio, se sono puri nella coscienza, sono sinceramente convinti del “loro” giusto che a volte, anzi molto spesso, non coincide con il giusto altrui. È per questo che il Corano obbliga al rispetto di ogni essere, credente o non credente, che agisca secondo la propria coscienza.
Nella vita pratica è basilare per i musulmani la convinzione che ogni ricorrenza, festa, rito o commemora­zione, sia giusta e. quindi, da rispettare, perché si tratta comunque dell’in­no d’amore innalzato dal credente di ogni religione al suo Dio, chiamato God, Dìo,AIIoh, EI,Yhwh, Elohim, nomi diversi pronunciati in lingue diverse ma indicanti Io stesso Infinito, Io stesso Assoluto.

 ·         Dialogare sempre

In definitiva i veri musulmani dovreb­bero dialogare sempre e comunque. Non includo tra loro gli integralisti poiché, essendo stati opportunamente ammaestrati” a rigidi schemi men­tali per poter essere gestiti da chi manovra politicamente per il potere, non possono. “per ignoranza”, essere propensi a nessun tipo di dialogo. Dei terroristi non ne parlo nemmeno, perché non sono musulmani, nè fanno parte in alcun modo dell’islam, visto che il loro intento è distruggere pae­si, convivenza e pace fra i popoli Riteniamo attuabile e utile il dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani poiché tutti “credenti”, cioè esseri che sono consapevoli dell’unità della creazione dell’unico Creatore, che concede a tutti la diversità come simbolo della libertà da lui voluta per le sue creature. In comune ci sono talmente tante cose che ci vorrebbe un libro intero per raccontarle tutte.
Un’affinità importante riguarda il grande rispetto che l’islam ha per Mariam (la Vergine Maria ) e Isa (Gesù), come pure per i libri sacri degli ebrei (Torah) e dei cristiani (Vangeli). Altre somiglianze riguardano il modo umano di percepire, sentire, parlare e, quindi, pregare un unico Dio, il credere nel giorno dei giudizio, nella vita eterna, nel paradiso, negli angeli, nell’inferno e nei demoni; e infine l’amore e l’obbedienza nei riguardi di Dio.

In Italia esistono concrete difficoltà nel dialogo tra cristiani e musulmani, non certo per colpa della Chiesa — e questo lo dice un musulmano — ma per il fatto che non esistono rappresentanti reali o che siano veramente rappresentativi dell’enorme varietà di quel mosaico così vasto e diversifica­to che è l’islam in Italia.

 ·         La guerra santa senza armi

Gli impedimenti ad un rispetto reciproco e, di conseguenza, al dialogo derivano dall’ignoranza che separa tra di loro i musulmani, e questi ultimi dai credenti di altre confessioni religiose. Le comunità dei musulmani esitano ad accettare un esponente che parli in “loro” nome. Ma in nome di chi? Come Presidente dell’Associazione Musulmani Italiani (AMI) sto lavorando per ottenere un riconoscimento da parte dei paesi islamici e dei capi di governo ricono­sciuti dal mondo islamico. La mia azione in questo senso è motivata dal fatto che, nel variegato mondo che si chiama “Islam”, anche un buon musulmano si perde. In verità, non si perderà mai se legge e cerca nel Corano la Voce di Allah (Lode a Lui) che parla al suo cuore e a quello di ogni uomo, ma ... se ascolta le parole di altri che leggono per lui, sostituendosi alla sua mente ed al suo cuore, allora sì che si perde!
Dico questo perché in Italia, cosi come in molti altri paesi, anche un praticante di qualsiasi livello culturale può proclamarsi “imam”. Con ciò non voglio esprimere mancanza di riguardo verso alcuna persona, nè verso determinate categorie sociali, professioni o mestieri; ma credo che ognuno, per rispetto di se stesso e di ciò che afferma, debba avere prima di tutto rispetto per gli altri. E gli altri si rispettano quando ognuno agisce in conformità con ciò che è: il macellaio vende la carne, il falegname i mobili, il giornalista scrive il suo articolo, il prete parla di Cristo, l’imam del Corano... Ma chi può dire di essere un “imam”? Quale autorità religiosa lo ha riconosciuto tale? In quale paese? A quale gruppo o comunità appartie­ne? Di che importanza e di quanti membri è composta?
L’islam si compone di varie scuole di pensiero. La prima grande divisione è tra sunniti e sciiti. Dopodiché esistono i cosiddetti scismatici, anche se molti di essi non possono essere considerati in questo modo, visto che alcuni vantano una discendenza diret­ta dal Profeta (per esempio gli hascemiti che sono i “nobili” designati dal Profeta stesso come guardiani dei luoghi sacri). Bisogna inoltre considerare che non tutti gli arabi sono musulmani. Solo in Egitto sono pre­senti dieci milioni di cristiani, in Iran esistono le chiese precalcedonesi. ed in tutto il mondo le diverse comunità religiose convivono da millenni in maniera abbastanza pacifica.
Ciò che si è voluto accadesse in Palestina è solo politica, potere, denaro; e ciò che avviene per colpa dei fanatici religiosi — che non rappresentano le religioni — è ugualmente politica, potere e denaro. Possiamo dire, quindi, che non esiste scontro di culture e di religioni. Se una guerra la vogliamo fare, facciamola insieme, ma contro l’ignoranza e senza nessuna arma.

 

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