IN QUESTO NUMERO:
Sudafrica
contro multinazionali
Centenario
della nascita di Lanza del Vasto
Incontro su
Lazzati
Padre
Lorenzetti e "Vangelo e Nonviolenza"
Naufraghi su
questa terra?
Campo
"VANGELO E NONVIOLENZA"
Leggete,
leggete, leggete...
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MAGGIO 2001
TRECENTOMlLA AFRICANI ACCOLGONO I 300 DI
ANCHIO A BUKAVU
Bukavu, successo dei pacifisti
"Un
risultato positivo che sarà ricordato come un fatto storico anche dalle generazioni
future".
Così don A1bino Bizzotto, uno dei promotori dell'iniziativa "Anch'io a
Bukavu", ha commentato la marcia che ha portato nella Repubblica democratica del
Congo 300 pacifisti. In seguito allarrivo a Butembo del drappello italiano, Jean
Pierre Bemba, luomo forte della ribellione filo-ugandese nel Nord Kivu, si è
impegnato a ritirare tutti i militari dislocati a Kiondo, Musienene e Maboyai. Bemba ha
anche invitato i sacerdoti costretti alla fuga dai ribelli a rientrare nelle proprie
parrocchie. I 300 osservatori sono stati accolti da 200.000 persone in festa. "I
pacifisti" ha detto il ministro Lamberto Dini al rientro dei partecipanti,
"sono riusciti ad avviare il dialogo a livello di massa e di società civile. Proprio
in virtù di questo successo lItalia dovrebbe adesso farsi "apripista" in
Europa per un iniziativa di pace in Congo". La marcia è stata organizzata
allinizio di marzo da Beati i costruttori di pace, Chiama lAfrica,
Associazione Papa Giovanni XXIII.
JESUS/aprile 2001
24 febbraio - 4 marzo 2001: azione nonviolenta
internazionale promossa da Beati i costruttori di pace, Operazione Colomba e
Chiama l'Africa.. Bukavu è la capitale del Sud-Kivu, una delle regioni del Congo.
Trecento operatori di pace hanno incontrato trecentomila persone, per testimoniare
l'urgenza della pace per le popolazioni civili coinvolte nella prima guerra continentale
africana, che vede protagonisti gli eserciti dei paesi che attorniano il Congo.
Sul ruolo di questi eserciti nella complessa situazione politico-militare del Congo si
possono avere diverse opinioni, ma una cosa è certa: nessun esercito crea la pace e le
ricchezze minerarie del Congo hanno scatenato lotte di interessi all'intero e all'esterno
del Paese.
Doverano i giornalisti?
A cura di Gabriele Colleoni
A Bukavu non c'erano loro. Loro chi? Ma i media dell'era della
globalizzazione che ti porta il mondo in casa, i profeti del "tempo reale"
capaci di collocarti nel centro di ogni evento.
Quei media pronti negli stessi giorni di intasare di inviati e contro-inviati la cittadina
di Sanremo - insieme al tempo e alla sopportazione dei cittadini. No, ma a Bukavu no. Qui,
al contrario del festival
canoro, è valsa la massima che il silenzio era d'oro.
In realtà, quel silenzio (o omertà? visto che il sipario calato sull'Africa di oggi ha
un putrido odore di morte), qualcuno ha voluto coraggiosamente romperlo ("Famiglia
Cristiana" tanto per citare un nome).
Forse attendevano - cinismo del mestiere; nelle redazioni si dice: ma a chi vuoi
interessino quei quattro matti (erano comunque 300) con le bandiere arcobaleno - che ci
scappasse il morto. Come fu, ricordate, per la Bosnia o il Kosovo. Alla fine il tributo di
sangue mise in chiaro che accanto alle varie Ifor, Sfor, Kfor e via marciando, c'era anche
un "esercito" di volontari impegnati in un oscuro, ma concreto lavoro di
testimonianza, di solidarietà e di ricostruzione a tutti i livelli.
Fosse stato un esiguo manipolo di parà supertecnologicamente armati, sai che notizia da
titolone in prima pagina o di apertura del tg, con tanto di bandierine da collocare sulla
mappa degli interventi militar-umanitari così di moda oggi...
Magari - a qualcuno sarà scappato pure di dire - quei disarmati pellegrini della pace
dovevano mettersi sotto altre bandiere o avere altri sponsor per dare alla loro
"diplomazia dal basso" nonviolenta un'enfasi diversa ed aspirare alle luci della
ribalta mediatica.
Poco importa se "l'avventura" dei Beati i Costruttori e di Chiama !'Africa in
quel "cuore di tenebra" del continente abbandonato alla sua deriva aveva le
"stimmate" di evento originale e straordinario. O almeno i crismi di una di
quelle "storie" di cui i media dicono di essere aftamati.
Ne si può imputare all'iniziativa di non aver fatto il possibile per non passare
inosservata. L 'ufficio pubbliche relazioni ha fatto il suo dovere.
Non tanto per ottenere "legittimazione" (innecessaria ai fini che il gesto si
proponeva), quanto per ricordare a un Paese abituato a guardare il proprio ombelico salvo
poi sorprendersi di stragi ed esodi
biblici, che l'Africa e i drammi (e le speranze) delle sue genti esistono ancora, a
prescindere dall'attenzione dei media.
E chiedono disperatamente di non essere dimenticati.
Una ragione - questa - sufficiente per non rassegnarsi ostinatamente al cinismo di chi
chiede: "Quante divisioni hanno i nonviolenti?", anche se subito dopo è pronto
a chiedere farisaicamente: "ma dov'erano i pacifisti?".
Erano a Bukavu. E noi giornalisti?
(Tratto da Azione non violenta n. 4/2001)
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