IN QUESTO NUMERO
Pace o videogames
I campioni del rosario si affidano a Maria
Ai responsabili dell'Associazione Pax Christi di Bologna
La guerra delle oligarchie
Un premier i suoi fantasmi
Comunicato conclusivo dell'assemblea annuale di Pax Christi Italia
Uomo della sua Chiesa, finalmente. I vescovi si accorgono di don Tonino
Mons. Nogaro ricorda...
I prossimi appuntamenti e altro...
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MAGGIO 2003
CRISI NEL GOLFO O NEL CUORE?
Dieci anni
fa, stroncato da un tumore dopo la marcia a Seraievo, moriva don Tonino. Un
maestro per molti … non per tutti purtroppo.
Una cometa che ha rischiarato il cielo della chiesa italiana, dando senso e
significato a una chiesa chinata sui poveri e gli ultimi, ad una chiesa
senza privilegi dove il grembiule può essere un " ornamento
sacro", ad una chiesa annunciatrice e operante per la pace e la
nonviolenza. Lo
ricordiamo con questo scritto del 1990. Le sollecitazioni e le
considerazioni riportate sono ancora oggi di stringente attualità
Come si prevedeva.
Alcuni muri sono caduti, altri si sono
innalzati.
Non abbiamo fatto in tempo a
rallegrarci per lo sfaldarsi degli antichi blocchi contrapposti, che già se
ne sono creati degli altri e, con l'emergere di nuovi equilibri, si sono
evidenziate anche nuove e drammatiche tensioni.
Conclusosi il braccio di ferro tra Est e
Ovest, ecco che i focolai di paura si spostano. Stavolta, protagonisti del
confronto minaccioso sono Nord e Sud della terra.
La crisi del Golfo Persico sta esprimendo un
conflitto in cui l'Occidente industrializzato ridefinisce i suoi rapporti di
forza con un Sud (e quello arabo rappresenta il Sud più rivendicativo in
virtù delle sue risorse energetiche), che chiede di poter uscire da una
collocazione storica di subalternità.
Non
illudiamoci: questo è il vero problema. Mascherato, se vogliamo, con le
ragioni del diritto. Ma, in fondo, il contendere si riduce lì: controllare
le fonti energetiche indispensabili agli interessi vitali delle società
industrializzate, e mantenere tale controllo con la violenza e con la guerra
permanente. Di fronte a questa situazione, come credenti siamo impegnati in
tre direzioni. Anzitutto
dobbiamo far sentire la nostra voce contro la guerra, intesa come mezzo per
risolvere i conflitti. È una illusione tragica continuare a porre la nostra
fiducia nelle armi e nelle strutture belliche. Gli assetti di guerra
ripropongono logiche antievangeliche e quindi disumane. Questo dobbiamo
saperlo dire con forza e ripetere senza tentennamenti. Non lo affermano solo
i credenti in Gesù, ma tutta una schiera di uomini di buona volontà
appartenenti alle più diverse estrazioni culturali e religiose. Unica
garanzia per la sopravvivenza dei popoli oggi è la soluzione
nonviolenta dei conflitti.
In
secondo luogo, dobbiamo far entrare nelle nostre coscienze, mediante lo
studio e la ricerca, tutte le strategie approntate dai metodi della difesa
popolare nonviolenta. Ma, soprattutto, dobbiamo adoperarci perché si alzi
l'indicatore di fiducia nei confronti dell'ONU, in modo tale che tale
organismo diventi il primo embrione di quel «governo mondiale» delle
contraddizioni, da più parti
invocato.
Infine, dobbiamo chiedere alla comunità
internazionale di adottare tutte le necessarie pressioni politiche,
economiche e diplomatiche, per garantire il rispetto della vita e dei più
elementari diritti umani dei Palestinesi. La legittima aspirazione del
popolo palestinese ad avere una sua
terra e un suo Stato, accolta e ratificata solennemente dall'ONU, attende
ancora di essere portata a compimento.
Ci sarebbe da aggiungere un'altra cosa molto
semplice.
Se Gandhi, che non era cristiano, diceva: «La
bomba atomica?
La
sconfiggerei con la preghiera!», noi che di Gesù Cristo ci proclamiamo
discepoli dovremmo forse impallidire per la nostra anemia di invocazione.
Forse la crisi del Golfo non si sblocca perché un pauroso deficit di
preghiera (che non è atteggiamento passivo, ma attitudine a una conversione
concreta di mentalità e di vita) evidenzia una crisi più pericolosa del
cuore.
Di
qui, la decisione forte di non far mancare la nostra preghiera affinché,
cessate le oppressioni sui più deboli, si affermi un mondo nuovo
fondato sulla giustizia, sul rispetto dei diritti umani e sulla difesa
dell'ambiente. E morderemo finalmente il frutto della pace.
Don Tonino Bello
«
E chi mi ascolta? Quando chiedo la parola nelle
periodiche adunanze nazionali della CEI, sento un brusio tra i partecipanti,
come capita con gli interventi di don Bettazzi. C'è una precomprensione
negativa nei nostri confronti, per cui i nostri discorsi non sono accettati,
anzi generano fastidio ».
Povero
don Tonino! Molte persone che ora lo esaltano per la sua scelta
profetica di condividere della vita della gente e specialmente
dei poveri, per la sua capacità di comunicare con tutti in modo
tenero, brillante e poetico, per il suo coraggio nell' additare il grembiule
come parametro liturgico
da aggiungere agli arredi sacri, l'hanno
fatto soffrire quand'era in vita! La sorte del profeta…..
Da
La Chiesa del Grembiule di Don
Savoldi
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