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MAGGIO 2007

«PARROCCHIA DISARMATA» PARROCCHIA, SAI DOVE SONO I TUOI SOLDI?

 

A cura di Don Renato Sacco esponente di Pax Christi e membro della redazione di Mosaico di pace parroco di Cesara, Arola, Nonio, Grassona(Vb) diocesi di Novara

“Le tre riviste (Mosaico di Pace, MissioneOggi e Nigrizia) chiedono che da questo importante Convegno ecclesiale possa arrivare l’invito a diocesi, parrocchie, istituti religiosi e missionari, associazioni, movimenti, suore, sacerdoti, laici a scegliere con maggior oculatezza la banca presso cui depositare i risparmi o alle quali chiedere contributi per finanziare le diverse iniziative”. Si concludeva così la lettera-appello inviata al Convegno nazionale della Chiesa italiana a Verona, lo scorso mese di ottobre. “Da sei anni queste riviste - continuava l’appello - hanno promosso una Campagna di pressione verso le banche che prestano i propri servizi per il commercio di armi. Molti risparmiatori hanno scritto alle proprie banche e, in risposta, diversi e importanti Istituti bancari hanno via via assunto l’impegno di non fornire, totalmente o in parte, servizi d’appoggio al commercio di armi.” Da Verona, a dire il vero, non sono giunti molti segnali di risposta…

Ma come funziona nelle parrocchie, diocesi, istituti religiosi la gestione del denaro? E le parrocchie sanno dove viene depositato il proprio denaro? “Pecunia non olet!” - ricorderà qualcuno. “L’importante è che la parrocchia abbia i soldi necessari per le proprie opere: l’oratorio, i ragazzi, il tetto della chiesa, le varie spese, le opere di carità. Il resto non è importante”. Succede inoltre – come già si diceva nel lanciare la Campagna “banche armate” nel dicembre 1999 alla vigilia del Giubileo, che “spesso le banche si rivolgono alle parrocchie offrendo condizioni particolarmente favorevoli”. “Non possiamo accettare il criterio – continuava l’appello - che avendo dei soldi li dobbiamo far fruttare al meglio senza interrogarci sulle specifiche modalità di impiego”.

 CODICE ETICO PER LE PARROCCHIE

Perché non togliere quel “velo” di pudore e omertà che spesso accompagna l’uso del denaro anche all’interno della Chiesa? Credo sia giunto il momento, anche per le istituzioni ecclesiali, di dotarsi di criteri etici nella scelta della banca cosi come diverse amministrazione pubbliche stanno facendo su impulso della Campagna “Tesorerie disarmate”.

Chi scrive è parroco di quattro parrocchie nella diocesi di Novara. Già ai tempi dell’ apartheid in Sudafrica avevamo tolto i soldi dalle banche coinvolte con il regime di Pretoria. La stessa cosa, da qualche anno, è stata fatta nei confronti delle “banche armate”. Prima abbiamo scritto. Poi, di fronte a risposte evasive, nonostante i dati ufficiali della Relazione del governo, abbiamo chiuso i quattro conti correnti delle parrocchie.

Certo, il direttore sì è molto dispiaciuto, ha telefonato a casa, ecc. È la conferma che ognuno, in questo campo ha una grande responsabilità. Se vogliamo incidere sul commercio delle armi non dobbiamo limitarci a chiedere l’impegno dei “grandi”, dei politici, dei banchieri. Ognuno, anche la parrocchia più piccola, può svolgere un ruolo con un contributo vitale. Senza aspettare che sia la Cei o i grandi istituti a fare i primi passi. Certo sarebbe auspicabile che iniziassero loro! Ma spesso occorre che qualcuno rompa quel ghiaccio che sembra essersi incrinato in altri settori, ma non ancora in quello ecclesiale.

Non dimentichiamo che l’Italia esporta quasi la metà delle armi a Paesi del Sud del mondo. E siamo al 7° posto mondiale per la spesa militare, con una spesa pro capite di 468 euro all’anno. Un impegno, quindi, che non si può più rimandare, se non vogliamo essere complici di un mondo sempre più armato.

Vorrei concludere con le parole di papa Benedetto XVI per la Giornata della pace degli anni scorsi: “Quale avvenire di pace sarà mai possibile, se si continua a investire nella produzione di armi e nella ricerca applicata a svilupparne di nuove?” (2006); “Dinanzi agli sconvolgenti scenari di questi ultimi anni, gli Stati non possono non avvertire la necessità di darsi delle regole più chiare, capaci di contrastare efficacemente la drammatica deriva a cui stiamo assistendo. La guerra rappresenta sempre un insuccesso per la comunità internazionale ed una grave perdita di umanità” (2007).

Don Renato Sacco

 

 

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