C'era una volta un povero spaccapietre che col sole o con la pioggia
passava la giornata a spezzar sassi sul ciglio della strada. " Ah, se potessi
essere un gran signore ", pensò un giorno, " mi riposerei
finalmente ". C'era per aria un Genio, che lo Udì: " Sia esaudito
il tuo desiderio! ", gli disse.
Detto fatto. Il povero spacca pietre si trovò di colpo in un bel palazzo, servito da uno
stuolo di domestici. Poteva riposare a suo agio...Ma un giorno lo spacca pietre ebbe
l'idea di levar gli occhi al cielo, e vide ciò che forse non aveva guardato mai; il Sole!
" Ah, se potessi diventare il Sole! ", sospirò. "
Non avrei neppure il fastidio di vedermi intorno tutti quei domestici ". Anche
questa volta il Genio buono lo volle far contento; " Sia come vuoi! ",
gli disse. Ma quando l'uomo fu diventato il Sole, ecco che una nube venne a passargli
innanzi, offuscando il suo splendore. " Potessi essere una nuvola! ",
pensò. " Una nuvola è persino più potente del Sole ". Ma
esaudito che fu, soffiò il Vento, che ridusse a brandelli le nuvole nel cielo.
"Vorrei essere il Vento che travolge ogni cosa! " E il Genio
compiacente di nuovo lo esaudì: Ma, divenuto Vento impetuoso e violento, incontrò la
Montagna che resiste anche al Vento. Trasformato in Montagna, si accorse che qualcuno gli
spezzava la base a colpi di piccone. " Ah, poter esser quello che spezza le
montagne! " E per l'ultima volta, il Genio lo esaudì:
Così lo spaccapietre si ritrovò di nuovo sul ciglio della strada nella sua prima forma
di umile operaio. Ne' mai d'allora in poi si lagnò più.
Questa fiaba cinese è un intelligente invito a saper
valorizzare quanto siamo, quanto abbiamo, un invito alla sobrietà. Mai come oggi, ci pare
che questa parola debba essere messa nel nostro vocabolario di cristiani, nel nostro
vocabolario di persone a cui stà a cuore la salvaguardia del creato.
Tutto, nel regno del consumismo, cospira contro la sobrietà. I grandi centri commerciali,
non sono soltanto spazi per gli acquisti, ma luoghi di culto dell'ultima religione del
nostro tempo. Sono "cattedrali" e 10 shopping e' un "pellegrinaggio".
AI fine di attirare masse sempre più ampie di consumatori, queste cattedrali del consumo
cercano di offrire, un numero sempre maggiore di scenari magici, fantastici e incantati in
cui fare gli acquisti,. Un addetto al nuovo McDonald's aperto a Mosca ne parlava .come un
luogo dove sperimentare una "gioia celestiale". Megalibrerie come Barnes and
Noble e sono state definite "cattedrali della parola stampata". Dei centri
commerciali s'è detto che sono luoghi dove la gente va a praticare la "religione del
consumo", Non a caso le imprese commerciali e finanziarie, puntano molto
sull'ambientazione per esaudire il bisogno popolare di esser contatto con gli altri (da
qui gli spazi dove svagarsi) e con la natura {alberi, piante,fiori). Per di più l'assalto
alla apertura domenicale ha messo in crisi il giorno che per antonomasia era dedicato alla
religione e alla famiglia. Il nostro stile di vita, basato sul consumismo crea continui
paradossi. Non sappiamo più riconoscere l'essenziale, nella fede come nella vita di tutti
i giorni. E proprio il superfluo finisce per sembrare la cosa più importante.
In tutto il mondo circa tre miliardi di persone vivono in povertà assoluta Per contro il
20% della popolazione mondiale vive nello spreco più sfrenato.
Fino a qualche tempo fa, si pensava, che per risolvere gli squilibri
mondiali dovevamo sforzarci di portare tutti gli abitanti della Terra al nostro stesso
tenore di vita. Poi questo obiettivo è stato abbandonato perche è risultato evidente che
questa proposta non è sostenibile. Difatti non si concilia con le capacità della Terra
nè di fornire risorse, nè di assorbire tutti i rifiuti che verrebbero prodotti. Noi del
Nord rappresentiamo appena circa il 20% della popolazione mondiale. Eppure consumiamo
1'80% delle risorse della Terra e produciamo circa il 70% dell'anidride carbonica emessa
ogni anno. Dunque, se volessimo garantire ad ogni abitante della Terra il nostro stesso
tenore di vita ci vorrebbero altri cinque pianeti da utilizzare come miniere, come
foreste, come campi e come discariche di rifiuti.
Dunque dobbiamo scegliere. Se decidiamo di proseguire lungo la strada
dello sperpero, condannando l'altro 80% dell'umanità alla miseria perenne. Se invece
vogliamo fare una scelta di giustizia, allora dobbiamo rivedere i nostri consumi. Dobbiamo
cioè, dare spazio nella nostra vita, alla sobrietà. La sobrietà, non solo nel nostro
possedere, ma anche nel dare nel corpo il giusto peso. Mai come negli ultimi anni il corpo
ha assunto esigenze divinizzanti. Sono aumentati a dismisura i centri di bellezza di vario
genere. Le palestre per fare muscoli e tonificare. Le spese dei prodotti di bellezza sono
in aumento in modo impressionante, in particolar modo quelli maschili.
L'imperfezione fisica viene bandita, basta osservare i nasi rifatti di molte donne: son
tutti simili. La sobrietà nella nostra vita rilancia le esigenze spirituali, affettive,
intellettuali, e sociali. La sobrietà impone una scelta di qualità e di quantità. Ogni
volta che ci viene voglia di comprare qualcosa dobbiamo chiederci se cerchiamo di
soddisfare un bisogno vero o un bisogno indotto dalla pubblicità o da altre forme di
condizionamento.
Rispetto ai prodotti utili, si pone un problema di quantità. Mangiamo troppo e
buttiamo via molto; accumuliamo troppi vestiti, usiamo troppo l'automobile. Viviamo in un
sistema che ci invita a consumare sempre di più e a forza di ingozzarci, abbiamo
sforzato, fino a romperli, i meccanismi che ci danno il senso di sazietà. In altre
parole, ci pare di avere sempre "fame" e consumiamo in maniera spropositata.
Così entriamo in un circolo vizioso: mangiamo molto, poi ci mettiamo in dieta, magari
andando in palestra, e semmai consumiamo medicinali per diminuire di peso e ridurre
l'obesità, con tutti i problemi che essa comporta.
Naturalmente non dobbiamo limitarci a rivedere i nostri consumi privati, ma anche
quelli collettivi perché anche fra questi ce ne sono di dannosi e di superflui. Dobbiamo
agire collettivamente per ripristinare il concetto della riparazione degli oggetti. La
trasmissione Reporter (una delle poche novità piacevoli dell'ultimo periodo televisivo)
ha fatto un'inchiesta sui piccoli elettrodomestici, dimostrando che esiste un cartello
delle maggiori ditte, che costruiscono con pezzi, il cui ricambio, viene dato solo in
possesso dei centri specializzati convenzionati (es. con viti particolari introvabili e
che necessitano di cacciaviti non in comune commercio).
Dunque, se vogliamo riportare i nostri consumi entro i limiti della ragionevolezza,
dobbiamo ripristinare i meccanismi che ci consentono di riconoscere quali sono i nostri
bisogni e quando abbiamo consumato abbastanza da averli soddisfatti. Un esempio tipico è
il boom dei telefonini e dell'uso che ne viene fatto. Ormai tutti gli adolescenti ne
possiedono uno, ci si telefona anche per descrivere i prodotti del supermercato.
Il discorso sui bisogni non è facile, perché non esiste un criterio scientifico per
definirne la misura. In effetti, il concetto di bisogno varia molto da gruppo a gruppo e,
addirittura, da individuo ad individuo, perché dipende dalla disponibilità di risorse e
dalla concezione culturale. Nella nostra società occidentale il modello consumista, ha
attecchito particolarmente bene perché il potere ci fa credere che la nostra felicità
passa solo attraverso l'avere. Molte volte anche i cristiani non sfuggono all'attaccamento
all'avere e la carità diventa qualcosa di secondario: solo quando tutto il resto è al
sicuro! Solo quando l'avere è ben assicurato (e non 10 è mai abbastanza) diventa
possibile donare un po' di quello che gli avanza. AI riguardo, pare significativo, il
deludente bilancio finanziario della campagna dei Vescovi" Tu in azione" a
favore della riduzione del Debito Estero di alcuni paesi Africani (Guinea e Zambia). Dei
100 miliardi che la CEI prevedeva di raccogliere, pare ne siano arrivati meno di trenta.
Il discorso sulla sobrietà dovrebbe coinvolgere la comunità cristiana e le sue
istituzioni e tutti i campi in cui essa opera. Dalla priorità delle attività nelle
parrocchie, alla carità, al come vivere i sacramenti, alle feste, fin alla liturgia.
Spesso certe celebrazioni, assomigliano più a delle rappresentazioni teatrali, che
momenti di fede,
"In ogni parrocchia si può proporre una modifica degli stili di vita e dei consumi,
partendo da gesti concreti; rendere più sobrie e comunitarie le feste collegate con la
celebrazione dei sacramenti; qualificare meglio la presentazione delle offerte nella
celebrazione eucaristica, luogo eminente di solidarietà; rivedere i bilanci parrocchiali
e la destinazione di beni e locali nell'ottica della sobrietà e del servizio agli ultimi
ecc. "(Dalla Carta Pastorale della Caritas Italiana),
E come Chiesa dovremmo prender in seria considerazioni le parole del Papa "Bisogna
ricordare ancora una volta il principio tipico della dottrina sociale cristiana; i beni di
questo mondo sono originariamente destinati a tutti. Il diritto alla proprietà privata è
valido e necessario, ma non annulla il valore di tale principio; su di essa, infatti,
grava "un 'ipoteca sociale", cioè vi si riconosce, come qualità intrinseca,
una funzione sociale, fondata e giustificata precisamente sul principio della destinazione
universale dei beni. . .. . .Fa parte dell'insegnamento e della pratica più antica
della Chiesa la convinzione di esser tenuta per vocazione essa stessa, i suoi ministri e
ciascuno dei suoi membri ad alleviare la miseria dei sofferenti, vicini e lontani, non
solo col "superfluo", ma anche col "necessario". Di fronte ai casi di
bisogno, non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e la suppellettile
preziosa del culto divino; al contrario, potrebbe essere obbligatorio alienare questi beni
per dar pane, bevanda, vestito e casa a chi ne è privo. Come si è già notato, ci viene
qui indicata una "gerarchia di valori" - nel quadro del diritto di proprietà
tra I'"avere" e I'"essere", specie quando I'"avere" di
alcuni può risolversi a danno dell'"essere" di tanti altri. "sollicitudo
rei socialis".
dario