PAX CHRISTI

PUNTO PACE BOLOGNA

 

 

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IN QUESTO NUMERO

Perchè un convegno a 40 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II?

Il Concilio, un processo irreversibile

I prossimi appuntamenti e altro...

 

 

NOVEMBRE 2005

RUINI SI ILLUDE: INDIETRO NON SI TORNA

UN CONVEGNO A BOLOGNA SULL'EREDITÀ DEL CONCILIO

22 ottobre 2005: Convegno «A 40 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II»BOLOGNA-ADISTA. Pochi gli eventi finora organizzati, a livello ecclesiale, per ricordare i 40 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. Un'eredità, quella della stagione conciliare, che per la Chiesa sta diventando sempre più "scomoda", specie da quando una parte della gerarchia, in testa il card. Ruini, ha iniziato a promuovere una lettura light del Concilio Vaticano II, sottolineandone i caratteri di continuità rispetto alla Tradizione piuttosto che la carica innovativa e di rottura col passato. La tesi della "discontinuità" prodotta dal Concilio, finora maggioritaria all'interno del mondo cattolico, ha il suo punto di riferi-mento nella monumentale opera sulla storia del Concilio curata da Giuseppe Alberigo, storico della Chiesa e presidente dell'Istituto di Scienze Religiose "Giovanni XXIII" di Bologna (e tra gli esponenti della cosiddetta "officina bolognese", il gruppo di intellettuali formatisi attorno alla figura di Giuseppe Dossetti). Non a caso l'opera di Alberigo nel giugno scorso è stata apertamente criticata dal presidente della Cei e da Avvenire, che ha definito "partigiani" e "ideologici" gli studi sul Concilio del professore bolognese.
È allora assai significativo che un convegno sull'eredità del Concilio sia stato organizzato proprio dal centro di Alberigo (in collaborazione con il Punto pace di Bologna di Pax Christi Italia); e che a questo convegno, svoltosi nella giornata del 22 ottobre, le presenze siano state numerosissime, tante che la sala che era stata predisposta non bastava a contenere i presenti.
Il convegno era articolato in due momenti: nel primo, Alberigo ed il vescovo emerito di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi (che al Concilio ha partecipato alle ultime 3 sessioni, a partire dall'autunno del 1963), hanno ripercorso il contributo fornito dal Concilio al tema della pace. Nella seconda, alcune donne (la teologa Adriana Valerio, la direttrice di Mosaico di Pace Rosa Siciliano, la suora salesiana Mara Borsi, la pastora valdese Janique Perrin, la piccola sorella di Charles de Foucault Rita Irene), si sono invece confrontate sui riflessi che l'evento conciliare ha prodotto su vari aspetti della vita della Chiesa (ecumenismo, questione femminile, ruolo dei laici, approccio ai problemi giovanili), insieme al vescovo di Termoli-Larino e presidente di Pax Christi Italia mons. Tommaso Valentinetti, estremamente prudente, però, nel rispondere alle solleci-tazioni provenienti dalle relatrici e dalla platea.

Le due "anime" del Magistero sui temi della pace
Nella sua relazione, Alberigo ha messo in evidenza come tra i temi in programma al Concilio non fosse stato inizialmente inserito quello della pace. Fu il grande interesse di Giovanni XXIII, unito alla crisi dei missili a Cuba nel 1962, a porre all'attenzione dei padri conciliari la questione della condanna della guerra e della corsa agli armamenti nucleari. Non era cosa da poco, visto che, ha ricordato il professore, la Chiesa "sin dai tempi di Sant'Agostino affermava la liceità della guerra" e che, nell'Antico Testamento, il popolo ebraico è spesso in guerra, "e sempre nel nome di Jahvé". Lo scarto, fortissimo, nel magistero ecclesiale si afferma con l'enciclica Pacem in Terris, in cui il papa definiva la guerra "contraria alla ragione". Una condanna, quella della guerra in sé, che già negli anni appena successivi alla Pacem in Terris non troverà sempre coerente attuazione nell'azione e nella predicazione della Chiesa. Da una parte, infatti, ha ricordato Alberigo, esponenti di punta della Chiesa conciliare continueranno ad approfondire, sulla scia del magistero di Giovanni XXIII, i temi della Pacem in Terris; dall'altra la Chiesa ha però contestualmente continuato a

considerare legittimo, seppure in casi estremi, il ricorso alla guerra. Un'ambiguità che si evidenzia anche nel pontificato di Giovanni Paolo II, durissimo nel condannare, "sulla spinta di un forte e diffuso sentimento popolare", la guerra in Iraq, nonostante in più occasioni, come nel caso dell'intervento della Nato nei Balcani, abbia riaffermato la tesi classica della guerra giusta.
La dialettica che attraversa la Chiesa cattolica sul tema della pace era già presente all'interno del dibattito conciliare. "Quando alla fine del ‘63 iniziai, giovane vescovo ausiliario di Bologna, a partecipare ai lavori del Concilio - ha ricorda-to Bettazzi - trovai i padri conciliari intenti a riflettere proprio sui temi proposti dalla Pacem in Terris e ad elaborare i contenuti di quella che sarebbe divenuta la costituzione Gaudium et Spes. In quei giorni ricordo un accorato intervento dell'ordinario militare degli Usa ai confratelli affinché evitassero in quella sede pronunciamenti che avrebbero finito per ‘pugnalare i giovani che in Oriente (era l'epoca della guerra del Vietnam) stavano difendendo la civiltà cristiana'". Nonostante ciò, ha affermato Bettazzi, non vi è dubbio che su alcune questioni inerenti alla pace il contributo del Concilio sia stato pienamente assimilato dal magistero ecclesiastico degli anni successivi. Bettazzi cita ad esempio il caso dell'obiezione di coscienza, ammessa
nella Gaudium et Spes, legittimata nell'enciclica di Paolo VI Populorum Progressio, addirittura preferita al servizio militare dai vescovi riuniti nel Sinodo del 1971.
Più pessimisti gli interventi della platea. In tanti, infatti, hanno sottolineato gli aspetti sui quali le attese del Concilio sono state "tradite" dalla Chiesa. Sollecitato dai presenti ad intervenire sul merito delle dure critiche di Ruini e del suo
entourage alla Storia del Concilio e al lavoro dell'"officina bolognese", Alberigo ha detto che quelle del presidente della Cei sono "strumentalizzazioni": "Il cardinal Ruini - ha detto - vuol dire cose sul Concilio, non sulla storia del Concilio, e usa il libro come pretesto". Ciononostante, Alberigo si è detto ottimista circa l'esito dell'operazione: "La Chiesa è partire da ogni singola parrocchia. Certo, non tutto  nella Chiesa è adeguato al Concilio, ma tutto è cambiato". Per questo, quelle di Ruini e dei suoi amici sono "penose ed inutili illusioni: la Chiesa indietro non può tornare".

Valere senza contare
Una visione non particolarmente ottimista sulla ricezione del Concilio nella Chiesa attuale ha invece caratterizzato la relazione fatta al convegno da Adriana Valerio 
(che, tra l'altro, dal 2003 è presidente dell'European Society of Women in Teological Research - Eswtr),  incentrata prevalentemente sull'analisi della dimensione partecipativa delle donne nella vita ecclesiale. Purtroppo, ha detto la Valerio, nella Chiesa c'è ancora oggi difficoltà all'accettazione delle donne, nonostante la Gaudium et Spes abbia definitivamente sancito la parità tra uomini e donne ed il diritto di queste ultime a veder riconosciuta la loro piena partecipazione alla vita culturale ed ecclesiale. Oggi, al contrario, le donne (cui pure si riconosce uno speciale "genio femminile"), in una Chiesa sempre più gestita "da maschi che intervengono su pastorale liturgia e morale", non hanno alcuna autorità, perché a loro non viene lasciato alcun tipo di ruolo e respon-sabilità. Un problema che riguarda, più in generale, tutto il laicato: "si restringono gli spazi di libertà. Se si affrontano certe temati-che si viene allontanati dall'insegnamento della religione o dalle facoltà teologiche. E si ritiene che la Chiesa debba dare risposte uni  voche e prescrittive su questioni che riguardano la sola sfera temporale". In questo contesto il laico diventa una sorta di "figlio minore, che ha bisogno di essere condotto per mano". Ma ad ogni credente va riconosciuta la propria responsabilità: "la coscienza individuale è sovrana", ha ribadito la Valerio. Se non difendiamo questo principio, "rischiamo un appiattimento non rispettoso della pluralità". E, soprattutto, dimentichiamo che "la verità accoglie la diversità".

 

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