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OTTOBRE 2002
IN COPPIA AL CAMPO
Abbiamo
partecipato al campo di Trasasso in coppia, ma - per un caso o per scelta
- l’abbiamo vissuto spogliandoci del nostro essere coppia e
percorrendolo da soli, per ritrovarci poi la sera prima di dormire a
confrontarci e a rimettere in uno zaino comune la singola crescita.Per
questo motivo ci viene più facile raccontarlo insieme ma con una doppia
scrittura.
Io mi chiamo Pasquale (napoletano) e penso che raccontare un’esperienza,
quando questa è finita sia molto
facile, specie se la si valuta positiva e bella, ma ...poi viene la
domanda e ora?
Io venni a conoscenza del campo da una e-mail e
lo proposi a Giovanna, erano molti anni che non facevo un percorso
con al centro la Bibbia e ne sentivo la mancanza, vivere il quotidiano e
il sociale senza riportarlo alla fonte della mia fede mi pesava non poco,
negli ultimi 10 anni ero stato molto impegnato nel sociale e nella
nonviolenza o meglio nella ricerca dei diritti umani ma mi ero sempre
trovato a lavorare con persone che provenivano da altre strade. Era
interessante scoprire che avevamo gli stessi ideali e le stesse attese nel
futuro ma poi alla fine a me mancava molto il riferimento nella fede.
Per questo motivo quando lessi l’e-mail la proposi a Giovanna, al di la
delle dinamiche e dell’argomento mi interessava trascorrere un periodo
dedicato a ricaricarmi nelle motivazioni e nella fede condividendolo con
lei: non avevamo mai avuto in comune un’esperienza del genere.
Siamo arrivati al campo senza comunicarci aspettative o altro, lei
giungeva nuova ad un’esperienza del genere e io temevo che potesse non
trovarsi a suo agio, anche se speravo il contrario. La mia preoccupazione
era infondata e siamo giunti fino alla fine.
Che dire del lavoro fatto? Ho avuto modo di apprendere che vi erano state
altre persone a me sconosciute che avevano lavorato e studiato la
nonviolenza, e sono riuscito ad apprendere nuove tecniche e lavori
completamente sconosciuti. Il tutto, come mi aspettavo, incastrato e
motivato con la fede e con le basi del mio essere cristiano. Ho vissuto un
periodo molto luminoso per merito di tutte le persone che erano li
presenti: trainer,
“compagni di avventura” o amiche che si erano poste al nostro
servizio. Dovrei citarli tutti per non far torto a nessuno anche perchè
mi sento legato affettivamente ad ognuno di loro ma mi fa piacere
menzionarne due per motivi diversi: don Stefano e Bruno, l’uno sacerdote
gioioso e pieno di saggezza (nonostante la sua tenera età) e l’altro
padre premuroso e grande uomo di fede.
Tutto questo incastrato nel bellissimo percorso iniziato con Monte Sole e
concluso con la brutale domanda ...
ed ora?
Ora mi sento sicuramente più forte sia per l’esperienza di fede fatta
con mia moglie che non limiterà i contrasti naturali e quotidiani ma che
sicuramente ci ha dato un elemento nuovo per percorrere insieme la nostra
strada che per
la gioia di aver conosciuto nuovi amici con cui dire .... peccato
che siamo lontani altrimenti sarebbe più facile cambiare il mondo.
Io sono Giovanna. Accettai subito e volentieri la proposta di Pasquale di
“finire in bellezza” le ferie estive con una settimana di seminario su
Vangelo e Nonviolenza. Rispetto alla nonviolenza, mi sentivo in qualche
modo una veterana, per la lunga pratica che avevo fatto, ma certo la
“mia” nonviolenza era nata come nonviolenza politica, quindi quella
che mi aspettava era una esperienza completamente diversa. Dal punto di
vista della fede, posso dire che in primo luogo mi sosteneva la voglia di
condividere con mio marito un aspetto che per lui era stato ed è tanto
importante, mentre per me era qualcosa che – dai tempi della mia
adolescenza – era andato (è buffo dirlo) un po’ in disuso. Nel senso
che non mi è mai stato estraneo, o lontano, ma forse non era mai
rientrato nel mio quotidiano, non ero mai riuscita a viverlo
profondamente: in realtà mi mancava sia l’esperienza che anche la
conoscenza vera della fede, e ne avevo anche un’idea poco chiara. Però,
la mia curiosità mi ha spinto con entusiasmo ad accettare, forte anche
della consapevolezza che avevo sufficienti “ammortizzatori” acquisiti
in anni di esperienze di gruppi, di stages nei quali ci si ritrovava a
condividere qualcosa con persone
con le quali si aveva in comune forse solo quello che si stava vivendo in
quel momento.
Certo, mi sono chiesta più volte come mi sarei sentita e se avrei
“retto” a preghiere quotidiane e messe. E poi invece è stato tutto
così normale, leggere la Bibbia che così poco conoscevo, ritrovarmi con
gli altri durante la celebrazione eucaristica e le preghiere: non era
obbligatorio, eppure mi ci è voluto pochissimo a sceglierlo come una cosa
mia.
La settimana è volata: il piacere della scoperta
delle persone che avevo intorno, senza grossi racconti e senza domande,
tutti lì a fare la stessa cosa, ognuno con il suo essere, con le sue
caratteristiche. Ognuno compagnia, sostegno, specchio dell’altro. Età
diverse, diverse storie, diversi modi di comprendere e agire che si
incastravano lasciando – credo – ognuno un piccolo segno nell’altro,
e questo non solo fra noi che partecipavamo come “formandi”, ma anche
fra i formatori che con noi hanno vissuto questa esperienza, guidandoci ma
sempre insieme a noi.
La frase
che chiudeva il programma del campo, “si tratterà di mettere in gioco
la propria esperienza ed il proprio punto di vista”, è credo quella che
possa riassumere meglio di ogni altra il senso di quello che è successo
nei giorni a Trasasso. A volte è stato duro, come sempre lo è quando ci
si vede dall’esterno e si tirano giù alcune barriere che avevamo eretto
per difenderci. Spesso è stato molto divertente, gioioso, grazie anche
alla simpatia di tutti. Alla fine, per quel che mi riguarda, mi è rimasta
la sensazione che una serie di tasselli mancanti fossero stati messi, che
alcune tessere fuori posto fossero state sistemate, e che quel che non
serviva più si potesse serenamente archiviare.
Mio marito ha già scritto, sulle persone, su quel che rimane alla fine di
quella settimana. Aggiungo: da quando siamo tornati le persone intorno a
noi non fanno che ripeterci che le vacanze ci hanno fatto proprio bene, e
noi non facciamo che suggerire a tutti di partecipare al prossimo campo su
vangelo e nonviolenza.Per me c’è in aggiunta la scoperta (la
riscoperta) di una strada di fede che avevo dimenticato o che non sapevo
di poter percorrere. E la determinazione che il percorso non è finito a
Trasasso il 31 agosto 2002.
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