IN QUESTO NUMERO:
La prima pagina
A Genova
c'erano anche intere famiglie il racconto di una di loro
Quelli che CL considera
dei perditempo
Che cosa ci insegna
Genova?
La lezione
di Genova
Un mondo diverso
è possibile
Cosa è capace di fare
l'uomo che sussurrava ai lacrimogeni
«Chi non si schiera
sta dalla parte dei ricchi» intervista a Mons. Diego Bona
Ma la violenza e le
bugie non fermeranno i sognatori
I prossimi appuntamenti
e altro...
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SETTEMBRE
2001
CON
LE MANI BIANCHE ALZATE
Il
racconto degli scontri di Genova nelle parole di un gruppo non violento
della Rete Lilliput di Bologna Eravamo in Piazza Manin all'appuntamento
con gli altri gruppi di affinità, il cui obiettivo era di fare un sit-in
dinamico, contrapponendo alla zona rossa un altro mondo possibile di luci,
colori e suoni. La manifestazione percorre cantando e ballando via Assarotti,
fino a raggiungere le immediate vicinanze del cordone di polizia a difesa
della barriera. Ci sono molte persone in via Assarotti che continuano a
ballare e cantare, ragazzi molto giovani e persone di una certa età. Passa
il Pink block a margine e sfila nell'adiacente piazza Marsala. La polizia li
segue. Rimaniamo fermi in sit-in per un po', finché si decide di lasciare
il sit-in per tornare alla piazza tematica della Rete Lilliput.
Notizie dal centro stampa dei magazzini del cotone: gruppi di violenti,
vestiti di nero (i "black block"), stanno salendo verso piazza
Manin, la piazza della non violenza. Ad un certo punto compaiono poche
avanguardie, poco dopo altri, ma in tutto non più di qualche decina. Dopo
un breve giro di consultazione, decidiamo di contrapporci in modo non
violento, per impedire che intrappolino i restanti pacifisti presenti lungo
via Assirotti. La strada è praticamente cieca, tranne due vicoli, e la
famigerata grata laggiù in basso. Ci schieriamo in fila, siamo circa un
centinaio, con le mani bianche alzate, e iniziamo la trattativa. Interviene
anche Don Oreste Benzi. I black capiscono, promettono di cambiare direzione.
Applauso liberatorio. I black proseguono quindi in via Armellini, tranne
poche retroguardie che arrivano trafelate. Mentre 'elicottero ci osserva da
pochi metri di altezza, vengono lanciati i primi lacrimogeni lontano, in
mezzo alla piazza. I pochi black rimasti indietro fuggono lasciando la
piazza; passa qualche decina di secondi (forse 30), durante i quali restiamo
in fila, con le mani bianche alzate e bene in vista. A questo punto ci
sommerge una pioggia di lacrimogeni, i pacifisti non violenti si ritraggono.
La polizia sfruttando il panico indotto dai lacrimogeni si scaglia su di
noi, spara ancora lacrimogeni, ad altezza
uomo, ed a questo punto tutti scappano in ordine sparso. Quindi si consuma
l'incredibile: le botte piovono su tutti quelli che si sono accucciati,
confidando in un qualche raziocinio dell'azione della polizia. Alcuni di noi
(Giovanni, Elisabetta, Luca B., Roberto) restano fermi con le mani bianche
alzate. Giovanni ed Elisabetta vengono comunque colpiti, prima in piedi e
poi a terra. Gli agenti si accaniscono soprattutto su Elisabetta. Altre
persone intorno subiscono lo stesso trattamento, persino una signora, che
mostrando il tesserino dice di essere parlamentare europeo. C'è un ferito a
terra, non è permesso avvicinarsi. E' presente almeno una persona che
indossa la fascia tricolore, ma sembra non avere la situazione sotto
controllo. I poliziotti non lo ascoltano.
Chi di noi sta tentando di allontanarsi lungo via Assarotti continua ad
essere incalzato da grossi lacrimogeni lanciati a mano da pochi metri. Si
cerca rifugio in un vicolo in salita, tra via Assarotti e corso Armellini.
Siamo in due del gruppo (Mattia e Paolo P.), più una ragazzina in lacrime
per i lacrimogeni, una signora sulla sessantina, un gruppetto di
spaventatissimi stranieri. Con cautela usciamo su via Armellini, già
devastata, e tutti in gruppo, a mani alzate, ci dirigiamo verso la piazza
ormai invasa dalle forze dell'ordine. In un vicolo cieco un gruppetto
terrorizzato se ne sta rintanato al riparo dalle cariche. Un poliziotto urla
verso di noi. Chiediamo ai poliziotti COSA FARE per evitare il pestaggio.
Chiediamo DOVE ANDARE... "Affanculo", ci risponde un agente
urlando nella maschera antigas. Un suo collega sta ammanettando con le
stringhe di plastica un giovane, che però non è sicuramente un black. Poi
colpisce al viso un altro giovane, che rimane immobile sull'asfalto.
Finalmente ci dicono di defluire su un lato. Lentamente, senza fidarci
troppo, ci allontaniamo, e ci riuniamo, in salvo.La prima preoccupazione è
ora sapere cosa è successo in fondo a via
Assarotti, e telefoniamo ai nostri amici. Ci dicono di essere scappati in
verso piazza Villa. Ci preoccupiamo perchè i black sono andati
proprio da quella parte. Decidiamo di andare da loro per guidarli fuori
dalle zone calde. Loro sono appena arrivati da Bologna e non conoscono la
[1]città. Il tragitto verso piazza Villa ci lascia senza parole.
Distruzione ovunque. Ma la cosa incomprensibile è vedere gruppi di 10-15
black (o presunti tali) riposarsi tranquillamente ai lati della strada, in
via Caffaro, in piazza Villa. Non c'è traccia di polizia, ora. Ci riuniamo
agli amici e, terrorizzati, torniamo a piazza Manin passando per le stradine
sulle collina.
Bilancio? Giovanni ed Elisabetta malmenati mentre erano accucciati a terra,
tutti noi intossicati dai gas, scene di violenza spaventosa che ancora
turbano molti di noi, con incubi e angoscia quando il pensiero torna a quei
giorni.
E la delusione di chi pensava di poter portare il proprio messaggio di non
violenza.
Dopo la documentazione, le nostre impressioni: non possiamo evitare di
pensare che i conti non tornino, che ci sia qualcosa di aberrante nelle
strategie delle forze dell'ordine. Perchè questa valanga di teppisti è
arrivata fino a noi? Perchè ha continuato a scorrazzare per tutti i
quartieri fino a sera? Come si giustifica la violenza delle forze
dell'ordine su persone inermi a mani alzate, in un luogo dedicato alla non
violenza?
Basile Luca, Berlini Marcello, Bonoli Mattia, Cerrina Roberto, Coralli
Marco, Guarguaglini Giovanni, Maiolini Elisabetta, Nerozzi Paolo, Patruno
Paolo, Reggiani Luca
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