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IN QUESTO NUMERO: La prima pagina
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SETTEMBRE 2001 CHE COSA CI INSEGNA GENOVA?Le ferite che gli abusi hanno provocato
vanno ben oltre il sangue…….
Ma
alla sofferenza di Genova si sono aggiunte......... “Se
tu sei bello/ ti tirano le pietre/ Sembrava
che la tensione non dovesse più finire: per più di un ora abbiamo cercato
un varco che ci riportasse verso il punto di partenza (la Chiesa di
Boccadasse) ma scoppiavano tafferugli, venivano lanciati lacrimogeni e noi
eravamo costrette a tornare sui nostri passi. Una volta raggiunta la meta,
abbiamo partecipato alla preghiera conclusiva in cui abbiamo ricevuto il
mandato a continuare a guardare negli occhi il prossimo e a farcene carico
certi di avere “un solo padre per
sei miliardi di fratelli”. Annarita Non credo che qualcuno (noi, i G8, la polizia, i blak bloc, ecc.) possa dire di aver vinto... Forse il tempo ci farà vedere le cose con un pò di obiettività in più, e potrà essere più chiaro a tutti quanti che cosa hanno significato i giorni di Genova. L’unico fatto positivo se vogliamo cercare qualche fattore di speranza… credo che sia una maggiore presa di coscienza di tutti quanti noi, nel fare attenzione di non cadere nell’errore (se vogliamo anche solo strategico) di usare la violenza, anche se questa é di risposta a un’attacco fatto dalle forze dell’ordine. Questo credo che noi lo comprendiamo maggiormente (anche se poi mi chiedo come avrei reagito nel vedere non me, ma qualcuno che mi sta molto caro ad essere massacrato dai manganelli e dagli stivali della polizia. Perché personalmente é questa la “novità” che soprattutto ricorderò dei fatti di Genova, oltre alle devastazioni dei gruppi neri), ma ho l’impressione che qualche cosina si muoverà anche nella riflessione degli amici di percorso che prendendo di riferimento testi come Marx e simili non condannano comunque la violenza se é indirizzata verso la violenza strutturale, e che ora si stanno muovendo verso altre esperienze come la loro famosa “disobbedienza civile”. Mi ricordo un week-end di gennaio scorso a Genova, dove oltre al training con una simulazione ci fu un momento pubblico di confronto sul significato che davano all’azione diretta. Chiaramente tra noi (lilluput e affini - area che da alcuni viene definita rosa) e gli altri amici (tute bianche e affini - area chiamata gialla) c’erano (e ci sono ancora) pensieri diversi sulle azioni dirette. Noi aggiungevamo la parola nonviolenza, mentre loro dicevano che il problema non stava nella discussione tra nonviolenza o violenza e che loro praticavano la disobbedienza civile In quel momento sembrava che il nostro aggiungere la parola nonviolenza faceva condannare loro come gruppi violenti. Cioé con il loro modo di agire creavano anche un oscuramento nei nostri confronti e dei contenuti della contestazione. Con la creazione del gsf le differenze sono rimaste, ma tra gli aspetti comuni (e molto importante) c’é stata la dichiarazione che tutto il cartello del gsf si impegnava a non fare violenza verso cose o persone. Quindi niente distruzione, niente spranghe, ecc. In questo credo che il gsf abbia mantenuto il suo impegno di fondo. La violenza dei gruppi esterni ha fatto oscurare tutte le azioni delle varie anime che si riconoscevano nel gsf e quindi anche l’area gialla ha subito la violenza altrui cancellando di fatto anche il loro messaggio e azione. Credo che a Genova (oltre a subire la violenza istituzionale delle forze dell’ordine) tutte le anime del gsf hanno sperimentato, al di là della loro scelta o meno per la nonviolenza attiva (politica e/o etica), lo scacco anche della violenza che partiva dall’area dei “manifestanti”. E’ appunto per questo che credo che l’aver subito tutti insieme come manifestanti gsf (sia dichiaratamente nonviolenti o meno) anche la violenza di altri “manifestanti”, probabilmente ci porterà ad una crescita collettiva verso un ulteriore attenzione delle possibili degenerazioni violente nel manifestare. E quindi un passo più decido verso la direzione della nonviolenza. Se non vogliamo bloccare la speranza che possa essere una risorsa di crescita collettiva questa violenza che tutte le anime del gsf hanno subito insieme, non dobbiamo decidere di lasciare l’esperienza comune per proseguire in modo completamente indipendente. Molto spesso la violenza subita unisce e dà maggiore motivazione all’agire dei gruppi e quindi quest’autunno vedremo se é vero anche nel caso di Genova e che direzione siamo in grado di prendere, sia come lilliput che come vari …social forum. Il Gsf era nato per Genova e doveva vivere solo per Genova, non è quindi così grave se si decide di concludere quell’esperienza di coordinamento. Comunque anche se si dovesse decidere di far scomparire tutti i vari “social forum”, la formula del coordinamento è più che mai viva e credo che sarà presente anche per le prossime iniziative comunitarie. Paolo N. Ore 13,15 - Tra le tante esperienze positive vissute in questi giorni a Genova, quali l’accoglienza dei cittadini genovesi, il corteo dei migranti del 20 luglio, i momenti di preghiera celebrati nella Chiesa di Boccadasse, è la tristezza per le scene di violenza, viste e subite, a prevalere inevitabilmente in tutti noi. A fronte di tante promesse e impegni precisi assunti da coloro che ne avevano la responsabilità, non è stato garantito il diritto ai cittadini che volevano manifestare pacificamente secondo la Costituzione. Le Forze dell’ordine, che avrebbero dovuto impedire la violenza, si sono lasciate trascinare nella sua spirale, tipica delle forze estremiste che avrebbero dovuto controllare. A questo riguardo sono molte le perplessità e gli interrogativi che restano aperti: come è possibile che in una città effettivamente blindata, quale è stata Genova nelle ultime settimane, siano potuti entrare tanti ordigni esplosivi e oggetti contundenti? Come è possibile che sia stata ignorata la presenza, evidente a tutti, di persone che palesemente dimostravano di prepararsi allo scontro armato? Come hanno potuto costoro vagare indisturbati per la città, persino accompagnati da un automezzo di grandi dimensioni? Come hanno avuto il tempo necessario per distruggere interi locali dotati di protezioni blindate? E perché, al di fuori della cosiddetta "zona rossa", la città è stata abbandonata a se stessa? Sgomento e sconcerto abbiamo provato di fronte a cariche indiscriminate della Polizia, che a detta di tantissimi testimoni, colpiva senza distinzione chiunque fosse presente. Alcuni di noi sono stati aggrediti quando già si erano identificati come manifestanti nonviolenti. Per questa confusione e palese incapacità a gestire la situazione, il giorno 20 luglio, avevamo invitato i nostri aderenti a non partecipare al corteo, ma ad organizzare forme di contestazione che garantissero maggiormente l’incolumità dei partecipanti e le finalità del gesto, come ad esempio la tre giorni di digiuno e preghiera di Boccadasse. Non già per dissociarci dal Genoa Social Forum, come qualche organo di stampa ha impropriamente interpretato, ma per impedire che quella che doveva essere una precisa manifestazione nonviolenta finisse per diventare l’occasione di nuove violenze e indiscriminati attacchi. Così purtroppo è stato, non solo nel pomeriggio, ma anche nella notte con la sconcertante irruzione della polizia nella sede del Genoa Social Forum. Rinnoviamo la nostra convinta adesione e partecipazione al Genoa Social Forum. Nello stesso tempo rigettiamo il tentativo strumentale di tutti coloro che in queste ore si adoperano a indicare connivenze e coperture da parte del Genoa Social Forum con le frange violente delle manifestazioni. Sicuramente gli avvenimenti che abbiamo vissuto meritano un’approfondita verifica da parte di tutti. Auspichiamo che su tutte queste vicende sia fatta piena luce nelle sedi appropriate ed il Governo relazioni immediatamente e dettagliatamente in Parlamento. Rammarico non minore proviamo perché questi avvenimenti hanno completamente oscurato i grandi temi proposti all’opinione pubblica e ai capi di Stato da parte dei contestatori di questo modello di globalizzazione neoliberista. Non vogliamo mancare di esprimere la nostra gratitudine ai genovesi, che molti gesti di accoglienza e solidarietà hanno manifestato nei nostri confronti, e sono ora vittime della follia violenta che si è scatenata nella loro città. Facciamo eco alle parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante l’Angelus di ieri e ribadiamo che la violenza non costruisce alcuna strada verso il cambiamento. Peraltro, siamo coscienti che queste ferite possono aiutare molti ad aprire gli occhi, a vedere le violenze più grandi che questo sistema, fatto di egoismi e complicità, produce ogni giorno nel mondo e a sentirsi corresponsabili nella costruzione di una civiltà di pace, dove la giustizia e il diritto siano garantiti per tutti. 23/07/2001 Pax
Christi
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