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IN QUESTO NUMERO:

La prima pagina

Con le mani bianche alzate

A Genova c'erano anche intere famiglie il racconto di una di loro

Quelli che CL considera dei perditempo

La lezione di Genova

Un mondo diverso è possibile

Cosa è capace di fare l'uomo che sussurrava ai lacrimogeni

«Chi non si schiera sta dalla parte dei ricchi» intervista a Mons. Diego Bona

Ma la violenza e le bugie non fermeranno i sognatori

I prossimi appuntamenti e altro...

 

SETTEMBRE 2001

 CHE COSA CI INSEGNA GENOVA?

Le ferite che gli abusi hanno provocato vanno ben oltre il sangue…….
Le giornate genovesi hanno messo a dura prova tutti: manifestanti, forze dell'ordine, partiti di governo e di opposizione, operatori dell'informazione. Anche per rispetto della giovane vita stroncata sull'asfalto di quella piazza, dovremmo essere capaci di rendere più sommessi i toni del confronto e fare in modo che l'indignazione sia sempre illuminata dalla ricerca sincera della verità piuttosto che dall'abilità dialettica che fa prevalere il proprio punto di vista.
Scrivo sapendo di essere di parte, ma mi sforzo da sempre di stare sulla sponda delle vittime e degli esclusi, di coloro che sono costretti al silenzio e di quelli che non hanno forza e possibilità di far ascoltare la propria voce. Dalla parte di chi la violenza la subisce, avendo nello stesso tempo tanto a cuore coloro che sembrano non conoscere altro linguaggio che quello della violenza e che in qualche modo finiscono per diventarne a loro volta vittima essi stessi. In questo senso alla vigilia del vertice (e del contro-vertice) Pax Christi non aveva esitato a prendere le distanze dai proclami di guerra che giungevano da frange e segmenti del movimento anti-global e aveva espresso parole di condanna per la violenza usata all'indirizzo del carabiniere della Caserma di San Fruttuoso. Oggi, mi trovo costretto a dover testimoniare la dilatazione della violenza che è avvenuta a Genova da parte di gruppi minoritari di contestatori (o pseudo tali) e delle forze dell'ordine.
Confesso che è quest'ultima a rattristarmi maggiormente perchè di questa più che di altre sono testimone diretto e perchè tutti ci saremmo aspettati un diverso atteggiamento da parte della polizia di un Paese che va fiero della democrazia della propria Carta Costituzionale e che offre nei tutori dell'ordine il proprio "biglietto da visita". Le ferite che gli abusi, le aggressioni, certe brutalità hanno provocato, vanno ben oltre il sangue e i punti di sutura.
Hanno inferto anche duri colpi alla fiducia che ogni cittadino deve nutrire verso i custodi della legalità.
È ascoltare oggi le considerazioni soprattutto di alcuni giovani che hanno smarrito la fiducia nello Stato e nei suoi rappresentanti terminali e immediati. I frutti disgustosi della spirale della violenza vanno - ahimè - ben oltre le strade di Genova e contagiano anche il dibattito parlamentare, sporcano anche alcuni fogli di giornale, toccano le coscienze giovanili più esposte,  deboli, impreparate, questo deve costituire una preoccupazione per tutti. Così come deve diventare cruccio comune il vuoto della vita di quei giovani che si esaltano nella violenza negli stadi, nei cavalcavia e nelle manifestazioni. Se posso permettermi di lanciare un appello, è in questa direzione: prendere a cuore la vita, i sogni, i progetti delle giovani generazioni.
In condizioni normali (ovvero senza i fatti di sangue dei giorni precedenti!) l'ultima considerazione che faccio avrebbe dovuta essere la prima: cosa hanno prodotto le giornate di Genova? Ebbene ad un'attenta lettura del documento finale dei Capi di Stato dei G8, vi è più che la semplice impressione che non sia cambiato assolutamente nulla nella logica che ha guidato le loro scelte. La filosofia di fondo dei loro orientamenti è ripetuta come un responsorio in più parti: "Includere i paesi più poveri nell'economia globale è il modo più sicuro per rispondere alle loro aspirazioni fondamentali".
Naturalmente si sono guardati bene dal chiedere il parere dei rappresentanti di quei paesi e hanno continuato con la logica dell'elemosina ad istituire fondi, a condonare parti irrisorie di debito senza nemmeno lambire i meccanismi e le cause strutturali che generano fame, miseria, morte. Il resto del documento è un elenco di buoni propositi, litania di ricchi che non dà pane ai poveri.
Dalla parte dei contestatori scorgo oggi un fermento nuovo. È a dir poco impressionante rilevare come possa essere rimasto fuori delle inquadrature delle telecamere la fiumana colorata di gente che ha partecipato al corteo di sabato 21! Siamo di fronte ad un fenomeno inedito. Si tratta di un movimento planetario, intergenerazionale e diffuso nell'opinione pubblica. In questi giorni si susseguono analisi, verifiche e riunioni tra organizzatori e partecipanti per riflettere sugli errori, passare al setaccio della critica i risultati raggiunti e scrutare l'orizzonte per decidere come proseguire il cammino. Sono convinto che questa società civile vigile e vivace potrà diventare protagonista di cambiamento alla luce dei valori della giustizia e della pace.
Tonio Dell'Olio - coordinatore nazionale Pax Christi
Direttore di Mosaico di Pace


Ma alla sofferenza di Genova si sono aggiunte.........
È stato entusiasmante partire per Genova, la mattina (anzi la notte) del 20 luglio, con l'idea di andare a rinforzare le fila dei pacifisti, dopo i fatti tragici del venerdì. Il treno speciale, proveniente da Rimini
era stracolmo di manifestanti con insegne d'ogni colore, d'ogni età ed estrazione, anche famiglie con bambini. Speravamo di poter vivere una giornata in cui si sottolineavano i diritti di ogni uomo, partendo dalla difesa dei poveri, dell'ambiente mettendo in discussione il nostro sistema economico che schiaccia i più deboli e distrugge il pianeta. I nostri slogan erano pacati e creativi, consapevoli che con la non violenza e con le idee si può cambiare il mondo. Eravamo anche consapevoli (Caterina si è preoccupata di ricordarcelo) che chi si schiera con i poveri si mette dalla parte dei perdenti: non ci aspettavamo grandi successi immediati. Prima d'entrare nel corteo dei manifestanti siamo passate (eravamo quattro donne di Bologna e dintorni) dalla Chiesa di S.Antonio Boccadasse, dove da due giorni si pregava e si digiunava senza interruzione, davanti all'immagine di un Cristo "campesinos" con le braccia allargate verso il mondo, creando una comunione che andava al delle etnie, delle religioni e delle confessioni.
Da qui ,visto che da Cristo vengono tutte le cose e tutte si ricapitolano in Lui, siamo partiti per il corteo, non senza dubbi,  dopo aver saputo che le associazioni e le congregazioni religiose si erano ritirate ufficialmente dalla manifestazione (fra queste anche Pax Christi).  
200.000 manifestanti sono veramente tanti! Ciò che spiccava nel corteo era la fantasia di certi gruppi che facevano ricordare una sfilata carnevalesca: una nave umana che aveva un albero maestro fiorito una mini banda che procedeva a ritmo di musica, un Gandhi ringiovanito…noi avevamo le mani bianche che contrastavano con l’azzurro del cielo, ogni volta che le alzavamo tutti insieme come segnale di pace per l’elicottero della polizia; avevamo inoltre dei simpatici vestitini di carta da modelli che riportavano in modo ironico la nostra protesta relativa agli effetti della globalizzazione.
Questa situazione s’è capovolta in un istante, quando, dopo averci fatto deviare dalla via principale (Corso Italia) per evitare Piazzale Kennedy in cui erano in corso scontri tra i manifestanti e la polizia, siamo state improvvisamente “caricate”. Lacrimogeni, manifestanti, blindati e ambulanze si sono riversati caoticamente nella via. Il cielo s’è oscurato, i colori hanno lasciato il posto al grigio-fumo che dopo un po’ copriva ogni cosa, il mare per  un’ora è scomparso. In un attimo siamo stati trasformati tutti in malviventi in fuga, con le forze dell’ordine alle calcagna.
Noi quattro in realtà ci siamo fermate molto presto, per soccorrere un ragazza con una ferita alla testa, ci siamo rifugiate nell’androne di un palazzo e là abbiamo atteso che la situazione migliorasse. La sofferenza morale è stata grande: noi che dovevamo essere i difensori  dei poveri del mondo, ci siamo trovati ad essere a nostra volta vittime, e per di più i nostri aggressori erano coloro che  ci avrebbero dovuto difendere.
Una vecchia canzone degli anni settanta diceva…

“Se tu sei bello/ ti tirano le pietre/
se tu sei brutto/ ti tirano le pietre/
qualunque cosa fai/ capire tu non puoi/
se è bene o male quello che tu fai/ così sarà, finchè vivrai…”

Sembrava che la tensione non dovesse più finire: per più di un ora abbiamo cercato un varco che ci riportasse verso il punto di partenza (la Chiesa di Boccadasse) ma scoppiavano tafferugli, venivano lanciati lacrimogeni e noi eravamo costrette a tornare sui nostri passi. Una volta raggiunta la meta, abbiamo partecipato alla preghiera conclusiva in cui abbiamo ricevuto il mandato a continuare a guardare negli occhi il prossimo e a farcene carico certi di avere “un solo padre per  sei miliardi di fratelli”.  
Ma alla sofferenza di Genova si sono aggiunte l’incomprensione e il giudizio di tanti fratelli che vorrebbero vedere i cristiani omologati, corrispondenti ad un modello precostituito, benvoluti dai potenti. Ma ancora più pesante è stato accettare l’indifferenza di tanti cristiani che non hanno nemmeno il coraggio di schierarsi e ti
vedono come il fumo negli occhi incrociandoli alla Messa domenicale. Ma Cristo ha detto: ”Beati voi quando v’insulteranno  e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia, rallegratevi….” E S. Francesco definisce “ Perfetta letizia” il non    essere riconosciuti dai propri fratelli e l’essere picchiati e cacciati come ladri dal proprio convento.
E anche noi diciamo: ”Rallegriamoci”.

Annarita

 
Che cosa ci insegna Genova, continuiamo con l'esperienza del GSF o da soli come Lilliput?

      Non credo che qualcuno (noi, i G8, la polizia, i blak bloc, ecc.) possa dire di aver vinto... Forse il tempo ci farà vedere le cose con un pò di obiettività in più, e potrà essere più chiaro a tutti quanti che cosa hanno significato i giorni di Genova.
      L’unico fatto positivo se vogliamo cercare qualche fattore di speranza…  credo che sia una maggiore presa di coscienza di tutti quanti noi, nel fare attenzione di non cadere nell’errore (se vogliamo anche solo strategico) di usare la violenza, anche se questa é di risposta a un’attacco fatto dalle forze dell’ordine.  Questo credo che noi lo comprendiamo maggiormente (anche se poi mi chiedo come avrei reagito nel vedere non me, ma qualcuno che mi sta molto caro ad essere massacrato dai manganelli e dagli stivali della polizia. Perché personalmente é questa la “novità” che soprattutto ricorderò dei fatti di Genova, oltre alle devastazioni dei gruppi neri), ma ho l’impressione che qualche cosina si muoverà anche nella riflessione degli amici di percorso che prendendo di riferimento testi come Marx e simili non condannano comunque la violenza se é indirizzata verso la violenza strutturale, e che ora si stanno muovendo verso altre esperienze come la loro famosa “disobbedienza civile”.
    
Mi ricordo un week-end di gennaio scorso a Genova, dove oltre al training con una simulazione ci fu un momento pubblico di confronto sul significato che davano all’azione diretta. Chiaramente tra noi (lilluput e affini - area che da alcuni viene definita rosa) e gli altri amici (tute bianche e affini - area chiamata gialla) c’erano (e ci sono ancora) pensieri diversi sulle azioni dirette. Noi aggiungevamo la parola nonviolenza, mentre loro dicevano che il problema non stava nella discussione tra nonviolenza o violenza e che loro praticavano la disobbedienza civile
     In quel momento sembrava che il nostro aggiungere la parola nonviolenza faceva condannare loro come gruppi violenti. Cioé con il loro modo di agire creavano anche un oscuramento nei nostri confronti e dei contenuti della contestazione. 
    
Con la creazione del gsf le differenze sono rimaste, ma tra gli aspetti comuni (e molto importante) c’é stata la dichiarazione che tutto il cartello del gsf si impegnava a non fare violenza verso cose o persone. Quindi niente distruzione, niente spranghe, ecc. 
    
In questo credo che il gsf abbia mantenuto il suo impegno di fondo. 
    
La violenza dei gruppi esterni ha fatto oscurare tutte le azioni delle varie anime che si riconoscevano nel gsf e quindi anche l’area gialla ha subito la violenza altrui cancellando di fatto anche il loro messaggio e azione. Credo che a Genova (oltre a subire la violenza istituzionale delle forze dell’ordine) tutte le anime del gsf hanno sperimentato, al di là della loro scelta o meno per la nonviolenza attiva (politica e/o etica), lo scacco anche della violenza che partiva dall’area dei “manifestanti”.  E’ appunto per questo che credo che l’aver subito tutti insieme come manifestanti gsf (sia dichiaratamente nonviolenti o meno) anche la violenza di altri “manifestanti”, probabilmente ci porterà ad una crescita collettiva verso un ulteriore attenzione delle possibili degenerazioni violente nel manifestare.  E quindi un passo più decido verso la direzione della nonviolenza.  Se non vogliamo bloccare la speranza che possa essere una risorsa di crescita collettiva questa violenza che tutte le anime del gsf hanno subito insieme, non dobbiamo decidere di lasciare l’esperienza comune per proseguire in modo completamente indipendente.
     Molto spesso la violenza subita unisce e dà maggiore motivazione all’agire dei gruppi e quindi quest’autunno vedremo se é vero anche nel caso di Genova e che direzione siamo in grado di prendere, sia come lilliput che come vari …social forum.       Il Gsf era nato per Genova e doveva vivere solo per Genova, non è quindi così grave se si decide di concludere quell’esperienza di coordinamento. Comunque anche se si dovesse decidere di far scomparire tutti i vari “social forum”, la formula del coordinamento è più che mai viva e credo che sarà presente anche per le prossime iniziative comunitarie.

 Paolo N.

 

Ore 13,15 - Tra le tante esperienze positive vissute in questi giorni a Genova, quali l’accoglienza dei cittadini genovesi, il corteo dei migranti del 20 luglio, i momenti di preghiera celebrati nella Chiesa di Boccadasse, è la tristezza per le scene di violenza, viste e subite, a prevalere inevitabilmente in tutti noi.
A fronte di tante promesse e impegni precisi assunti da coloro che ne avevano la responsabilità, non è stato garantito il diritto ai cittadini che volevano manifestare pacificamente secondo la Costituzione. Le Forze dell’ordine, che avrebbero dovuto impedire la violenza, si sono lasciate trascinare nella sua spirale, tipica delle forze estremiste che avrebbero dovuto controllare.
A questo riguardo sono molte le perplessità e gli interrogativi che restano aperti: come è possibile che in una città effettivamente blindata, quale è stata Genova nelle ultime settimane, siano potuti entrare tanti ordigni esplosivi e oggetti contundenti? Come è possibile che sia stata ignorata la presenza, evidente a tutti, di persone che palesemente dimostravano di prepararsi allo scontro armato? Come hanno potuto costoro vagare indisturbati per la città, persino accompagnati da un automezzo di grandi dimensioni? Come hanno avuto il tempo necessario per distruggere interi locali dotati di protezioni blindate? E perché, al di fuori della cosiddetta "zona rossa", la città è stata abbandonata a se stessa?
Sgomento e sconcerto abbiamo provato di fronte a cariche indiscriminate della Polizia, che a detta di tantissimi testimoni, colpiva senza distinzione chiunque fosse presente. Alcuni di noi sono stati aggrediti quando già si erano identificati come manifestanti nonviolenti.
Per questa confusione e palese incapacità a gestire la situazione, il giorno 20 luglio, avevamo invitato i nostri aderenti a non partecipare al corteo, ma ad organizzare forme di contestazione che garantissero maggiormente l’incolumità dei partecipanti e le finalità del gesto, come ad esempio la tre giorni di digiuno e preghiera di Boccadasse. Non già per dissociarci dal Genoa Social Forum, come qualche organo di stampa ha impropriamente interpretato, ma per impedire che quella che doveva essere una precisa manifestazione nonviolenta finisse per diventare l’occasione di nuove violenze e indiscriminati attacchi. Così purtroppo è stato, non solo nel pomeriggio, ma anche nella notte con la sconcertante irruzione della polizia nella sede del Genoa Social Forum.
Rinnoviamo la nostra convinta adesione e partecipazione al Genoa Social Forum. Nello stesso tempo rigettiamo il tentativo strumentale di tutti coloro che in queste ore si adoperano a indicare connivenze e coperture da parte del Genoa Social Forum con le frange violente delle manifestazioni. Sicuramente gli avvenimenti che abbiamo vissuto meritano un’approfondita verifica da parte di tutti.
Auspichiamo che su tutte queste vicende sia fatta piena luce nelle sedi appropriate ed il Governo relazioni immediatamente e dettagliatamente in Parlamento.  
Rammarico non minore proviamo perché questi avvenimenti hanno completamente oscurato i grandi temi proposti all’opinione pubblica e ai capi di Stato da parte dei contestatori di questo modello di globalizzazione neoliberista.
Non vogliamo mancare di esprimere la nostra gratitudine ai genovesi, che molti gesti di accoglienza e solidarietà hanno manifestato nei nostri confronti, e sono ora vittime della follia violenta che si è scatenata nella loro città. Facciamo eco alle parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante l’Angelus di ieri e ribadiamo che la violenza non costruisce alcuna strada verso il cambiamento. Peraltro, siamo coscienti che queste ferite possono aiutare molti ad aprire gli occhi, a vedere le violenze più grandi che questo sistema, fatto di egoismi e complicità, produce ogni giorno nel mondo e a sentirsi corresponsabili nella costruzione di una civiltà di pace, dove la giustizia e il diritto siano garantiti per tutti.

23/07/2001           Pax Christi

 

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