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IN QUESTO NUMERO:

La prima pagina

Con le mani bianche alzate

A Genova c'erano anche intere famiglie il racconto di una di loro

Quelli che CL considera dei perditempo

Che cosa ci insegna Genova?

La lezione di Genova

Un mondo diverso è possibile

Cosa è capace di fare l'uomo che sussurrava ai lacrimogeni

Ma la violenza e le bugie non fermeranno i sognatori

I prossimi appuntamenti e altro...

 

SETTEMBRE 2001

 «CHI NON SI SCHIERA STA DALLA PARTE DEI RICCHI»
intervista a Mons. Diego Bona 

Mercoledì 15 Agosto 2001   da  LA STAMPA

NOI cattolici non possiamo restare indifferenti al grido d’aiuto dei poveri. E’ giusto scendere in piazza per dare voce al Terzo Mondo ridotto al silenzio. Ed ora, dopo l’anti-G8, nulla è più come prima». MONSIGNOR DIEGO Natale Bona, presidente del movimento internazionale «Pax Christi» e vescovo di Saluzzo, cita don Milani per dettare la linea dell’associazionismo ecclesiale antiglobal: «chi non si schiera, sta con i ricchi». Monsignor Bona, il mondo cattolico si è diviso sui fatti di Genova ? «Abbiamo analizzato ogni dettaglio della contestazione. Siamo tra i fondatori della rete Lilliput ed è nostro dovere tenere alta la speranza nata da una colossale mobilitazione dei cattolici, impossibile da immaginare solo un anno fa. Più che diverse letture, nella Chiesa si confrontano diversi modi di mettere in pratica la dottrina sociale ecclesiale. A volte è questione di sfumature. Con Comunione e Liberazione, che ha criticato i cattolici antiglobal, possiamo pure avere obiettivi in comune, ma le strade percorse per raggiungerli differiscono. Stesso fine, stili diversi». Può farci un esempio ? «Prendiamo il tema della giustizia sociale. Eravamo rimasti in pochi a confrontarci sul tema dell’equa distribuzione delle risorse. Dopo Genova è tutto un proliferare di forum ed iniziative di riflessione. Ci rendiamo conto, però, che per ottenere risultati concreti e di ampio respiro occorre avere un progetto. Il volontariato e l’associazionismo ecclesiale devono ricompattarsi per aree omogenee, altrimenti si rischia di sperperare l’immenso patrimonio ideale del movimento antiglobal». C’è qualcosa che non è andato come pensavate ? «Sì, quando abbiamo consegnato il nostro programma a Vattani eravamo fiduciosi che fosse seriamente preso in considerazione dagli otto grandi. Bisogna riconoscere che nel documento finale del summit c’è ben poco della nostra impostazione. Evidentemente leader dell’Occidente industrializzato non hanno messo al centro dei colloqui l’orientamento solidaristico e l’attenzione agli indigenti. Come cattolici, poi, dobbiamo assolutamente darci un regolamento interno che escluda ogni forma di violenza, perché l’anti-G8 è stato un momento molto alto che richiede un progetto di spessore, in grado di saldare le varie componenti. Un movimento non può reggersi soltanto sulla consonanza di ideali, va strutturato lo spontaneismo emerso durante la contestazione». Non c’è il rischio di confondersi con le frange estremiste ? «Oggi è assurdo agitare lo spettro della lotta armata. Il movimento sceso in piazza a Genova allarga gli orizzonti della Chiesa e della società. A noi impegnati a dialogare con il popolo di Seattle i violenti hanno provocato danni immensi. Non c’è da stupirsi se nel mondo cattolico ci interpretazioni tanto diverse della contestazione e non si può demonizzare nessuno, ma occorre riflettere e agire con coerenza. Come seguaci del Vangelo non possiamo non schierarci, non possiamo non prendere posizione di fronte a un mondo fatto di pochi ricchissimi e miliardi di disperati. Don Milani ci ha insegnati che davanti alle ingiustizie chi si proclama neutrale, dopo due settimane, si schiera dalla parte dei ricchi». E adesso cosa farete ? «Abbiamo verificato una crescita di interesse straordinario attorno alle nostre tradizionali battaglie per il Terzo Mondo. Tanti giovani cattolici hanno scoperto il fascino della solidarietà e del concreto impegno a favore dei bisognosi. Rispetto al colossale potere economico delle multinazionali, è questo il nostro patrimonio da investire nel modo più produttivo. Per noi di Pax Christi è normale fare da cerniera tra mondi diversi. Sa da quando i pontefici si rivolgono non solo ai credenti, ma agli uomini di buona volontà ? Dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII. Allora la guerra atomica era più di una minaccia, adesso sarebbe utile a tutti ascoltare attentamente il Papa. Soprattutto quando parla di giustizia sociale».

 

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