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IN QUESTO NUMERO Le querce di Monte Sole: dalla memoria alla vigilanza
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SETTEMBRE 2004 ARMI E ARMI ANCORA Disamina e analisi della Relazione 2004 sull'export di armi italiane. Giorgio Beretta padre
saveriano Un vero boom, è il caso di dirlo. Si tratta dell'export
italiano di armi. Crescono quasi del 30% le consegne effettuate nel
2003 rispetto all'anno precedente passando dai 487,2 milioni di euro del
2002 ai 629,6 milioni di euro dello scorso anno. Ma soprattutto aumentano le
nuove autorizzazioni che raggiungono la cifra record
dell'ultimo quadriennio toccando 1 miliardo e 282 milioni di euro con un
incremento che sfiora il 40% (39,36%) rispetto ai 920 milioni di euro del
2002 quando già si era registrato un aumento del 6,6% in confronto al 2001,
anno in cui le autorizzazioni erano di circa 863 milioni di euro. Sono le
cifre che si ricavano dall'ultima "Relazione sulle operazioni
autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e
transito dei materiali di armamento e dei prodotti ad alta tecnologia"
trasmessa dalla Presidenza del Consiglio al Parlamento nel marzo scorso. Ancor più esplicita è la violazione della legge italiana ed europea sul commercio delle armi da parte del Governo nel caso della Cina. La riforma della legge 185/90 apportata lo scorso giugno prevede infatti che l'Italia non esporti armi a Paesi "nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea". E proprio verso la Repubblica popolare cinese è in vigore un embargo di armi deciso dalla Comunità europea già nel 1989 dopo la strage di piazza Tienanmen e riconfermato lo scorso dicembre dal voto e da una specifica dichiarazione del Parlamento Europeo (approvata con 373 voti a favore, 32 contrari e 29 astensioni) nella quale si afferma che "la situazione dei diritti umani in Cina resta insoddisfacente, le violazioni delle libertà fondamentali continuano, così come continuano le torture, i maltrattamenti e le detenzioni arbitrarie". Una denuncia, tra l'altro, ribadita da un documento ufficiale presentato nelle scorse settimane a Bruxelles da Amnesty International nel quale Amnesty ricorda come "la situazione dei diritti umani in Cina presenta ancora un quadro terrificante: centinaia di migliaia di persone continuano a essere arrestate in tutto il Paese in violazione dei fondamentali diritti umani; condanne a morte ed esecuzioni hanno luogo regolarmente al termine di processi irregolari; i maltrattamenti e le torture sono tuttora diffusi e sistematici; la libertà di espressione e di informazione resta fortemente limitata". Vien da chiedersi, perciò, in base a quali criteri l'attuale Governo possa permettere la vendita di armi italiane alla Cina: si tratta di sette autorizzazioni per oltre 22,8 milioni di euro rilasciate nel 2002, alle quali vanno aggiunte altre tre rilasciate lo scorso anno del valore complessivo di ben 127 milioni di euro. Stupisce non poco trovare scritto a pag. 16 della Relazione governativa che "anche nel 2003, fra le autorizzazioni rilasciate, oltre a non esserci alcun Paese rientrante nelle categorie indicate nell'articolo 1 della legge, il Governo ha mantenuto una posizione di cautela verso i Paesi in stato di tensione". Il Governo, si sarebbe avvalso "per i casi più delicati" del contributo di un "Comitato interdirezionale costituito all'interno del Ministero degli affari esteri e presieduto dal Sottosegretario di Stato delegato". Forse al Comitato e al Sottosegretario sarà sfuggito che è in atto un esplicito embargo dell'UE verso la Cina. La Campagna Banca Armate
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