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SETTEMBRE 2005 UN ARTICOLO DI AVVENIRE, LA RISPOSTA DI PAX CHRISTI
Riportiamo qui di seguito l’articolo apparso su Avvenire del 5
agosto 2005 e la risposta inviata al medesimo giornale, da Pax Christi. Vi chiediamo la massima diffusione sia dell’articolo che della risposta di Pax.
Le nostre Forze
Armate Vittorio E. Parsi Avvenire 5 agosto 2005 Ieri il generale Graziano ha assunto per i prossimi sei mesi il comando della Brigata Internazionale di stanza nella regione di Kabul. Va così ad aggiungersi al generale di corpo d'armata Del Vecchio, che per un periodo di nove mesi ha la responsabilità militare dell'intero Afghanistan. Negli avvicendamenti che portano ai vertici della catena di comando due generali italiani non c'è nulla di casuale o automatico. Si tratta invece del riconoscimento alle truppe italiane, che hanno ben meritato in questo scacchiere, come negli altri in cui sono impegnate. E sono molti i teatri
operativi che in questi anni hanno visto i nostri Esse sono ormai composte da professionisti, ben lontani dallo stereotipo del "soldatino", uomini e donne in grado di operare fianco a fianco dei migliori eserciti del mondo. Non solo, in un Paese che fatica più del dovuto a esprimere classi dirigenti e capitani d'industria in grado di misurarsi a livello internazionale, le Forze Armate italiane rappresentano una confortante certezza, capace di assicurare uno standard elevato di prestazione. Eppure, ancora una volta a discapito dei tanti luoghi comuni, l'incremento della professionalità nel difficile "mestiere delle armi" non ha minimamente intaccato quelle qualità di umanità, flessibilità e solidarietà che, anzi, le ha fatte apprezzare non solo dagli alleati, ma soprattutto dalle popolazioni che sono incaricate di proteggere. I "fronti" su cui i nostri militari sono impegnati sono tutti "fronti di pace", missioni di carattere internazionale dedicate al mantenimento o al ripristino di quelle condizioni minime di sicurezza senza le quali nessuna società e nessun Paese può sperare di lasciarsi alle spalle le distruzioni, fisiche e morali, che qualunque guerra comporta. È uno sforzo importante e costoso che, mentre consente a uomini e mezzi di operare in situazioni operative non simulate, logora gli uni e gli altri, e sottrae risorse e tempo alla necessaria routine di addestramento. Con quale criterio, allora, dovremmo decidere le missioni a cui è opportuno partecipare? Molto sommariamente, a puro titolo esemplificativo, si possono individuare tre tipologie. Le prime sono quelle che hanno come teatro regioni nelle quali, per collocazione geografica, per eredità storica e per potenziale di destabilizzazione o sviluppo, si vede un interesse diretto dell'Italia: è il caso dei Balcani. Nelle seconde il nostra intervento è dettato da motivi di urgenza umanitaria, come nel Darfur. Il terzo tipo, infine, è quello che possiamo definire di carattere strategico, orientato cioè a conseguire obiettivi sistemici, coordinati con i nostri alleati. Siamo in Afghanistan e in Iraq per assicurare il nostro contributo nella difesa contro quelle formazioni terroristiche che hanno dichiarato guerra a chiunque creda nella libertà e nella tolleranza, a qualunque cultura o fede appartenga. Sono queste ultime le operazioni più difficili da attuare e, per molti aspetti, le più rischiose. Di sicuro sono quelle più "politiche". Ma in nessun modo possono essere intese diverse dalle altre nello scopo di «ripristinare le condizioni di sicurezza necessarie allo sviluppo pacifico delle popolazioni locali e delle loro istituzioni».
LETTERA Al Direttore di AVVENIRE ...un banale errore E' proprio vero, non è più come una volta. Quando non c'era la posta elettronica, e anche i giornali si facevano con più calma....
Oggi c'è l'e-mail, si clicca e via, l'articolo è
spedito. Solo che è anche più facile sbagliare. Ti scappa il clic
sull'indirizzo sbagliato ed è fatta. Invece di inviare a Giuseppe, hai
spedito a Franco o a Martina e magari non volevi neanche che venisse a
sapere quello che scrivevi. E' la tecnologia, affascinante ma fallace. Probabilmente è successo così anche all'editorialista di Avvenire,
Vittorio E. Parsi, che, forse su invito diretto del Ministro della Difesa ha
scritto un articolo dal titolo: Le nostre Forze Armate, In prima linea per
gli altri e per il Paese. Vengono celebrate le missioni di pace; si legge
che "le Forze Armate della Repubblica hanno spesso rappresentato il
biglietto da visita del Paese, e sempre hanno sostenuto l'immagine e il
prestigio della nazione." E via via viene decantata la professionalità del
'mestiere delle armi', delle motivazioni per i fronti e le missioni di pace.
"Siamo in Afghanistan e in Iraq per assicurare il nostro contributo nella
difesa - scrive Parsi - contro
quelle formazioni terroristiche che hanno dichiarato guerra a chiunque creda
nella libertà e nella tolleranza, a qualunque cultura o fede appartenga." Un
bell'articolo di un giornalista embedded, 'arruolato', come si usa adesso
perfetto per il Ministero della Difesa. Peccato che il clic sull'e-mail
sbagliata lo abbia fatto arrivare alla Redazione del quotidiano cattolico
AVVENIRE che lo ha pubblicato, forse senza leggerlo bene, fidandosi
dell'autorevole firma, venerdì 5 agosto. Sono un banale errore può aver consentito la pubblicazione sul quotidiano cattolico di un articolo che non tiene conto della condanna della assurdità della guerra preventiva. Sono un banale errore può aver consentito la pubblicazione sul quotidiano cattolico una riflessione che poco ha a che vedere con riferimenti evangelici, che sembrerebbero andare in altre direzioni, quali quelle del disarmo, della nonviolenza, del dialogo e della riconciliazione: tu non uccidere, tu dona la vita, non calpestarla mai in nessun modo, ci ricorda Gesù. Facciamo queste considerazioni oggi 6 agosto 2005, a 60 anni dallo sgancio della bomba di Hiroshima, davanti all¹aeroporto militare di Ghedi (Brescia) in cui sono stipate 40 bombe atomiche e da cui sono partiti i tornado per la guerra del Golfo: saranno anche questi strumento per un "nuovo fronte di pace" e modo per "sostenere l¹immagine e il prestigio del nostro Paese"? Accidenti a questi
sistemi tecnologici, dove basta un clic per sbagliare. Ma siamo certi, non tarderanno le scuse per il "banale" errore. 6 agosto 2005 don Fabio Corazzina, coordinatore nazionale Pax Christi don Renato Sacco, Mosaico di Pace
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