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AZIONE CATTOLICA ITALIANA DELL’ARCIDIOCESI DI BOLOGNA

BULLISMO

Il BULLISMO è a tutti gli effetti una forma di violenza non solo fisica ma anche verbale e psicologica che sta aumentando sempre di più nella nostra società.

Una recente indagine relativa al bullismo nelle scuole superiori d’Italia ha evidenziato che un ragazzo su due subisce episodi di violenza, verbale, psicologica e fisica e che il 33 per cento è una vittima ricorrente di abusi. Dai risultati dell’indagine emerge che le prepotenze di natura verbale e psicologica prevalgono rispetto a quelle di tipo fisico: il 42 per cento dei ragazzi afferma di essere stato preso in giro, il 30 per cento ha subito delle offese e il 23,4 ha segnalato di aver subito calunnie; nelle violenze di tipo psicologico il 3,4 per cento denuncia l’isolamento di cui è stato oggetto mentre l’11 per cento dichiara di essere stato minacciato.

All’interno della Marcia per la pace vogliamo riflettere sul fenomeno del BULLISMO proponendo ai ragazzi diverse attività su alcune attenzioni che da sempre l’Azione Cattolica ha nei confronti dei più piccoli: queste attenzioni possono essere agite come stile di nonviolenza utile a sconfiggere il fenomeno del bullismo:

-          valorizzare il primato dell’essere sull’apparire: il ragazzo è accompagnato a far crescere quelle dimensioni che in modo più vero esprimono la realtà della sua persona, attento a non fermarsi alla preoccupazione di offrire soltanto un’immagine, reale o effimera di sé;

-          crescere nella cura dell’interiorità, accompagnare i ragazzi a coltivare il senso del proprio essere persona e accettare la vita come  un dono;

-          avere cura delle relazioni, coltivare il dialogo, la comunicazione interpersonale e quegli atteggiamenti di apertura e perdono che diventano stile;

-          guardare quindi i ragazzi non in funzione di quello che saranno domani, ma per ciò che sono oggi, accompagnandoli a vivere in pienezza questa stagione della vita legata alla scoperta del mondo e alla crescita della persona.

Nello stand della nostra associazione, situato alla partenza della marcia presso i Giardini Margherita, verrà proposta un’attività/gioco che aiuterà i ragazzi a riflettere su questa forma di violenza e su come la dinamica del gruppo possa educare i ragazzi ad uno stile di nonviolenza.

 

Comunità di Bologna del Movimento dei Focolari

Economia disarmata

È il Gruppo di riflessione e azione promosso dal Movimento dei Focolari in Italia per sostenere l’impegno nella costruzione della pace a partire dalle scelte nel campo della finanza e dell’industria del nostro Paese.

La prima finalità che cerca di seguire è quello di alimentare una coscienza capace di ribellarsi sempre verso la menzogna e la violenza. Spesso, infatti, la consapevolezza dell’ingiustizia conduce solo ad un’indignazione temporanea perché prevale l’accettazione della sconfitta, l’inutilità dell’azione secondo giustizia. In tal senso la riflessione che sostiene l’azione intende promuovere un vero dialogo sulla giustificazione della guerra e la conoscenza critica della storia a partire dalla rimozione dell’abominio della Grande Guerra del 15-18, tuttora presentata come fondante l’unità nazionale.

In numerosi incontri pubblici, anche presso il Parlamento, il Gruppo Economia disarmata ha cercato il rapporto con associazioni, movimenti, centri di ricerca, deputati e senatori per mettere in evidenza lo stretto legame tra finanza e armamenti partendo dalle domande aperte ed esplicite avanzate dai responsabili del Movimento dei Focolari in Italia

1.     Come mai micidiali bombe (prodotte per conto di un’impresa tedesca) partono periodicamente dal nostro territorio (Sardegna) per essere esportate in Arabia Saudita, Paese coinvolto nella guerra dimenticata nello Yemen, in violazione della legge 185/90 che vieta l’invio di armi verso le zone di conflitto o dove non si rispettano i diritti umani?

2.     Come mai Finmeccanica - Leonardo (30% del capitale controllato dal ministero dell’Economia e finanza) sta cedendo progressivamente il settore civile per investire nel comparto delle armi seguendo “l'utopia” di una politica industriale degli armamenti che offre meno posti di lavoro di altri comparti tecnologici, promuove di fatto i conflitti armati diffusi a livello planetario e ha una scarsa ricaduta economica sul territorio? Perché non si destinano fondi pubblici alla riconversione dell'industria bellica come previsto nella legge 185/90?

3.     Come mai l'Italia ospita sul suo territorio, nelle basi militari di Aviano e Ghedi, decine di bombe nucleari quando può legittimamente chiedere agli Stati Uniti di riprendersi questi strumenti di morte come hanno fatto altre nazioni che appartengono all’Alleanza atlantica?

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Slot Mob 

Slot Mob è un movimento per la democrazia economica e la giustizia sociale.

Da settembre 2013  gruppi di cittadini di molte città e paesi italiani si sono radunati festosamente in centinaia di locali nel Paese per ringraziare e premiare i baristi che rifiutano di vendere l’azzardo come esempio di un legame sociale più forte della potenza del denaro. Lo Stato deve prendere esempio da questa resistenza morale e civile rifiutando di dipendere dalle entrate dell’azzardo per colpire, invece, le rendite di posizione e promuovere politiche economiche in grado di generare ricchezza da distribuire tra tutti.

L’Italia,infatti, non ha legalizzato l’azzardo ma lo ha incentivato tanto che per il 2016 si prevede una raccolta straordinaria di 96 miliardi di euro con un’entrata per le casse erariali di oltre 9 miliardi. Sono queste cifre a rappresentare la vera dipendenza patologica di uno Stato che, nel pieno della crisi economica più grave del dopoguerra, ha deciso di fare cassa sulla fragilità delle persone facendo del territorio un casinò diffuso e pervasivo in mano a società multinazionali orientate a fare profitto sulla vita della gente. Tutto avviene come se non esistesse una Costituzione fondata sul lavoro che finalizza l’iniziativa economica privata all’utilità sociale.

Movimento Slot Mob  mira a ridiscutere pubblicamente il sistema delle concessioni pubbliche dell’azzardo che vanno tolte alle società orientate al profitto e perciò interessate a promuovere un’offerta che diventata ossessiva. Questo tipo di incentivazione non ha limitato affatto la presenza della criminalità. La conferma arriva dalle relazioni della Direzione nazionale antimafia, senza contare i recenti arresti eccellenti.  Solo la rigenerazione di un forte legame sociale può essere oggi la risposta alla cultura della solitudine competitiva eretta a sistema 

 

Albero di Cirene

La ferita dell'uomo del Progetto NON SEI SOLA sono le tante ferite inferte alle donne costrette alla prostituzione lungo le strade della nostra città.

Sono schiave dei loro aguzzini, sono schiave di ricatti e di ritorsioni, sono schiave dei clienti che sono i nostri mariti, i nostri figli, i nostri fratelli ,i nostri amici, i nostri colleghi.

Sono schiave del pregiudizio. Superare il muro del pregiudizio è possibile, spezzare le catene della schiavitù è doveroso.

Così avviene che per i quartieri di Bologna, nelle ore notturne, può succedere di incontrare un gruppo che si muove in pulmino bianco percorre quelle strade dove le donne prostituite vengono illuminate dai fari delle macchine che rallentano, si fermano e poi ripartono. Il pulmino bianco si ferma e una umanità diversa offre alle donne schiave uno sguardo differente, una taźza di the caldo, un colloquio diverso è possibile. 

 

ASSOCIAZIONE COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII

49^ MARCIA NAZIONALE PER LA PACE –BOLOGNA 31 DICEMBRE 2016

Come da molti anni a Rimini e come un anno fa anche a Bologna, la Comunità Papa Giovanni XXIII invita tutti gli uomini di buona volontà ad incontrarsi nella Marcia per la Pace.

E’ un appuntamento dettato dall’urgenza di questo momento storico particolare: l’immane tragedia di Aleppo come dell’esodo dei profughi è sotto gli occhi di tutti.

Mala Marcia è solo il segno di una più grande responsabilità e di un quotidiano impegno per costruire in modo nonviolento la pace. A partire dal primo luogo in cui si gioca: il cuore dell’uomo, passando attraverso la conversione delle nostre relazioni familiari sociali ed economiche, per arrivare certo all’evidenza dei grandi conflitti armati che distruggono la vita,specie delle popolazioni più povere e diseredate.

Finché nella nostra vita personale e comunitaria non saremo decisi a restituire nulla di ciò che i nostri sistemi di vita derubano ai più poveri e agli ultimi sia sul piano sociale che economico, non solo non costruiremo la pace, ma saremo fautori di guerra.

Per la Comunità Papa Giovanni XXIII incontrarsi in questo giorno di festa di speranza e di cammino insieme significa con altrettanta chiarezza uscire dalle proprie “cerchie”religiose e culturali, affidarsi a un dinamismo che portia muoversi, ad andare incontro all’altro.

La pace non è “di qualcuno ”nemmeno dei “cattolici”, la Pace è innanzitutto dono che si riceve come Gesù ci insegna nel Vangelo di Giovanni: Vi do la mia pace, non come la dà il mondo io la do a voi (Gv. 14,27). E l’incontro con l’altro, il suo riconoscimento, il dialogo e la comprensione reciproca sono condizioni favorevoli perchè questo dono si sveli e si realizzi: a noi stessi e agli altri.

Perciò nell’organizzazione della Marcia di quest’anno abbiamo avuto particolarmente a cuore e sentito la responsabilità di contribuire al momento dell’incontro civico e interculturale dei Giardini Margherita con tutte le associazioni impegnate nel campo della solidarietà, della difesa dei diritti: ricorderemo le violenze storiche di ieri e le ferite ancora aperte di oggi, testimoniando la vita e l’impegno nonviolento con cui ce ne prendiamo cura.

Abbiamo anche sentito la responsabilità di “costruire” il pezzo di marcia e preghiera interreligiosa che culminerà in Piazza S. Domenico, con la lettura condivisa dell’Appello di Pace di Assisi 2016 da parte di tutti gli esponenti della comunità religiose presenti a Bologna che hanno accolto  l’invito.

Insieme vogliamo essere più che mai profeti di un mondo fraterno quale oggi non sembra più riuscire ad essere. Come comunità di fede abbiamo tutti la responsabilità oggi più che mai urgente di testimoniare la fraternità che deve guidare i nostri rapporti, e di rivolgerci alla società intera per richiamarla a custodire il tesoro così prezioso del Bene comune, per il quale ognuno di noi può e deve fare qualcosa.

In questa direzione, per quanto ci riguarda l’appartenenza alla Comunità Papa Giovanni XXIII ci spinge a condividere la nostra vita con gli ultimi quotidianamente mettendo la nostra spalla sotto la loro eci permette così di sentire il dolore delle ferite che le tante croci della nostra società producono. 

Le ferite di Bologna sono Donne a volte bambine spesso provenienti da altri paesi la cui ferita non si vede al primo incontro ma la si tocca nella relazione profonda. Le incontri sulle strade delle nostre periferie, ai margini della città .. d’estate o di inverno.  Sono vittime, costrette a vendere il loro corpo rincorrendo un sogno a cui spesso non arrivano mai.

Le ferite di Bologna sono uomini che hanno perso tutto, la casa, la famiglia, gli amici. Il lavoro. La lo ferita si chiama solitudine. Sono invisibili perché spesso non li riconosciamo.. si mescolano alla gente che aspetta il treno o il bus oppure sono talmente in basso lungo le strade che siamo cosi persi nei nostri pensieri da non accorgercene nemmeno.

Le ferite di Bologna sono ragazzi e ragazze che vivono in fabbriche abbandonate, in parchi ai margini della città, nel degrado, nello sporco e nella spazzatura. In palazzi fatiscenti e che mettono paura. Ma sono ragazzi e ragazzi delusi dalla vita, da tutto e tutti che ricercano la vita nelle droghe nell’alcool o nelle nuove forme di dipendenza.  

Le ferite di Bologna sono intere famiglie, discriminate, che richiamano pregiudizi e stereotipi, che faticano nell’integrazione e a farsi conoscere.. sono le ferite di tante famiglie rom e sinte che con i loro figli ogni giorno vivono questa città con fatica e isolamento.

Le ferite di Bologna sono bambini e bambine le cui famiglie non riescono a prendersi cura di loro e vengono abbandonati, strumentalizzati, utilizzati come paracolpi dei conflitti famigliari, vittime dei problemi genitoriali. Oppure sono vite nascenti, rifiutati all’inizio della loro vita nel grembo materno.

Le ferite di Bologna sono tante, tutte profonde e amare, che portano rabbia, violenza, delusione, insoddisfazione. Per noi la non violenza si esplicita nel mettere la nostra vita insieme alla loro.

Ed è per questo che siamo qui oggi, tuttiinsieme ad invocare la Pace che nasce anche dal lenire queste ferite.

 

ASSOCIAZIONE CHIAMA L'AFRICA

MINERALI CLANDESTINI

E’ una mostra fotografica, un’installazione in orizzontale e verticale, una pubblicazione, un viaggio alla scoperta di guerre e disastri sociali ed ambientali, da esporre all’aperto o in un grande locale. Denuncia le gravi violazioni dei diritti dell’uomo nell’estrazione e nella trasformazione di minerali preziosi per le nuove tecnologie informatiche ed automobilistiche.  E’ un evento prodotto da Chiama l’Africa, associazione di Parma che si impegna a diffondere nel nostro paese una conoscenza più approfondita del continente africano, attraverso convegni, campagne di sensibilizzazione e pressione e campi di lavoro e studio. La mostra è stata ideata e realizzata da Mario Ghiretti in collaborazione con Solidarietà-Muungano ONLUS, Rete Pace per il Congo, Maendeleo Italia, Fondazione Nigrizia, Cipsi, Emmaus Italia, Missione Oggi. Con il contributo poetico di Erri De Luca. Sito web: www.chiamafrica.it Email: chiamafrica@gmail.com Tel. 0521.314263

 

Donne in Nero di Bologna

Da più di vent'anni le Donne in Nero sono presenti a Bologna. Abbiamo sempre portato avanti, con le nostre forze e in totale autonomia di pensiero e di pratiche, un attivismo contro la guerra in relazione con le donne dei luoghi di conflitto o guerra con cui siamo riuscite ad entrare in contatto o organizzate in gruppi di Donne in Nero già attivi.
Siamo nate in Israele dove un gruppo di Women in Black cominciò questa storia scendendo ogni venerdì in Paris Square a Gerusalemme dall'87 con cartelli e "manine" con su scritto "Stop Occupation". Da allora continuano ogni venerdì a fare il loro "presidio" malgrado gli epiteti di traditrici, puttane ecc. Ci siamo poi occupate di altre guerre, come quella in Afghanistan e in Iraq e quella terribile e così vicina a noi in Ex-Yugoslavia. Siamo state vicine alle donne di quei luoghi martoriati facilitando incontri tra donne che attraversassero quei confini che si volevano ricreare, per impedire che vincesse l'odio, abbiamo attraversato quei luoghi di violenza e distruzione con le donne in nero di Belgrado da cui abbiamo imparato molto soprattutto il coraggio e che vivono ancora la persecuzione di un dopoguerra caratterizzato dal nazionalismo.
"FUORI LA GIUERRA DALLA STORIA" è la nostra utopia realizzabile se si prepara la pace e non la guerra, significa mettere fine alle guerre di distruzione e morte che si vanno invece diffondendo e diventano sempre più crudeli, significa far sì che i libri di storia non siano quasi esclusivamente basati su guerre e conquiste ma su tempi di pace, finalmente dopo millenni. ecc. . E' inammissibile che ci si dedichi alle guerre, alla produzione e vendita di armi ben sapendo quali sono le loro nefaste conseguenze e sentire ministri/e che parlano di vendite legali come se fosse legale usare le armi contro le popolazioni, chi le vende ne diventa complice.
Noi riteniamo che le guerre continuino ad esistere non solo per gli interessi dei vari paesi rispetto al reperimento delle risorse e nella ricerca del potere ma anche che alla base di tutto questo ci sia l'ordine patriarcale del mondo basato su una supposta superiorità maschile e sulla gestione del potere da parte del genere maschile che non può rinunciare alla guerra in quanto giustificazione appunto dell'esistenza stessa del patriarcato "la guerra c'è sempre stata e sempre ci sarà" oppure "se vuoi la pace prepara la guerra", "creazione del "nemico" attraverso una propaganda che incita all'odio, creazione dell'"eroe". Lottiamo in maniera non violenta contro guerre e conflitti sostenendo le donne che pur non avendo scelto la guerra, devono sopportarne le conseguenze sui propri cari e care e sul proprio corpo considerato campo di battaglia o bottino di guerra. Riteniamo fondamentale evidenziare quelle che sono le conseguenze sulle vite delle donne laddove si verifichino conflitti armati, eventi drammatici che si tende ad occultare ma che ci fanno riflettere sullo sconvolgimento di quella che era stata la vita sociale e civile e di cui gli attori armati non si preoccupano affatto. Per questo invitiamo donne da questi luoghi perché siano loro stesse a raccontare le violenze delle guerre e le portiamo in scuole, conferenze, incontri con le istituzioni, presentazione di libri, proiezioni, ecc. perché si sappia, si deve sapere! L'impostazione geopolitica degli eventi nel mondo e la conseguente informazione non basta e non può bastare, sono donne e uomini, bambine e bambini, persone anziane o affette da malattie o handicap coloro che vivono le guerre.
Facciamo attività nelle scuole usando i materiali di propaganda da noi raccolti nei viaggi nei luoghi di conflitto e raccontando le nostre esperienze oppure lavoriamo con gruppi di studenti e studentesse fornendo materiali di riflessione che possano facilitare una posizione critica rispetto al ricorso alla guerra nelle situazioni di conflitto.
Viaggiamo incontrando donne di vari paesi del mondo quasi sempre spazzati dai conflitti, la nostra presenza è importante perché sta ad indicare che nel mondo c'è chi si cura delle donne che lottano contro le guerre e si preoccupa della loro incolumità, inoltre diamo voce alle loro lotte.
E' pochissimo rispetto alle necessità ma siamo presenti in molte parti del mondo dove diamo il nostro contributo per costruire un giorno "un mondo senza guerre".