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31 DICEMBRE 2001: VEGLIA DI FINE ANNO

 

¯    Canto

         Ø      "Quest'anno la Giornata Mondiale della Pace viene celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell' 11 settembre scorso. In quel giorno, fu perpetra­to un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie prove­nienze etniche, furono orrendamente massacrate. Da allora, la gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale ed ha cominciato a guardare al futu­ro con un senso fino ad allora ignoto di intima paura. Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa de­sidera testimoniare la sua speranza, basata sulla con­vinzione che il male, il mysterìum inìquitatis, non ha l'ultima parola nelle vicende umane. La storia della salvezza, delineata nella Sacra Scrittura, proietta grande luce sull'intera storia del mondo, mostrando come questa sia sempre accompagnata dalla sollecitu­dine misericordiosa e provvida di Dio, che conosce le vie per toccare gli stessi cuori più induriti e trarre frutti buoni anche da un terreno arido e infecondo.
      
È questa la speranza che sostiene la Chiesa all'inizio del 2002: con la grazia di Dio il mondo, in cui il potere del male sembra ancora una volta avere la meglio, sarà realmente trasformato in un mondo in cui le aspirazioni più nobili del cuore umano po­tranno essere soddisfatte, un mondo nel quale prevarrà la vera pace."
(Giovanni Paolo II Giornata Mondiale della Pace 1° Gennaio 2002)

SALMO 137(136)

1Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion.

 2Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre.

3Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion!».

4Come cantare i canti del Signore in terra straniera?

5se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra ;

6mi si attacchi la lingua al palato,  
se lascio cadere il tuo ricordo,  
se non metto Gerusalemme  
al di sopra di ogni mia gioia                              

                                                  "Questa esistenza io l'accetto, Signore e l'accetto in 
                                                   speranza. 
                                                 
Una speranza che tutto comprende e sopporta, una 
                                                  speranza che non so mai se la posseggo davvero. Io so,                                                   Signore, che essa
non é un'utopia, ma viene da Te, nasce 
                                                da Te e abbraccia tutto e comprende,  come promessa
                                               che l'umanità arriverà alla pie­nezza di vita ed ogni uomo 
                                               potrà davvero non vergognarsi d'essere uomo". 
                                                                                                                  (Karl Rahner)

 

¯ Canto

 

v             Pace come perdono

 

                                                                             La pace: opera di giustizia e di amore

Quanto è recentemente avvenuto, con i terri­bili fatti di sangue appena ricordati, mi ha stimolato a riprendere una riflessione che spesso sgorga dal profondo del mio cuore, al ricordo di eventi storici che hanno segnato la mia vita, specialmente negli anni della mia giovinezza. Le immani sofferenze dei popoli e dei singoli, tra i quali anche non pochi miei amici e conoscenti, causate dai totalitarismi nazista e comunista, hanno sempre interpellato il mio animo e stimolato la mia preghiera. Molte volte mi sono soffermato a riflette­re sulla domanda: qual e la vita che porta al pieno ri­stabilimento dell'ordine morale e sociale così barbara­mente violato? La convinzione, a cui sono giunto ra­gionando e confrontandomi con la Rivelazione bibli­ca, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infran­to, se non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella  particolare forma dell'amore che e il perdono.                 
(Giovanni Paolo II Giornata Mondiale della Pace 1° Gennaio 2002)

 

Ø      Testo di un ebreo trovato negli archivi di un campo di concentramento tedesco

 Pace a tutti gli uomini di cattiva volontà.  Cessi ogni vendetta, cessi ogni appello al castigo ed alla retribuzione, ormai i crimini hanno oltrepassato ogni misura. Ci sono troppi martiri, ci sono troppe vittime. Signore non misurare le loro sofferenze con la Tua giustizia. Non lasciare che queste sofferenze schiaccino gli aguzzini. Siano ripagati gli aguzzini in un'altra maniera. Iscrivi in favore degli esecutori, degli aguzzini, dei delatori, dei traditori e di tutti gli uomini di cattiva volontà il coraggio, la forza spirituale degli altri, la dignità degli altri, la loro lotta interiore costante, la loro invincibile speranza, il sorriso che seguiva le lacrime, il loro amore, i loro cuori spezzati, che restavano saldi e fiduciosi anche di fronte alla morte, fin nei momenti della più estrema debolezza.
Che tutto questo, Signore, sia deposto davanti a Te per il perdono dei peccati, in riscatto per il trionfo della giustizia.
Sia contato il bene non il male.
E che noi possiamo rimanere nel ricordo dei nostri nemici non come loro vittime, non come degli spettri attaccati ai loro passi che li seguono ovunque vanno, ma come dei sostegni nella loro lotta per distruggere la furia delle loro passioni criminali. Non chiediamo per loro nulla di più.
E quando tutto questo sarà finito concedici di vivere, uomini tra gli uomini, e che la loro pace ritorni sulla nostra povera terra.                                                                                            Pace agli uomini di buona volontà; e pace per tutti gli altri uomini.

Momento di silenzio

¯ Canto

dal  VANGELO SECONDO LUCA

Allora egli disse loro questa parabola:  «Chi di voi se ha cento  pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto con­tento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo:                 
  
Rallegratevi con me, perchè ho trovato la mia pecora che era perduta.
Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione

 

La storia di Bianchina di G. Lercaro

C'era un pastore, che aveva cento pecore. Sono tante o sono poche cento pecore? Sono tante? No, sono poche, cento pecore. Perché? Eh, perché nel paese dl Gesù i pastori ne avevano tante, di pecore: migliaia e migliaia. Abramo, che era un grande pastore del paese di Gesù, aveva trecentodiciotto uomini, a custodirgli tutte le sue pecore. Pensate, dunque, quante ne aveva invece questo pastore ne aveva cento, appena.
Perché erano così poche, gli erano tutte care. Uno che ha un milione dl pecore, che se ne fa, se gliene muore una? Ma chi ne ha cento, ah, vuoi bene a tutte. Questo pastore voleva bene a tutte le sue; e le conosceva tutte, una per una; e le chiamava per nome: una era Neretta perché era tutta nera, come il carbone; l'altra la chiamava Ricciutella, perché aveva una lana ricciuta. Ce n'era una, però, che era la più bella di tutte, proprio la più bella. bianca  come la neve, con una lana fina fina. La chiamava:   Bianchina  
Era bella, ma un po' capricciosa. Ce ne sono tra voi, dei capricciosi? No, tra voi non ce ne sono.Le sue compagne dicevano: « Che cosa crede dl essere? là regina? ». E non la volevano neppure con loro;  lei stava sempre vicina al pa­store. Anche
il pastore voleva bene alla Bianchina, e mangiava sempre vicino a lei; e le dava, a volte, un po’ del suo pane; ma   Bianchina era sempre più capricciosa e superba. Un mattina, il pastore uscì dal recinto. Perché su, sui monti, I pastori non hanno la casa: hanno un recinto, dove tengono le pecore la notte, perché non vadano i ladri a rubarle, o i lupi a mangiarle. C'erano, lì vicino, tanti altri pastori che avevano tutti il proprio recinto. Allora, aprì li recinto, ne fece uscire le pe­core, e le chiamava tutte per nome. Poi si mise avanti, col suo bastone, e cantava. Cantava e camminava: su, su per la collina, per i prati finché trovò un bel posto, tutto pianeggiante, dove c'era tanta bella erba verde Allora sedette lì, e le pecore sì sparsero a brucare tutto Intorno, belando: beh, beh...  
Bianchina stette un po' vicino al pastore, poi se ne andò;. ma non voleva andare con le altre pecore: « tutte brutte », diceva lei, « sono brutte, non mi piacciono; lo voglio star sola.  Vide un bel cespuglio di fiori, e camminò per brucarli; poi ancora ne vide uno più distante, e andò; poi avanti, e vai, e vai, si allontanò tanto dal gregge  
Intanto il pastore vedeva tutte le pecorelle d'intorno, e non pensava che quella scervellata se ne fosse andata così lontana, Venne la sera. Bianchina era distante, distante, ormai era scesa in fondo a una valle, era risalita sui pendi di fronte, poi ancora era discesa. Quando s'accorse che il sole era scomparso, allora cominciò a batterie il cuore forte forte: puff, puff,... perché aveva sentito rac­contare la storia dei lupi, che la notte escono a mangiare le pecore; e degli
sciacalli che sono del cani feroci, i quali, se trovano una pecora, te ne fanno una colazione e una cena in quattro bocconi. Allora lei incominciò, poverina, ad andare piano piano, per non fare rumore. Ma, ad un tratto: « oh, povera me'.>> Che cos'ha sentito? L'ululato del lupo. 
Sì, questo è l'ululato del lontano lon­tano, ma è l'ululato del lupo... e poi... l'abbaiare del sciacallo...» Che paura, povera Bianchina!  
Intanto, fattosi sera,, il pastore diede un fischio, che tutte le pecore conoscevano, e tutte. beh, beh, si raccolsero intorno a lui. Lui si mise davanti, col suo bastone, e cantando se ne tornava verso il recinto e le pecore dietro.  
Arrivato al recinto, si mette sulla
porta, per farle entrare, e le pecore entrano, e lui te conta tutte: «Una,' due, tre, quattro... avanti,  Neretta... cinque, sei, sette... su Ricciutella... otto, nove; dieci9 undici... venti... trenta. quaranta. cin­quanta... sessanta... settanta... ottanta, novantasette, no­vantanove...; ne, manca una! ». Chiude, e guarda le pecore: te Ho bell'e capito, è quella scervellata di  Bianchina. Oh, povero me! Adesso mi è rimasta lassù, e il lupo me la divora certamente... Ma no, no; io vado a cercarla! ».
Le pecorelle stavano zitte zitte, non osavano neppur belare, e lo videro, che prese il suo bastone e il suo cappellone, e andò dagli altri pastori, ad avvertirli:«fatemi un po' la guardia anche al mio gregge ». E parti.
Ehm, quella smorfiosetta », avranno pensato le altre pecore, <e non vuoi mai stare con noi, e adesso la pagherà, una volta per tutte. Non vuoi stare in com­pagnia, perché lei è la più bella; vedrà che cosa le giova la sua bellezza...». « mi rincrescerebbe», pensava un'altra, « se Il lupo se la dovesse mangiare; mi rincrescerebbe, ma dopo tutto se l'è meritato, se l'è proprio voluto>>..... 
Il pastore andava di corsa, e di tanto
in tanto lanciava un fischio e poi tendeva l'orecchio, se sentisse un belato. La povera Bianchina si era tutta na­scosta, infilandosi dentro a un rovo, che le aveva strappato la lana bianca, e l'aveva tutta punta: ma lei se ne stava lì quieta, quasi senza 'respirare, per paura che si avvicinassero un lupo o uno sciacallo. A un certo momento, le parve di sentire il fischio del pastore, e tese l'orecchio: il fischio si ripeté. «Oh è proprio il pastore, il mio buon pastore, che viene a cercarmi. Stette ancora in attesa, e il fischio si ripeté, più vicino. Allora fece un belato piccolo piccolo, e il pastore un altro fischio; lei un altro belato, lui un altro fischio; ,un altro belato, e Il pastore si avvicinava, si avvicinava...< Eccolo, eccolo che arriva! Che gioia, che gioia sentirlo arrivare! ».
«Ma adesso me le suona. Adesso me le dà», pensò   Bianchina, << meglio le botte del pastore, che i denti del lupo o dello sciacallo ». Invece il pa­store, pungendosi le mani, allarga i rami del rovo, e: « Povera Bianchina», dice, « come  ti sei ridotta! Ma guarda, quanta paura devi aver avuto! Ti sei tutta punta? Ma vieni, vieni, vieni, sarai stanca; vieni, che ti prendo in collo ». La prende, se la mette in collo, e via cantando. Lei tutta felice: «Com'è buono, com'è buono! ».  
Poi però pensava: « Adesso me le darà quando siamo a casa, in presenza di tutte le altre. Me le avesse date subito là, piuttosto che in presenza di tutte le altre.. pazienza, meglio le botte in presenza delle altre che i denti del lupo o dello sciacallo! ». Le pecorine dormivano con un occhio solo, e stavano aspettando. A un certo punto sentono la voce del pastore, che canta. « Arriva, canta, vuoi dire che l'ha trovata ». Stanno lì, e chiudono allora tutte due gli occhi, e fanno finta di dormire tranquille. Pensano: «Adesso, almeno, una buona penitenza gliela darà, no?».  
Il pastore arriva, posa la pecorina, l'accarezza e: «Va' Bianchina », le dice, «va' a far nanna, chissà come sei stanca, poverina; dormi tranquilla». Le altre non aprono neppure un occhio, e continuano a ruminare, come se dormissero tranquillamente. Il pastore prende due fiaschi, e va dagli amici, e dice: «Faccia­mo festa, avevo perduto la mia pecora e l'ho ritrovata!
Sapete, bimbi chi è   Bianchina?                             (conversazione registrata e trascritta a cura di G. Catti)

 

Intenzioni libere, di perdono            ¯ Canto Kyrie Eleison

Ø    Pace come giustizia

 Dal primo LIBRO DEI RE

 Giudizio di Salomone

                   Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: «Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra. Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto.  
             
Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto.
             
L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io».
             
L'altra donna disse: «Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello
morto». E quella, al contrario, diceva: «Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo». Discutevano così alla presenza del re. Egli disse: «Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto, e quella dice:
             Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo».
Allora il re
ordinò: «Prendetemi una spada!». Portarono una spada alla presenza de l re. Quindi il re aggiunse: «Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra».
            
La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano
commosse per suo figlio, e disse: «Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo!». L'altra disse: «Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!».
            
Presa la parola, il re disse: «Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre».
            
Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono
rispetto per il re, perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.

 

Salmo    54(53)

Dio, per il tuo nome, salvami, per la tua potenza rendimi giustizia.

 Dio, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio alle parole della mia bocca

poiché sono insorti contro di me gli arrogantie i prepotenti insidiano la mia vita, davanti a sé non pongono Dio.

 Ecco, Dio è il mio aiuto,il Signore mi sostiene. Fa' ricadere il male sui miei nemici, nella tua fedeltà disperdili.

'Di tutto cuore ti offrirò un sacrificio, Signore, loderò il tuo nome perché è buono;

da ogni angoscia mi hai liberato e il mio occhio ha sfidato i miei nemici.

 

¯ Canto

Momento di silenzio

 

Dal messaggio del Natale 2001 di Michel Sabbah      

Dio è vicino, anche se sembra lontano. E’ il Signore della storia. Vede quel che fanno i suoi servi ed è paziente. Ma noi sappiamo pure che ogni bene e ogni male avrà il suo compenso in questa stessa vita, sia nella vita delle persone sia in quella dei popoli. L’ingiustizia che continua in questa Terra Santa, l’occupazione della terra, l’umiliazione inflitta alle persone, i massacri, l’assedio che loro è imposto, le privazioni della libertà che Dio ha loro dato, tutto questo un giorno avrà fine. E allora vedremo in questa terra santa il volto di Dio, la pace e la libertà di tutti i suoi figli, palestinesiisraeliani.
Fratelli e sorelle, vi invitiamo a celebrare Natale e a compenetrarne il significato profondo, perché oggi più che mai abbiamo bisogno di tutta la forza spirituale per rinnovare il nostro coraggio. Il nostro messaggio a tutti i  cristiani in questa festa, fonte di gioia e di pace per il mondo, e a tutti i palestinesi, è un messaggio di pazienza, di speranza e di coraggio per sopravvivere a tutte le prove. E il nostro messaggio è anche questo: il ramoscello di ulivo è l’arma più efficace nella mano del palestinese, nella sua resistenza per recuperare la sua terra e la sua libertà.
Il nostro messaggio al popolo ebraico è di speranza ma è anche un invito a rettificare i provvedimenti presi dai suoi governanti: il popolo deve mettersi a fare la pace che i suoi governanti non sono riusciti ancora a realizzare. La bontà di Dio e la sua grazia possono essere più presenti nel cuore di un popolo che non nei piani dei politici e dei militari. I popoli devono essere capaci di incontrarsi non già come combattenti o portatori di morte l’un l’altro, ma nel più profondo della loro umanità e in quanto esseri umani creati per costruire insieme questa Terra Santa, senza necessariamente passare attraverso la paura, la morte e la vendetta. Perché la pace nella giustizia non è  impossibile. La pace è possibile in un rapporto di buon vicinato. La pace che ponga fine all’occupazione, a un evento militare che dura dal 1967, è pure possibile. La pace che ponga fine all’occupazione, che liberi i soldati, li faccia ritornare alla loro società e alle loro famiglie e restituisca loro la capacità di amare e di costruire, invece che mantenerli sotto gli ordini che li obbligano a macchiare le loro mani del sangue di altri, anche questa è possibile e necessaria. Ogni violenza che non cessa di minacciare la sicurezza della vita quotidiana finirà quando l’occupazione avrà fine e giustizia sarà fatta; e quando tutti, israeliani e palestinesi, godranno della medesima libertà e della medesima sicurezza.
E’ per questo che abbiamo bisogno in Terra Santa non di capi che ci insegnano a fare la guerra e che chiedono ai loro popoli di accettare tanti sacrifici, compreso quello della vita; ma di capi che hanno una visione della giustizia e della pace e il coraggio di realizzarle, pronti a pagare essi stessi il prezzo della pace, come il martirio. Abbiamo bisogno di capi “della generazione di coloro che cercano Dio e  cercano il suo volto”.  (Sal 23, 6)
La pace è vicina come Dio è vicino a ognuno e a ciascuno di noi. Fratelli e sorelle, oltre ai nostri sforzi umani, al di là di ogni combattimento umano possibile,  poniamo fiducia in Dio così come ci dice san Paolo: “Il Signore è vicino....  In ogni necessità ricorrete alla preghiera.... Allora la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri”. (Fil 4,5- 7)

Michel Sabbah Patriarca Lartino di Gerusalemme e 
Presidente Internazionale di Pax Christi

 

La necessità del perdono

                Ma che cosa significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare? Un discorso sul perdono non può eludere questi interrogativi. Riprendendo una rifles­sione che ebbi già modo di offrire per la Giornata Mondiale della Pace 1997 (« Offri il perdono, ricevi la pace »), desidero ricordare che il perdono ha la sua sede nel cuore di ciascuno, prima di essere un fatto sociale. Solo nella misura in cui si affermano un'etica e una cultura del perdono, si può anche sperare in una « politica del perdono », espressa in atteggiamenti sociali ed istituti giuridici, nei quali la stessa giustizia assuma un volto più umano.
(Giovanni Paolo II Giornata Mondiale della Pace 1° Gennaio 2002)

 

Segno del nostro impegno                                         ¯ Canto

 

v             Chiediamo la Pace

In particolare, sono convinto che i leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani debbano prendere l'ini­ziativa mediante la condanna pubblica del terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione religiosa o morale.  
Nel dare comune testimonianza alla verità morale secondo cui l'assassinio deliberato dell'inno­cente è sempre un grave peccato, dappertutto e sen­za eccezioni, i leader religiosi del mondo favoriranno la formazione di una pubblica opinione moralmente corretta. E questo il presupposto necessario per l'e­dificazione di una società internazionale capace di perseguire la tranquillità dell'ordine nella giustizia e nella libertà. Un impegno di questo tipo da parte delle religio­ni non potrà non introdursi sulla via del perdono, che porta alla comprensione reciproca, al rispetto e alla fiducia. Il servizio che le religioni possono dare per la pace e contro il terrorismo consiste proprio nella pedagogia del perdono, perché l'uomo che perdo­na o chiede perdono capisce che c'è una Verità più grande di lui, accogliendo la quale egli può trascendere se stesso 
In questa Giornata della Pace, salga dal cuore di ogni credente più intensa la preghiera per ciascuna delle vittime del terrorismo, per le loro famiglie tra­gicamente colpite, e per tutti i popoli che il terrori­smo e la guerra continuano a ferire e a sconvolgere. Non restino fuori del raggio di luce della nostra pre­ghiera coloro stessi che offendono gravemente Dio e l'uomo mediante questi atti senza pietà: sia loro concesso di rientrare in se stessi e di rendersi conto del male che compiono, così che siano spinti ad abbandonare ogni proposito di violenza e a cercare il perdono. In questi tempi burrascosi, possa T'umana famiglia trovare pace vera e duratura, quella pace che solo può nascere dall'incontro della giustizia con la misericordia     
                                                        
(Giovanni Paolo II Giornata Mondiale della Pace 1° Gennaio 2002)

 

¯ Canto

               PREGHIERA

In giorni in cui si accumulano tragedie e sofferenze noi siamo qui, o Dio Padre di tutti, a invocare la tua pace. Siamo qui a invocarla sulle vittime degli attentati, degli incidenti, delle operazioni di guer­ra. Siamo qui a intercedere affinché tu doni a coloro che sono in conflitto la forza di mettere fine a violenze e distruzioni.     
                Tu che operi con la potenza dello Spirito, donaci di comprendere che intercedere non vùol dire sem­plicemente pregare per qualcuno come spesso pensiamo. Significa invece fare un passo in mezzo ai due che sono in contrasto. Intercessione vuoi dire mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto. Intercedere è stare là, senza muoversi, senza scampo, cercando di mettere la mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio di questa posizione. Suscita, Signore, almeno nei pensieri e nei sentimenti un vero spirito di intercessione. 
                Tu, che sei Uno e in Gesù il Cristo ci hai fatto conoscere il tuo amore, concedi a ciascuno di noi un cuore in cui giustizia e pace si abbraccino. Perché nessuno ignori le esigenze della giustizia: assassini e vittime non sono sullo stesso piano. E perché ciascuno sappia dire: quando guardo le persone nes­suna mi è indifferente, per nessuno provo odio o azzardo un giudizio interiore e neppure scelgo di stare dalla parte di chi soffre per maledire chi fa soffrire. Gesù non maledice chi lo crocifigge, ma muore anche per lui dicendo: Padre, non sanno quello che fanno, perdona loro. 
                Tu che sei il Santo, purifica la nostra preghiera, perché mentre preghiamo per la pace1 nel fondo del nostro cuore finiamo per parteggiare, per giudicare, per auspicare l'uno o l'altro successo di guerra. L'istinto si scatena, la fantasia si sbizzarrisce e la preghiera non tende verso quella purificazione del cuore, dei sensi, delle emozioni e dei pensieri che sola si addice agli operatori di pace secondo il Vangelo. Aiutaci, Signore, a vegliare, a vigilare su noi stessi.
                 Dio fedele e misericordioso, in mezzo alle tragedie e alle sofferenze donaci la forza di camminare dentro di esse senza perdere la speranza. Concedi conforto ai sofferenti e soccorso agli afflitti, pace e amicizia tra tutti i popoli, dialogo tra chi li governa e iniziativa politica al posto di quella delle armi. Te lo chiediamo per mezzo di Gesù, il crocifisso per amore che vive e regna nella comunione dello Spirito santo per tutti i secoli dei secoli.                                                                Amen.
(Preghiera per la pace letta giovedì 11 ottobre durante la Veglia Interreligiosa di Preghiera tenutasi a Milano)

 

Distribuzione cartoncini                                                                          ¯      Canto

 

La preghiera musulmana;

Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Clemente!  
Sia lode a Dio, Signore dell'universo,  
il Misericordioso, il Clemente!  
Sovrano nel giorno della ricompensa!  
Te noi adoriamo e Te chiamiamo in aiuto.  
Guidaci sulla strada diritta,
la strada di coloro che tu hai scelto,  
con i quali non sei in collera,
e non sono perduti  
e i servi del più pieno di Grazia (Dio) sono coloro che camminano sulla terra in spirito di umiltà e quando gli ignoranti si rivolgono a loro, essi dicono 'pace!'.
O umanità! Noi ti abbiamo creata
Da una sola coppia di un uomo e una donna,
e ti abbiamo trasformata in nazioni e  tribù;
perché possiate conoscervi
(e non
perché possiate disprezzarvi vicendevolmente).
In verità  fra di voi il più degno di onore agli occhi di Dio
è colui  che è più giusto.
E Dio ha conoscenza piena ed è bene informato su tutte le cose.

 

 

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