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1 OTTOBRE 2004:
4ª VEGLIA DI PREGHIERA IN MEMORIA DEL 60° ANNIVERSARIO DEL MARTIRIO DI MONTE SOLE
MONTE SOLE, MARTIRIO DI UNA COMUNITA’
VEGLIA DI PREGHIERA PER IL 60° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI MONTE
SOLE
1 OTTOBRE 2004 – Parrocchia di Gesù Buon Pastore
CANTO INIZIALE
Il Disegno
Nel mare del silenzio una voce si alzò,
da una notte senza confini una luce brillò,
dove non c’era niente quel giorno...
Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo,
avevi scritto già la mia vita insieme a te,
avevi scritto già di me.
E quando la tua mente fece splendere le stelle,
e quando le tue mani modellarono la terra,
dove non c’era niente quel giorno...
E quando hai calcolato la profondità del cielo,
e quando hai colorato tutti i fiori della terra,
dove non c’era niente quel giorno...
E quando hai disegnato le nubi e le montagne,
e quando hai disegnato il cammino di ogni uomo,
lo avevi fatto anche per me...
Se ieri non sapevo,
oggi ho incontrato te,
e la mia libertà è il tuo disegno su di me:
non
cercherò più niente perché tu mi salverai.
Il martirio brilla dal passato per illuminare il futuro.
Discorso di don Giuseppe Dossetti
(Don Giuseppe Dossetti nacque il 13 febbraio 1913 a Genova dove il
padre si era trasferito per ragioni contingenti Nel 1945 Dossetti è
chiamato a fare parte della Consulta Nazionale e poi della
"Commissione dei '75" per la stesura della Costituzione.
Nonostante la lucidità e l'acume che contraddistinsero poi la sua attività
di politico e parlamentare nelle file della Democrazia Cristiana, a soli
39 anni Dossetti si ritira dalla vita politica: nel 1959 viene ordinato
sacerdote e celebra la sua prima messa nella Parrocchia di S. Terenziano a
Cavriago. Costituisce a Monteveglio il primo nucleo della Piccola Famiglia
dell'Annunziata e sceglie il ritiro monacale e il definitivo silenzio
dalla vita pubblica e politica. All'alba del 15 dicembre 1996 Don Giuseppe
Dossetti si spegne con il conforto dei fratelli e delle sorelle della
Piccola Comunità di Monteveglio.
Il brano è tratto dal discorso tenuto il 15 settembre 1985, giorno in cui
il card. Biffi consegnò alla Piccola Famiglia dell'Annunziata, la pisside
«schiacciata e colpita dai proiettili, trovata sotto le macerie della
chiesa di Santa Maria Assunta di Casaglia.»)
Eminenza e Venerato Padre, […]
esattamente un anno fa, Ella ci dava il mandato di venire e restare qui
a rappresentarvi tutta la comunità diocesana, con il compito
dell'orazione
di suffragio per tutti quanti hanno imporporato del loro sangue non solo
questi luoghi ma tutta la regione, col compito della preghiera per la
concordia tra i popoli e per la conversione dei cuori, col compito di dare
a quanti vengono qui pellegrini l'annuncio della pace, della pace
messianica.
[…] Lei, venerato Padre, ci consegna il corpo del
Signore nella pisside schiacciata e colpita dai proiettili, trovata sotto
le macerie della chiesa di Santa Maria Assunta di Casaglia.
Noi, ricevendola da Lei, la riceviamo idealmente da don
Ubaldo Marchioni che fu l'ultimo a toccarla, poco prima dell'olocausto,
nel giorno di san Michele del 1944: egli la vuotò, questa pisside,
distribuendo il corpo di Cristo alla comunità riunita nella chiesa.
Quasi immediatamente dopo egli fu ucciso sull'altare, e la comunità di
donne, di vecchi e di bambini fu sterminata!
Quindi, tramite Lei, la riceviamo anche da tutte le
altre comunità di fedeli e dai loro pastori morti in quei tragici giorni:
li vogliamo nominativamente ricordare ancora una volta: oltre a don Ubaldo
Marchioni, don Giovanni Fornasini, don Ferdinando Casagrande, p. Elia
Comini e p. Martino Capelli.
Questa sera li sentiremo ben presenti, e speriamo che
entrino con noi a prendere possesso della “Casetta”: soprattutto
sentiamo presenti le anime dei bimbi, i cui angeli vedevano e vedono la
faccia del Padre che è nei cieli (cfr. Mt 18, 10). Nella nostra
adorazione speriamo di essere circondati e sostenuti dalla loro
adorazione, per trarne ispirazione di purezza, di umiltà, di offerta
sacrificale veramente immacolata e irreprensibile. Soprattutto da loro,
che secondo la parola del Signore sono “í più grandi nel regno dei
cieli”, ci proponiamo di trarre incitamento e aiuto per conservarci
sempre in una autentica piccolezza evangelica.
Mentre la ringraziamo ancora, La preghiamo di guidare e mantenere con mano ferma tutta la nostra Famiglia e il nucleo che si
insedia quassù, in questa via di rinuncia fedele e di concreta
piccolezza, che ci farà - speriamo - capaci di mitezza, di
mansuetudine, di discrezione, di rispetto religioso verso tutti.
Soltanto così noi potremo da qui contribuire a quella pace che non sia per il nostro peccato né pace di parte né
irenismo ambiguo, pace che non è astratta ma concretissima, perché è
una persona, è lui stesso, il Signore Cristo.
Dalla prima lettera di Pietro 3;13,17
13 E chi vi potrà fare del male,
se sarete ferventi nel bene? 14 E se anche doveste soffrire per
la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi
turbate, 15 ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori,
pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza
che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, 16
con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male
di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona
condotta in Cristo. 17 E' meglio infatti, se così vuole Dio,
soffrire operando il bene che facendo il male.
La morte di pastori e gregge, testimonianza di comunione.
Da “Le Querce di Monte Sole” di mons. Luciano Gherardi.
(mons.L.Gherardi, parroco per anni della Chiesa di S.Bartolomeo e Gaetano
a Bologna, è l’autore di uno dei libri più noti sulle vicende della
strage di Monte Sole ("Le querce di Monte Sole"), fu compagno di
seminario dei sacerdoti uccisi durante quegli eventi.
Monsignor Luciano Gherardi ci ha lasciato il 20 settembre 1999)
Don Fernando — dice — usciva di quando in
quando anche di giorno, specialmente nell’intervallo fra lo sgombero
delle SS e l’arrivo della Wehrmacht. Andava a visitare i suoi
parrocchiani rintanati qua e là. È venuto anche da me nel bosco. Ero
ferito e mi ha portato della tela per fasciarmi. Me la sono cavata per
miracolo, perché sotto le armi mi avevano fatto l’antitetanica...
Il racconto del Monari ci conforta
e ci inquieta. Cos’è realmente avvenuto dal 29 settembre al 9
ottobre? Se un’esperienza umana e cristiana si giudica dai costi di
fatica e di dolore, è solo in un registro mistico che si può valutare
quella sequenza interminabile di ore, in cui Fernando, Giulia ed altri
fra i pochi sopravvissuti vagarono come ombre.
Qualche indizio affiora dal
silenzio: sprazzi di luce, gesti che illuminano la vita di una comunità
sommersa. Una storia che non potrà essere mai scritta interamente.
Alla famiglia Casagrande nel suo
rifugio naturale qualcuno portò dei viveri fin che fu possibile: Imelde
Luccarini, Veglia Nadalini, Maria Vallisi..., almeno fino ai giorni della
fame rodente a cui accenna l’agendina di Augusto. Inoltre i superstiti
ebbero cura, fra rischi e stenti intuibili, di scavare le fosse comuni
in cui raccolsero i loro morti. A questa impresa partecipò anche don
Fernando. Pregò e collaborò con le donne e i vecchi che svolgevano il
ruolo di fossori, in carenza dei giovani occultati nei boschi. Forse
aspettava la notte — quando le SS si ritiravano nelle loro basi a
fondo valle, stranamente addobbate come nights, a stordire nella
droga la mala coscienza — per uscire dalla grotta e prendere contatto
con la sua comunità dispersa. A suo modo fu quella la visita di Pasqua:
un’ultima rassegna pastorale dei suoi parrocchiani. Visitò e
benedisse dolenti figure di sepolti diurni…
Da “Le Querce di Monte Sole” di Mons. Luciano Gherardi.
L’eccidio della Botte fu
consumato il 1° ottobre, a vespro…In due gruppi gli ostaggi erano stati
condotti alla canapiera. Prima che venissero falciati a colpi di
mitraglia, don Comini aveva intonato le litanie della Vergine. Il canto
alla Regina del cielo sull’orlo dell’abisso si sente in lontananza...
Solo una fantasia macabra poteva
trasformare la cisterna della filanda in un poligono di tiro. Era, quella
vasca quadrata, un‘immagine popolare, simbolo di una faticosa prosperità
lungo la sponda del fiume. Lo stabilimento tessile, considerato come un
fiore all’occhiello dalla popolazione del medio-Reno, entra nella
topografia della strage con l’oratorio di Cerpiano, il cimitero di
Casaglia, l’aia di San Martino, la concimaia di San Giovanni di Sotto,
la rimessa della Creda...
Pio Borgia, scampato insieme ad
Aldo Ansaloni — altri tre non fecero che trascinare per un piccolo
tratto le loro membra straziate — riuscì ad arrivare alla canonica di
Salvaro: “Con la faccia insanguinata — ricorda don Angelo Carboni
junior — entrò in cucina, dove le donne e i bambini erano intorno al
fuoco con il vecchio arciprete... Parzialmente coperto dal corpo di don
Comini, era sfuggito alla scarica mortale; e, pur ferito, poté scorgere
padre Martino che con uno sforzo immane si alzava dal fango della botte;
e, premendosi con una mano il ventre orribilmente squarciato, con
l’altra tracciava un segno di croce ampio e solenne sulle vittime
della carneficina. Poi era ricaduto con le braccia aperte nella
cisterna…”
Dal libro dell’Apocalisse di San Giovanni apostolo 12;7,12
7Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli
combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi
angeli, 8ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in
cielo.
9Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il
diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e
con lui furono precipitati anche i suoi angeli. 10Allora udii
una gran voce nel cielo che diceva:
“Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo,
poiché è stato precipitato
l’accusatore dei nostri fratelli,
colui che li accusava davanti al nostro Dio
giorno e notte.
11Ma essi lo hanno vinto
per mezzo del sangue dell’Agnello
e grazie alla testimonianza del loro martirio;
poiché hanno disprezzato la vita
fino a morire.
12Esultate, dunque, o cieli,
e voi che abitate in essi”.
MOMENTO DI SILENZIO
CANTO
Ti seguirò
Ti seguirò, ti seguirò, o Signore,
e nella tua strada camminerò.
Ti seguirò nella via dell’amore
E donerò al mondo la vita.
Rit.
Ti seguirò nella via del dolore
E la tua croce ci salverà.
Rit.
Ti seguirò nella via della gioia
E la tua luce ci guiderà
Altre realtà ecclesiali sono
più recenti testimoni nella prova e segno di salvezza e dell’amore di
Dio.
Dal testamento di frère Christian de Chergè, priore di Tibhirine, in
Algeria.
(Nella notte del 26 marzo 1996 Frère
Christian de Chergè con altri sei trappisti dell'abbazia di Tibhirine (in
Algeria) vengono rapiti. Per due mesi nessuna notizia. Il 21 maggio i
fondamentalisti islamici annunziano:"Ai monaci abbiamo tagliato la
gola". Il 30 vengono trovati i cadaveri. Si trattava di una morte
annunziata, che questi monaci "attendevano" nella fede.)
“So di quale disprezzo hanno potuto essere
circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali
caricature dell’islam incoraggia un certo islamismo.
È troppo facile mettersi la coscienza a
posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi
estremismi.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono
un’altra cosa, sono un corpo e un’anima.
L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in
base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso
quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la
mia primissima Chiesa, proprio in Algeria, e già allora, nel rispetto dei
credenti musulmani.
La mia morte, evidentemente, sembrerà dare
ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da
idealista: ‘Dica adesso quello che pensa!’.
Ma queste persone debbono sapere che sarà
finalmente liberata la mia curiosità più lancinante.
Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio
sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i Suoi figli
dell’Islam così come li vede lui, tutti illuminati dalla gloria del
Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la
cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione e di ristabilire
la somiglianza, giocando con le differenze.”
CANTO
“RISORGERÓ NEL MIO POPOLO” Oscar
Romero, un vescovo fatto popolo
(Oscar Romero nasce a Ciudad Barrios di El Salvador il 15
marzo 1917 da una famiglia modesta. Avviato all’età di 12 anni come
apprendista presso un falegname, a 13 entrerà nel seminario minore di S.
Miguel e poi, nel 1937, nel seminario maggiore di San Salvador retto dai
Gesuiti. All’età di 20 anni fa il suo
ingresso all’Università Gregoriana a Roma dove si licenzierà in
teologia nel 1943, un anno dopo essere stato ordinato Sacerdote. Rientrato
in patria si dedicherà con passione all’attività pastorale come
parroco. Diviene presto direttore della rivista ecclesiale
“Chaparrastique” e, subito dopo, direttore del seminario
interdiocesano di San Salvador. In seguito avrà incarichi importanti come
segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e di
Panama. Il 24 maggio 1967 è nominato Vescovo di Tombee e solo tre anni
dopo Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador. Nel febbraio
del ’77 è Vescovo dell’arcidiocesi, proprio quando nel paese
infierisce la repressione sociale e politica. Il 24 marzo 1980 Oscar
Romero, proprio nel momento in cui sta elevando il Calice nell’Eucarestia
viene assassinato. Le sue ultime parole sono ancora per la giustizia:
“In questo Calice il vino diventa sangue che è stato il prezzo della
salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire
il nostro corpo ed il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro
popolo. Questo momento di preghiera ci trovi saldamente uniti nella fede e
nella speranza”. Da quel
giorno la gente lo chiama, lo prega, lo invoca come San Romero
d’America. Sì, la profezia di Romero, il vescovo fatto popolo si è
realizzata: “Se mi uccideranno – aveva detto – risorgerò nel popolo
salvadoregno”.)
La difesa dei poveri, in un mondo gravemente conflittuale, ha provocato
qualcosa di nuovo nella storia recente della nostra Chiesa: la
persecuzione.
[…]Non è stato perseguitato un qualche sacerdote, né è stata
attaccata una qualche istituzione.
E’ stata perseguitata e attaccata quella parte della Chiesa che si è
messa dalla parte del popolo povero e si è levata in sua difesa.
E dì nuovo troviamo in questi fatti la chiave che ci consente di
comprendere la persecuzione della Chiesa: i poveri. Sono nuovamente i
poveri, che ci fanno capire quel che è realmente accaduto. E per questo,
la Chiesa ha cominciato a comprendere la persecuzione proprio a partire
dai poveri. La persecuzione è stata provocata dalla difesa dei poveri ed
essa pure null'altro è se non farsi carico del destino dei poveri.
La vera persecuzione è stata indirizzata verso il popolo povero, che
è oggi il corpo di Cristo nella storia. Questi sono coloro che completano
nel loro corpo quel che manca alla passione di Cristo. Ed è per questa
ragione che anche la Chiesa, una volta che ha scelto di organizzarsi e di
radunarsi nel nome delle speranze e delle ansie dei poveri, è andata
incontro alla stessa sorte di Gesù e dei poveri: la persecuzione...
L’incontro con i poveri ci ha fatto recuperare la verità centrale
del Vangelo con la quale la parola di Dio ci incita alla conversione. La
Chiesa ha una buona novella da annunciare ai poveri. Quelli che per secoli
hanno ascoltato cattive notizie ed hanno vissuto le realtà peggiori,
stanno ascoltando ora attraverso la Chiesa la parola di Gesù: " Il
regno di Dio si avvicina", " Fortunati voi poveri perché vostro
è il regno di Dio". Da ciò possiamo trarre una Buona Novella anche
per i ricchi: che si convertano alla povertà per condividere con i poveri
i beni del Regno. Per chi conosce i nostro continente latino-americano sarà
molto chiaro che non c'è ingenuità in queste parole e tanto meno oppio
che addormenta. Quello che c'è in queste parole è la coincidenza tra
l'anelito di liberazione del nostro continente e l'offerta dell'amore di
Dio ai poveri. E' la speranza a volte sopita e molte volte manipolata e
frustata, dei poveri del continente. E' una novità per il nostro popolo
che i poveri vedano oggi nella Chiesa una fonte di speranza ed un appoggio
alle lotte di liberazione. La speranza che dà forza alla Chiesa non è
ingenua, né passiva. E' un richiamo, tratto dalla parola di Dio, alla
propria responsabilità verso le maggioranze povere, in un paese in cui, a
volte con maggiore intensità che altrove, ogni organizzazione è proibita
per legge o per convenienza. E' un appoggio, a volte anche critico, alle
giuste cause e rivendicazioni dei poveri. La speranza che predichiamo ai
poveri è quella di ritrovare la dignità, affinché essi stessi siano
artefici del loro proprio destino. In una parola, la Chiesa non solo si è
rivolta al povero ma fa di esso il privilegiato della sua missione, perché
come dice Puebla - " Dio prende la loro difesa e li ama" Spesso
hanno minacciato di uccidermi. Come cristiano devo dire che non credo
nella morte senza resurrezione: se mi uccidono, risorgerò nel popolo
salvadoregno. Lo dico senza superbia, con la più grande umiltà. In
quanto pastore ho l'obbligo, per divina disposizione, di dare la mia vita
per coloro che amo ossia per tutti i salvadoregni, anche per coloro che
potrebbero assassinarmi. Se le minacce giungessero a compimento, fin d'ora
offro a Dio il mio sangue per la redenzione del Salvador. Il martirio è
una grazia di Dio che non credo di meritare. Ma se Dio accetta il
sacrificio della mia vita, il mio sangue sia seme di libertà e segno che
la speranza sarà presto realtà. La mia morte, se Dio l'accetta, sia per
la libertà del mio popolo e sia una testimonianza di speranza per il
futuro. Può dire anche, se mi uccideranno che perdono e benedico quelli
che lo faranno. Dio voglia che si convincano di perdere il loro tempo.
Morirà un vescovo, ma la Chiesa di Dio, ossia il popolo, non perirà mai.
Salmo 23 (22)
Salmo. Di
Davide.
1 Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
2
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
4
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
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5
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
6
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
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MOMENTO DI SILENZIO
CANTO
È
bello lodarti
È bello cantare il tuo amore
è bello lodare il tuo nome
è bello cantare il tuo amore
e bello lodarti Signore
è bello cantare a te. (2 volte)
Tu che sei l’amore infinito
che neppure il cielo può contenere
ti sei fatto uomo tu sei venuto qui
ad abitare in mezzo a noi.
Allora:
Tu che conti tutte le stelle
e le chiami ad una ad una
per nome da mille sentieri
ci hai radunati qui
e ci hai chiamato figli tuoi.
Allora:
La pace vera deriva dalla Croce di Cristo.
Da “Teologia degli oppressi” brani scelti di don Tonino
Bello.
(Mons. Antonio Bello è nato ad Alessano (LE) il 18 marzo
1935. Intuizione, profezia e coraggio nel proporre una pace mai
disincarnata ma sempre coniugata con la giustizia, con la verità, la
salvaguardia del creato, la nonviolenza, gli valsero non poche
incomprensioni sia nel mondo laico come nel contesto ecclesiale che spesso
gli rimproverava ingenuità o spregiudicatezza. Alla prova dei fatti, come
al vaglio del tempo, la storia che mostra gemme di primavera pur tra le
fatiche e i dolori della gestazione, dà ragione delle sue prese di
posizione e degli orizzonti intravisti. Il 20 aprile 1993 a soli quattro
mesi di distanza dalla partecipazione alla missione di pace a Sarajevo
(missione di cui era stato anche l'ispiratore), un cancro indomabile lo
ferma, i poveri e gli operatori di pace lo piangeranno sinceramente certi
di aver perso troppo prematuramente un testimone della pace intesa, e solo
in parte realizzata, come "convivialità delle differenze".)
Noi credenti dopo aver “usato” la
fede per pace, dobbiamo oggi “osare” la pace per fede
Che significa “osare la pace per fede”?
E’ un’espressione di Bonhoeffer, e sta a indicare che finché noi
cristiani saremo assertori di questa specie di “pelagianesimo della
pace”, finché cioè perseguiremo una pace frutto solo della prudenza
umana, della saggezza della carne, dei sillogismi della ragione, dei
calcoli di cancelleria, accuseremo sempre un incredibile deficit di peso
specifico. La pace va “osata” sulla parola di Cristo, non
“calcolata” nei lambiccati dosaggi dei nostri equilibri.
Questo vuol dire che chi la “osa”, deve sborsare in contanti monete di
lacrime, di incomprensioni, di sangue.
Ma vuol dire soprattutto che la pace deve continuamente tenere i conti
aperti. Con la stoltezza della Croce che provoca il sorriso dei dotti. Con
la debolezza della Parola di Dio che suscita le preoccupazioni dei
prudenti.
Con il “linguaggio non suggerito da sapienza umana” che genera il
compatimento dei devoti e l'indifferenza della massa.
“In hoc: signo vinces”. Con questo segno: quello della fede, che poi
diventa, necessariamente, quello della Croce con tutta la sua carica di
assurdo. E’ la croce che ci insegna come amare i nemici. Una croce da
prendere per il braccio lungo, come fece Gesù, e non da impugnare per il
braccio corto, come abbiamo fatto noi, usandola a guisa di spada che
ferisce e uccide.
Dal Vangelo secondo Giovanni - 15;1,5
1 “Io sono la vera vite e il Padre
mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che
in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota
perché porti più frutto. 3 Voi siete già
mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete
in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non
rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla
MOMENTO DI SILENZIO
Il perdono personale è riscatto per l’intera umanità.
Intervista a Francesco Pirini (testimone oculare della strage di
Cerpiano)
Nel 1944 avevo 17 anni, abitavo alle Murazze, vicino alla ferrovia
Direttissima, posto
pericolosissimo per via dei bombardamenti alleati. Purtroppo già il 18
aprile di quell’anno avevo perso mio padre durante uno di questi a Vado.
Con il resto della mia famiglia decidemmo quindi di trasferirci a Cerpiano,
dove con la scuola delle Orsoline della maestra Antonietta Benni e con
l’oratorio, si poteva trovare un po’ di fermento, oltre che di
sicurezza. Avevamo molte speranze, gli Inglesi erano già a Monzuno e a
Lagaro, sull’altro versante.
La mattina del 29 settembre mi alzai presto perché stava piovendo e
dovevo trovare erba da seccare per i conigli: aveva appena albeggiato,
quando giù nella valle vidi bruciare le prime case. Un rastrellamento!
La voce si sparse subito e gli uomini che rischiavano la deportazione si
affrettarono a rifugiarsi nel bosco. Con me, verso la cima di Monte Sole,
si avviarono i partigiani che dormivano nel fienile, per lo più giovani
della mia età senza esperienza militare e con tanta paura. Donne, anziani
e bambini rimasero, era impensabile che avessero qualcosa da temere…era
già successo che i Tedeschi buttassero giù le porte di Cerpiano in cerca
di partigiani, per poi rimanere di sale nel vedere che lì non vi erano
che bambini; il comandante stesso fu così turbato che si raccomandò di
scrivere in italiano e in tedesco che quello era un asilo e niente più!
Un segno che avevamo anche buoni rapporti con la Wermacht.
MA STAVOLTA ERA DIVERSO!
Salendo, i Tedeschi ci sparavano così vicino che mi spaventai e che
decisi di ritornare indietro, nascondendomi nel fosso davanti al Palazzo
per vedere ciò che accadeva. Così vidi le SS chiudere tutti
nell’oratorio, vidi le bombe a mano lanciate attraverso le finestre, e
sentii le grida e i lamenti innalzarsi subito e spegnersi molto
lentamente, mentre nel Palazzo un tedesco suonava l’armonium.
Paralizzato dalla paura, rimasi nel fosso, sotto la pioggia, fino a notte,
poi scappai dal mio rifugio. Dalla prima casa che incontrai mi scacciarono
dandomi un tozzo di pane: sapevano già che ero un testimone troppo
pericoloso da ospitare. Così, intriso di pioggia, con quel pezzetto di
pane e qualche castagna vagai nei boschi per 10 giorni, finché non
incrociai una pattuglia di americani che mi inviò a Monzuno, dandomi una
scatola “magica” con roba che non sapevo neanche esistesse: ma ricordo
la cioccolata, soprattutto! Rimasi con loro per 7 mesi.
Grazie al lavoro di alcuni giornalisti tedeschi ho imparato pochi anni fa
il nome dell’ufficiale che comandava la pattuglia che a Cerpiano ha
sterminato la mia famiglia: Albert Meier. Era ottantenne e oramai
paralitico, ferito sette volte in guerra, e, durante un’intervista,
aveva detto che, se avesse ricevuto l’ordine, avrebbe ripetuto ciò che
ha fatto. Dopo di ciò, si è presentato qui un giornalista dalla Germania
che mi ha chiesto un parere su questa intervista: be’, io gli ho
risposto che, se avessi incontrato Meier, l’avrei perdonato (con sua
grande sorpresa, tanto che gliel’ho dovuto ripetere più d’una volta)
e, anzi, che sua moglie l’avrei abbracciata, perché deve essere stato
difficile vivere accanto ad un uomo simile. Nel frattempo, il Tribunale
militare di La Spezia aveva avviato il procedimento per l’interrogatorio
di Meier, ma lui è morto prima che potesse venite in Italia: mi è venuto
da dire che adesso i conti li fa con qualcun altro di più importante! A
queste considerazioni non sono arrivato facilmente, per niente: solamente
per iniziare a parlare di questi fatti mi sono serviti vent’anni…e
solo perché qualcuno ha insistito tantissimo sull’importanza che lo
facessi. Non parlavo, ma scrivevo, segnavo su un foglietto tutti i nomi
dei massacratori che emergevano dalle indagini: senza vendetta, ma dovevo
ricordare e sapere.
Il ricordo personale è diventato una necessità già nell’immediato
dopoguerra quando contemporaneamente si è fatto un pesante silenzio su
alcuni fatti e una gran confusione su altri, poi nella nostra vita è
entrata la politica e con essa le divisioni tra chi accusava i partigiani
di essere la causa di tutto e chi manipolava l’ignoranza dell’accaduto
a suo favore: le stesse testimonianze dei sopravvissuti cambiarono, a
volte in funzione delle posizioni politiche assunte. Così, però si
rischia, perché anche Meier magari era una persona normale e poi è stato
manipolato dai nazisti.
E poi c’erano le difficoltà pratiche: chi è rimasto come me ha dovuto
faticare non poco per difendere la propria dignità e i propri ricordi,
aspettando prima la bonifica del territorio dalle migliaia di mine
tedesche e rimboccandosi poi le maniche per la sua salvaguardia; solo nel
1975, con due sacerdoti polacchi, abbiamo avviato, come nostra personale
iniziativa, la pulizia dei ruderi della chiesa di Casaglia. In questi
frangenti mi sono dispiaciute in modo particolare l’assenza della Chiesa
di Bologna da questi luoghi e la lontananza dai suoi abitanti, molti dei
quali hanno perso la fede insieme alla famiglia. Io ci avrei tenuto molto,
essendo praticante…ero il chierico di don Ubaldo quando veniva a
celebrare a Casaglia.
Mi ricordo i sacerdoti, generosi, sempre pronti ad aiutare tutti: e anche
ai partigiani non negavano mai loro un bicchiere di vino in canonica,
anche se spesso gli ospiti non si comportavano in modo molto garbato.
Per Monte Sole avrei una idea: che si facesse un monumento che indichi le
cifre dei morti nella zona, dei civili, sì, ma anche dei soldati, a
ricordare che, soprattutto, erano figli, con una mamma e un papà che li
aspettavano a casa.
CANTO
Dal Vangelo secondo Luca - 6;27;35
27 Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate
del bene a coloro che vi odiano, 28benedite coloro che vi
maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. 29 A chi ti
percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello,
non rifiutare la tunica. 30 Dá a chiunque ti chiede; e a chi
prende del tuo, non richiederlo. 31 Ciò che volete gli uomini
facciano a voi, anche voi fatelo a loro. 32 Se amate quelli che
vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 33
E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete?
Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a coloro da
cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono
prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35 Amate
invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e
il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli
è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.
SALMO 148
1 Alleluia.
Lodate il Signore dai
cieli,
lodatelo nell'alto dei
cieli.
2
Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte,
sue schiere.
3
Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte,
fulgide stelle.
4
Lodatelo, cieli dei cieli,
voi acque al di sopra
dei cieli.
5
Lodino tutti il nome del Signore,
perché egli disse e
furono creati.
6
Li ha stabiliti per sempre,
ha posto una legge che
non passa.
7
Lodate il Signore dalla terra,
mostri
marini e voi tutti abissi,
|
8 fuoco e grandine, neve e
nebbia,
vento di bufera che
obbedisce alla sua parola,
9
monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e
tutti voi, cedri,
10
voi fiere e tutte le bestie,
rettili e uccelli
alati.
11
I re della terra e i popoli tutti,
i governanti e i
giudici della terra,
12
i giovani e le fanciulle,
i vecchi insieme ai
bambini
13
lodino il nome del Signore:
perché solo il suo
nome è sublime,
la sua gloria risplende
sulla terra e nei cieli.
14
Egli ha sollevato la potenza del suo popolo.
E' canto di lode per
tutti i suoi fedeli,
per i figli di Israele,
popolo che egli ama.
Alleluia. |
PREGHIERE DEI FEDELI
PADRE NOSTRO
CANTO FINALE
San Francesco
O Signore, fa' di me uno strumento,
fa' di me uno strumento della Tua pace,
dov'è odio, che io porti l'amore,
dov'è offesa, che io porti il perdono,
dov'è dubbio che io porti la fede,
dov'è discordia che io porti l'unione,
dov'è errore che io porti verità,
a chi dispera , che io porti la speranza,
dov'è errore che io porti verità,
a chi dispera , che io porti la speranza.
O
maestro dammi Tu un cuore grande,
che sia goccia di rugiada per il mondo,
che sia voce di speranza ,
che sia un buon mattino,
per il giorno di ogni uomo.
E con gli ultimi del mondo
sia il mio passo, lieto nella povertà,
nella povertà, (2 v.)
(2°v.)...nella povertà.
O Signore, fa' di me il Tuo canto,
fa' di me il Tuo canto di pace,
a chi è triste, che io porti la gioia,
a chi è nel buio, che io porti la luce.
È donando che si ama la vita,
è servendo che si vive con gioia,
perdonando che si trova il perdono,
è morendo che si vive in eterno. (2 volte)
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