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Parrocchia di Gesù Buon Pastore | Pax Christi punto pace Bologna |
“SOMMERSI E SALVATI – BAMBINI
SOPRAVVISSUTI A MONTE SOLE”
CANTO INIZIALE
Esci dalla
tua terra
Rit. Esci dalla tua terra e va, dove ti mostrerò; |
Abramo, non andare, non partire, Rit.
La rete sulla spiaggia
abbandonata Rit. |
Partire non è tutto,
Rit. Esci dalla tua terra e va,
dove ti mostrerò. |
Questa veglia è dedicata ai bambini di oggi, affinché possano capire chi erano e chi sono i bambini del ’44.
1 parte: L’ECCIDIO
I bambini del
’44:
Sono i bambini che hanno
sperimentato lo stupore della vita nel grembo delle mamme e con loro
hanno vissuto lo stesso martirio.
Sono i bambini che si sono nutriti dell’amore delle loro famiglie e
del profumo della nostra terra, soltanto per pochi giorni, per pochi
mesi.
Sono i bambini che, appena adolescenti, sono morti guardando negli
occhi i loro carnefici e , impotenti, hanno subito umiliazioni e
violenze.
Dal Vangelo secondo
Matteo (Mt 2, 16-18)
Quando Erode si accorse
che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a
uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo
territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che
aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era
stato detto per mezzo del profeta Geremia:
Un grido è stato udito in
Rama, un pianto e un lamento
grande: Rachele piange i suoi
figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.
Località Creda
Testimonianza di Valter Cardi
29 settembre 1944. Era ancora buio
quando arrivarono le SS e ordinarono a tutti gli abitanti
del
luogo, a conoscenti e a persone rastrellate di mettersi nella
rimessa dei carri. Dalla località
Rovina di Pioppe
si alzò un razzo: era un segnale e le SS cominciarono a
mitragliare la gente
e poi a lanciare bombe a mano incendiarie.
C'erano novanta persone,
alcuni si salvarono riuscendo a scappare nel bosco, altri finendo
sotto i cadaveri. I morti furono 79, in maggior parte donne e
bambini, il più piccolo aveva 14
giorni. Si chiamava Walter e io, per volontà del padre, lo zio
Carlo, porto il suo nome per
ricordare lui e tutti i bambini che, senza colpa alcuna, sono stati
barbaramente trucidati. Mio zio Carlo era lì quel giorno e,
trascinandosi ferito, verso la porta della stalla, vide con
lo sguardo sua moglie morta con
accanto Walter, mentre tutto intorno iniziavano a bruciare
lentamente i corpi delle persone. Alberto di 16 mesi, fratello di
Walter, morì in braccio alla
zia Elena. Della mia famiglia
morirono dieci persone e si salvarono mio padre Mario e lo zio
Carlo.
Località
Maccagnano
Testimonianza di Primo Righi
Dopo giorni di rifugio, senza mangiare e con tanto dolore, appena smise
di piovere decisi di
ritornare a casa. Era
il 2 Ottobre e dissi a mio padre: "Io vado a casa con i miei e se
arrivano
i tedeschi, che mi
ammazzino pure, io non posso più stare qui".
Allora mio padre mi disse: "Se ci vai te, vengo anch'io".
Arrivati a casa ho visto che la mia
nipotina Luisa era
tra la mamma e la zia. Aveva ancora le guance tirate dalle mani
della zia e
della mamma che la baciava, per coprirla dalla mitraglia. Anche gli
altri bambini erano
abbracciati dalle
mamme e dalle nonne.
Mi sono messo a sedere, in silenzio.
Cimitero di Casaglia
Un bimbo
lattante di nove mesi, Laffì Giorgio, era rimasto vivo, mentre la
mamma e nove persone
della famiglia erano morte.
Il bimbo era caduto a terra. C'è chi lo ha visto vagare fra i morti
muovendosi con le gambette e
le piccole braccia per
terra non sapendo camminare.
Pioveva a dirotto, il povero piccino, strillando senza quiete, è morto
dopo qualche ora di fame
e di freddo.
Un bimbo di sei anni, Tonelli della località Possatore, era
rimasto illeso. Uscendo dal cancello
vede
la mamma, i cinque fratellini e le sorelle morti e decise di
rimanere lì con loro. Una granata
lo ha colpito e ucciso poco dopo.
Testimonianza
di AnnaRosa Nannetti di 14 mesi
La distruzione
della mia famiglia iniziò il 29 settembre del '44.
Alle prime ore dell'alba arrivarono le SS a Salvaro, in località Creda,
dove furono uccisi
uomini, donne,
bambini, incendiate la casa e la stalla, poi a Maccagnano, dove
vennero uccisi
donne e bambini. Contemporaneamente, altre pattuglie di SS
iniziarono un rastrellamento casa
per casa, portando via tutti gli uomini.
Incolonnati e maltrattati, raggiunsero la "Scuderia" di Pioppe.
Senza un processo,
le
SS decisero, in modo frettoloso e arbitrario, chi era abile e chi
era inabile al lavoro. Nella
Scuderia rimasero soltanto le persone che erano già state definite
inabili e destinate alla
fucilazione.
Lì c'erano mio
padre, i miei nonni, i due
cognati del nonno.
Furono tutti fucilati alla Botte di Pioppe di Salvaro
il 1° Ottobre del '44.
Uno dei tre sopravvissuti, Domenico Piretti, disse a mia madre che,
prima della fucilazione,
mio padre tentò di
avvicinarsi a suo padre Adolfo per sostenerlo e fu picchiato
pesantemente
in testa con un fucile da un soldato delle SS, lo stesso che diede
un pesante colpo sulle mani
di Don Elia Comini,
facendogli cadere il breviario nella Botte. A tutti i prigionieri fu
ordinato di
buttare via tutto, ma Don Comini, fino all'ultimo istante, tenne il
breviario tra le mani e
fu punito.
Dalla Botte, una grande cisterna d'acqua che, in quel momento, era
vuota, mio padre e altre
due persone
riuscirono a uscire e morirono poco dopo. Mio padre si riparò nella
vicina cabina
elettrica del Canapificio e fu trovato morto, dissanguato, dal capo
cabina Arrigo Gabusi.
Una mano affettuosa coprì il suo corpo nudo con un brandello della veste
di uno dei due
sacerdoti morti insieme ai nostri cari:
Don Elia Comini e Padre Martino Capelli.
Fu possibile, soltanto nella primavera del '45, recuperarne il corpo.
I corpi di tutti gli altri, rimasero per molti giorni in quella tomba a
cielo aperto e, quando furono riaperte le
paratoie del canale che da acqua alla Botte,
quei corpi distrutti e putrefatti furono trascinati, attraverso un
canale, nel fiume Reno.
Non fu mai trovato nessuno. Noi familiari ci chiediamo ancora oggi perché
non fu possibile
estrarre le salme e dare loro una degna sepoltura. È una
domanda dolorosa, che rimarrà
senza risposta.
Salmo 21
Rit.: Mio
Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?
Mi scherniscono
quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo:
“Si è affidato
al Signore, lui lo scampi; lo liberi se è suo amico”
Un branco di
cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le
mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le
mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte.
Ma tu, Signore,
non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto.
Annunzierò il
tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il
Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria
la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele
CANTO: In
manus tuas Pater
In manus tuas Pater
commendo spiritum meum, in manus tuas Pater commendo spiritum meum
2 parte: LA FUGA
I bambini del
’44:
Sono i
bambini sopravvissuti ai bombardamenti, agli eccidi e alle
deportazioni dei loro familiari.
Sono i bambini che, insieme ai familiari superstiti, sono fuggiti
dai loro casolari, borghi e paesi, dopo che le loro case erano state
depredate, la stalle svuotate e i campi minati.
Sono i bambini che hanno sopportato la fame, il freddo, le malattie,
i lunghi percorsi a piedi, attraversando fiumi , boschi, montagne,
con la speranza di essere accolti nei Centri Profughi,nelle stalle ,
nei fienili , in qualche casa o in qualche Chiesa.
Dal libro
della Genesi (Gn 12,1-4)
Il Signore disse
ad Abram: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di
tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande
popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una
benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti
malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie
della terra”. Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il
Signore.
Dal Vangelo
secondo Matteo ( Mt 2,13-14)
I Magi erano
appena partiti, quando un angelo del Signore apparve insogno a
Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre
e fuggi in Egitto, e resta là finchè non ti avvertirò, perché Erode
sta cercando il bambino per ucciderlo”.
Giuseppe
destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì
in Egitto.
Dall’introduzione al libro “I bambini del ’44 di Anna Rosa Nannetti
Dopo i giorni
degli eccidi e dei lutti familiari, iniziò per la maggioranza dei
bambini un altro lungo periodo di dolore.
Con le case
depredate e distrutte, i campi minati, le stalle svuotate, non era
possibile sopravvivere, dovevamo fuggire dai nostri paesi e cercare,
in un primo momento, di essere accolti in un Centro Profughi, in una
stalla, in un fienile, nella Canonica di una Chiesa, insieme ai
pochi familiari o all'unico familiare che la guerra non ci aveva
portato via.
Testimonianza di Anna Rosa Nannetti di 14 mesi
Dopo l'eccidio della Botte e la
devastazione delle case e dei campi, la
mia famiglia, insieme a tante altre persone,
una notte d'inizio dicembre, decise di attraversare
il fiume Reno, salire sul
Monte Salvaro e da lì raggiungere Grizzana, dove c'erano già gli
Alleati che ci avrebbero portato al Centro Profughi di Firenze.
L'attraversamento del fiume, sempre in
piena, avveniva di notte per non essere visti dalle
SS
e, pur essendo coscienti che rischiavamo di annegare, come era già
successo ad alcune persone, dovevamo tentare, dovevamo fuggire.
Sull'altra sponda del fiume, a Campiglio, in due case, abitava la
numerosa famiglia Righi, persone generose che facevano i turni per
tenere sempre il focolare acceso e offrirci un po'
di conforto. Era un grande
conforto, anche se, in poco tempo, non riuscivamo ad asciugare i
nostri abiti intrisi d'acqua e, in quelle disagevoli condizioni,
cercavamo di raggiungere
presto Firenze per ricevere un po' di aiuto. Nessuno di noi aveva un
altro abito per cambiarsi,
perché tutta la nostra roba era
stata rubata dalle SS e caricata sui treni diretti in Germania. A
causa di una otite perforante e una grave infezione alla gola,
incurabili per mancanza di un dottore e di medicine, io urlavo
sempre per il dolore.
Urlavo tanto anche quella notte sul monte
Salvaro, quando si sentì distintamente che stavano
scendendo dal monte dei soldati e la mamma Giovannina (Giannina)
Fava decise di allontanarsi
dal gruppo. Se quei
soldati fossero stati SS, attirati dalle mie urla, avrebbero
raggiunto il gruppo, ci avrebbero tutti fucilati e noi saremmo state
le responsabili di quell'eccidio. Per
questo motivo la mamma, come ogni
persona giusta e coraggiosa, decise di allontanarsi e di avviarsi da
sola, con me in braccio, incontro a quei soldati. Disse soltanto:
«Se mi sentirete
urlare, capirete e scappate. Se non ci saranno pericoli, rifarò la
strada per avvisarvi».
Dopo un tratto di strada, improvvisamente, sbucò dal bosco un soldato
sorridente, con le
braccia aperte, disponibile a prendermi in braccio e alleggerire la
mamma dalla fatica: era un
giovanissimo soldato brasiliano.
Il mio incontro con gli Alleati avvenne lì, a metà del Monte
Salvaro, una notte d'inverno, abbracciata e cullata da questo mio
giovane fratello dalla pelle
nera.
Con la mamma e tutti gli altri parenti e amici
partimmo per il Centro Profughi di Firenze dove
fui curata da un medico
bravissimo.
Testimonianza di Maria Paselli di 8 anni.
Lasciai la mia casa,
insieme alla mia famiglia, il 10 novembre, per un ordine dei
tedeschi. Dovevamo raggiungere
Bazzano, ma dopo una notte a Calvenzano,
decidemmo di
attraversare il fiume per raggiungere la Creda, dove c'erano
già gli
americani.
L'attraversamento del fiume doveva essere fatto di notte e il luogo meno
pericoloso era
quello davanti a Campiglio. Chi non era a
conoscenza di questo rischiava di annegare.
Durante l'attraversamento del fiume io ero in braccio a mio padre e mia
madre, incinta,
teneva in braccio mio fratellino Quinto di tre anni.
Arrivammo alla Creda accolti da soldati
neri, forse brasiliani o sudafricani, poi accompagnati a
Grizzana e da lì, con i camion militari
raggiungemmo Firenze.
Fummo accolti prima in una Chiesa, poi al Centro Profughi Alla
mamma incinta fu data una brandina, tutti
noi dormivamo invece per terra.
Mio fratello Quinto fu ricoverato all'Ospedale, fu operato d'urgenza
alla gola e morì. Quando
la mamma chiese a
una suora di poter avere un abito per il bambino, si sentì
rispondere che
non ne avevano
neppure per i vivi. La mamma avvolse il suo bambino in un telo,
prima della
sepoltura in un cimitero di Firenze.
Poche settimane dopo, la mamma fu ricoverata all'Ospedale per partorire.
Si trovò vicino
ad una signora di Firenze alla quale era morta la bambina
appena nata e così questa signora
decise di dividere il corredino della sua bambina con lei, e con
altre donne vicine a lei, che
avevano appena
partorito; così la mamma riuscì a vestire il mio fratellino Pietro.
Dopo la Liberazione, nel viaggio di ritorno nei camion militari scoperti,
Pietro si ammalò di
broncopolmonite. Arrivati a casa non
riuscimmo a trovare un medico, ad avere medicine e
Pietro, nato sano, poco dopo morì.
Il 21 giugno '45 morì,
per lo scoppio di una mina, mio fratello Mario.
La paura di tutto quello che abbiamo vissuto durante la guerra è rimasta
sempre in noi
bambini.
Mi ricordo che, al ritorno da scuola, un giorno si sentì che stava
passando un aereo. Eravamo
sette bambini,
sembravamo tutti impazziti e nessuno riusciva a tranquillizzarci.
Salmo 121
Alzo gli occhi verso i monti...Da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto vien dal Signore,
che ha fatto il cielo e la terra.
Egli non permetterà che il tuo
piede vacilli; colui
che ti protegge non sonnecchierà.
Ecco, colui che protegge Israele non
sonnecchierà né dormirà.
Il Signore è colui che ti protegge;
il Signore è la tua ombra;
egli sta alla tua destra.
Di giorno il sole non ti colpirà,
né la luna di notte.
Il Signore ti preserverà da ogni
male; egli proteggerà l'anima
tua.
Il Signore ti proteggerà, quando
esci e quando entri, ora e
sempre.
CANTO: Dona
la pace Signore
Dona la pace Signore a
chi confida in te. Dona dona la pace Signore, dona la pace
3 parte: LA RICOSTRUZIONE
Salmo 126
Quando il Signore fece tornare i reduci di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora spuntarono sorrisi sulle
nostre labbra e canti di gioia
sulle nostre lingue.
Allora si diceva tra le nazioni:
«Il Signore ha fatto cose grandi per
loro». Il Signore ha fatto
cose grandi per noi,
e noi siamo nella gioia.
Signore, fa' tornare i nostri
deportati, come torrenti nel
deserto del Neghev.
Quelli che seminano con lacrime,
mieteranno con canti di gioia.
Se ne va piangendo
colui che porta il seme da spargere,
ma tornerà con canti di gioia quando
porterà i suoi covoni.
I bambini del
’44:
Sono i
bambini che, alla fine della guerra, in attesa della ricostruzione
delle loro case
e di un lavoro retribuito per i propri familiari , sono stati
affidati a parenti, amici e a persone estranee, vivendo la dolorosa
esperienza del distacco dalla propria famiglia
Sono i bambini sopravvissuti al trionfo del Male, perché sono stati
accolti e amati da tante persone, con assoluta gratuità.
Sono i bambini che sono stati capaci di sperare in un mondo migliore
e di lottare, quotidianamente, per la sua realizzazione.
Dal libro
dell’Esodo (Es 2,1-10)
Un
uomo della casa di Levi andò e prese in moglie una figlia di Levi.
Questa donna concepì, partorì un figlio e, vedendo quanto era bello,
lo tenne nascosto tre mesi.
Quando non potè più tenerlo nascosto, prese un canestro fatto di
giunchi, lo spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro il bambino, e
lo mise nel canneto sulla riva del Fiume.
La
sorella del bambino se ne stava a una certa distanza, per vedere
quello che gli sarebbe successo.
La figlia del faraone scese al Fiume
per fare il bagno, e le sue ancelle passeggiavano lungo la riva del
Fiume. Vide il canestro nel canneto e mandò la sua cameriera a
prenderlo.
Lo aprì e vide il bambino: ed ecco,
il piccino piangeva; ne ebbe compassione e disse: «Questo è uno dei
figli degli Ebrei».
Allora la sorella del bambino
disse alla figlia del faraone: «Devo andare a chiamarti una balia
tra le donne ebree che allatti questo bambino?»
La figlia del faraone le
rispose: «Va'». E la fanciulla andò a chiamare la madre del bambino.
La figlia del faraone le
disse: «Porta con te questo bambino, allattalo e io ti darò un
salario». Quella donna prese il bambino e lo allattò.
Quando il bambino fu
cresciuto, lo portò dalla figlia del faraone; egli fu per lei come
un figlio ed ella lo chiamò Mosè; «perché», disse: «io l'ho tirato
fuori dalle acque».
Dalla lettera
di San Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,14-17)
Infatti tutti
quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di
Dio.
E voi non avete
ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete
ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale
gridiamo: "Abbà! Padre!". Lo Spirito stesso, insieme al nostro
spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo
anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo
parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Dall’introduzione al libro “I bambini del ’44 di Anna Rosa Nannetti
Alla fine
della guerra, gli adulti avevano un impegno urgente da assolvere:
ricostruire le case e trovare un lavoro, ovunque, anche lontano dal
paese, e tutto ciò non si conciliava con la necessità di assistere i
bambini bisognosi di ogni cura: fisica, psicologica e spirituale.
A causa di
questa stato di emergenza, i bambini lasciarono le loro famiglie per
andare a vivere con altre persone che potevano offrire loro cibo,
cure mediche, abiti caldi e, per i più grandi, anche la possibilità
di frequentare la scuola.
Alcuni
bambini trovarono ospitalità presso collegi, altri da parenti o da
amici.
Per tutti gli
altri, che non potevano avere queste possibilità, si attivarono la
Camera del Lavoro e l'Amministrazione Comunale di Bologna, che
fecero un appello ai contadini, braccianti e operai delle campagne
bolognesi risparmiate dagli orrori della guerra, chiedendo loro di
ospitare uno de "i bambini della montagna".
Tante persone
risposero con generosità a questo appello e per molti bambini,
accolti da parenti, da amici o da famiglie affidatarie, iniziò la
dolorosa esperienza del distacco dai propri cari. Un'esperienza
traumatica, ma che ha lasciato nei cuori della maggioranza di questi
bambini tanti ricordi belli e significativi.
E’ in quelle
case, con quelle famiglie, che ogni bambino ha scoperto il valore
dell'accoglienza, della generosità, soprattutto della gratuità.
Dopo aver
sperimentato l'orrore della guerra è stato possibile sperimentare
l'amore nelle sue infinite sfaccettature.
Dopo il buio,
l'inumano e la bruttezza, ecco la luce, l'umanità e la bellezza.
Ogni famiglia
affidataria ha dato il meglio di se stessa per favorire
l'integrazione di questi piccoli ospiti, per aiutarli a superare le
paure passate e a ritrovare una nuova sicurezza in se stessi e negli
altri.
E’ una storia
di eroine e di eroi anonimi (nessuno conoscerà i loro nomi) che
hanno salvato una generazione di bambini ed è una storia
dell'immenso amore di madri, padri che hanno saputo amare i loro
bambini in silenzio e in disparte, permettendo a chi li nutriva, li
curava, li vestiva, di avere un ruolo primario, seppur
momentaneamente, nella crescita umana e affettiva dei propri figli.
Grazie alla collaborazione tra le famiglie affidatarie e questi
genitori, in ogni bambino è nata la speranza di poter vivere in un
mondo dove, con l'impegno quotidiano e generoso di tutti, fosse
possibile sconfiggere la guerra.
Attraverso la
loro "sapienza del cuore" ci hanno salvaguardato dal pericolo di
voler cancellare la memoria dei nostri primi anni di vita,
aiutandoci a capire e a riconoscere tutta la bontà ricevuta da tanta
gente, senza mai coltivare l'odio e insegnandoci a dire grazie a
tutti i componenti di questa grande comunità, dove siamo stati
accolti e amati. Imparare a dire grazie voleva dire avere della
gratitudine per gli aiuti adeguati ai nostri bisogni, avere memoria
di chi ci aiutava, imparare a condividere la vita quotidiana di
queste persone secondo le nostre possibilità e a ricambiarli con
tutto il nostro affetto.
Testimonianza di Lucia Monari, di 4 anni.
Il mio ricordo inizia proprio dal primo dopoguerra.
La miseria e la fame abbondavano; fu in quel periodo che il Comune di
Marzabotto, per
aiutare le famiglie più disagiate, decise
di organizzare un affidamento temporaneo ad altre
famiglie.
Io e mia sorella Germana partimmo volentieri (avevo appena compiuto 5
anni).
Fui destinata presso una
famiglia a San Giorgio di Piano; non era certo una famiglia ricca,
anzi! Lui era facchino al Consorzio
Agrario e lei era mondina (la loro ricchezza era dentro
di loro).
Arrivata a destinazione la prima cosa che mi apparve, quando aprirono la
porta fu un grande
quadro appeso con una
grande foto, pensai subito che fosse il nonno, visto che c'era una
nonnina seduta in una
piccola sedia bassa. Soltanto dopo imparai che era una foto di
Stalin.
La tavola poi è stata la mia gioia; dopo aver patito tanto la fame,
trovarmi davanti una
scodella di
tortellini fu come vivere in una favola.
Si fecero chiamare zio
Geppe e zia Norma, poi c'erano la nonna e il figlio Mario.
Mi tennero tutto l'inverno, poi mi riportarono a casa a Rioveggio.
Ricordo, come fosse
adesso quel giorno,
zio Geppe in bici ed io seduta sul cannone; pensarci oggi mi sembra
impossibile (tutta
salita !).
Si erano molto affezionati a me, come io a loro. Zia Norma, quando
incontrava degli amici
per strada, diceva
con orgoglio: "L'è la mi putina".
Tutti gli anni, d'inverno, mi venivano a prendere e ho frequentato quasi
tutti gli anni delle
elementari a San
Giorgio di Piano. Pur non essendo credente questa famiglia, sapendo
della mia
istruzione religiosa, mi faceva frequentare la Chiesa; mi mandarono
infatti a Catechismo,
facendomi fare la
Prima Comunione e la Cresima.
Ci siamo sempre frequentati e con zia Norma (zio Geppe non c'era più)
abbiamo festeggiato
con un buon pranzo i
50 anni del nostro primo incontro.
Testimonianza di Carmen Spinnato, di 7 anni
Squilla il telefono: «Ciao sono la Virginia, la tua mamma, come
stai?» Virginia non è la mia
mamma, anch'io quando
le telefono le dico: «Ciao sono tua figlia» (so che le fa
piacere).
Ho conosciuto Virginia, o
meglio, sono stata portata da Virginia, che avevo sette anni e lei
ventuno.
È l'inverno 1945, la guerra è finita da pochi mesi e i sopravvissuti
cercano tra le macerie un
modo per ricominciare
a vivere.
La nostra famiglia è fuggita dalle zone martoriate
per raggiungere Bologna.
Non possediamo nulla, né per vestirci, né per mangiare. Ci viene
assegnato, come abitazione,
un unico locale
Mia madre va a fare dei servizi a casa dei "Signori".
Mio
padre tutte le mattine è alla ricerca di un
lavoro con una schiera di disoccupati ed io con il mio
fratellino stiamo tutta la mattina a letto per stare al caldo e sentire meno la fame.
Il problema più grosso sono i bambini, che hanno bisogno di tutto, dal
cibo alla scuola, a una
casa calda.
Si attiva la Camera del Lavoro, che insieme all'Amministrazione Comunale
fa appello a
contadini, braccianti, operai della campagna bolognese che
la guerra ha risparmiato e chiede
loro di ospitare per qualche mese nelle loro case, dove
almeno il cibo non manca, i "bambini
della montagna".
In poche settimane tutto è organizzato.
Parto con la corriera una domenica mattina per San Pietro in Casale:
nella sala del Comune
sono pronti a
riceverci tanti uomini; le donne sono rimaste a casa a preparare
l'accoglienza.
La mamma, che sta piangendo per la separazione, si accorge solo allora
che le nostre due
famiglie vivono in paesi diversi. Viene
tranquillizzata dal ragazzo che ha già preso in braccio
il mio fratellino:
"Stia tranquilla signora, porteremo spesso il bimbo a trovare la
sorella, in bicicletta non è
nemmeno mezz'ora".
Fra lacrime di madri,
pianti di bambini piccoli e uomini commossi, finisce la consegna dei
bambini. I genitori ripartono
con le corriere, dopo aver rassicurato i figli con una promessa:
«ci vediamo
domenica».
Una promessa che non potrà essere mantenuta, perché non avranno i soldi
per il viaggio,
soprattutto non hanno vestiti caldi né scarpe senza buchi alle suole ed è
pieno inverno.
L'uomo che mi è venuto a prendere si chiama Ezio, é gigantesco, ma
premuroso.
Salgo sul cannone della bicicletta e mi lascio avvolgere
dalla sua mantella.
A casa conosco tutta la famiglia, una famiglia di contadini, Virginia, suo
marito Dante, il
fratello Ermes e i genitori. Per me era pronta una bella
tazza di latte caldo con lo zucchero;
non lo bevevo da tanto tempo.
Mancavano pochi giorni a Natale e la famiglia si preoccupa di farmi un
vestito nuovo e
caldo; mi comprano anche un paio di robuste scarpe. Il
giorno di Natale Virginia mi fa i
boccoli e mi fa andare davanti al Presepio per dire il Sermone, come gli
altri bambini.
Dopo due mesi venne a trovarmi la mamma, fu invitata anche la famiglia
del mio
fratellino.
Arrivò tutta la famiglia, ma mio fratellino si mise a piangere appena fu
abbracciato dalla
mamma, non la riconosceva più e voleva l'altra "mamma".
Piange la mia mamma, ma anche l'altra mamma, che si scusa dicendole che a
mio fratellino
hanno sempre parlato della sua mamma e del suo babbo, ma
bisogna aver pazienza e le due
mamme si abbracciano.
Dopo un'abbondante
merenda per tutti, mio fratellino Mauro comincia a giocare con me e,
finalmente, va in braccio alla mamma.
Quando arriva il momento dei saluti io scoppio a piangere, voglio tornare
a casa, mi
costringono a rimanere
e, dal dispiacere, per alcuni giorni ho fatto la pipì a letto. Sono
rimasta in quella casa fino alla fine
dell'anno scolastico.
Fino ai diciotto anni ho sempre fatto le vacanze dalla mia seconda
famiglia, non ci siamo
mai lasciati, ma soprattutto ci siamo sempre voluti bene
e nessuno di noi ha mai dimenticato
quella gara di solidarietà fra poveri6.
Salmo 148
Alleluia.
Lodate il Signore dai cieli;
lodatelo nei luoghi altissimi.
Lodatelo, voi tutti i suoi angeli;
lodatelo, voi tutti i suoi eserciti!
Lodatelo, sole e luna;
lodatelo voi tutte, stelle lucenti!
Lodatelo, cieli dei cieli, e voi
acque al di sopra dei cieli!
Tutte queste cose lodino il nome del
Signore, perch'egli comandò, e
furono create;
ed egli le ha stabilite in eterno;
ha dato loro una legge che non sarà
trasgredita.
Lodate il Signore dal fondo della
terra, voi mostri marini e
oceani tutti,
fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento impetuoso che esegui i suoi
ordini;
monti e colli tutti,
alberi fruttiferi e cedri tutti;
animali selvatici e domestici,
rettili e uccelli;
re della terra e popoli tutti,
prìncipi e giudici della terra;
giovani e fanciulle,
vecchi e bambini!
Lodino il nome del Signore perché
solo il suo nome è esaltato;
la sua maestà è al di sopra della
terra e del cielo.
Egli ha ridato forza al suo
popolo, è motivo di
lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli d'Israele, il popolo che
gli sta vicino. Alleluia.
CANTO: NADA
TE TURBE
Nada te turbe nada te
espante;
quiena Dios tiene nada le falta.
Nada te turbe, nada te espante
sòlo Dios basta
PREGHIERE SPONTANEE
PADRE NOSTRO
CANTO FINALE:
SE UNO È IN CRISTO
Se uno
è in Cristo è una creatura nuova
Le cose di prima sono passate ne sono nate di nuove.
Alleluia, alleluia, alleluia.
Alleluia, alleluia, alleluia
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